Filiera olivo-olio
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La testata britannica ha segnalato che il prezzo ha raggiunto un minimo decennale per la sovrapproduzione spagnola e che in parallelo sono calati i consumi in Spagna, Italia e Grecia. Coldiretti risponde che in Italia il consumo è al +4,2% e la produzione al -6%. Confagricoltura dice che anche da noi si stanno «contraendo gli acquisti alimentari». [Foto di Frobles da wikipedia]
Un articolo del Financial Times del 27 maggio ha messo in evidenza che il prezzo dell’olio d’oliva sta crollando quest’anno al minimo dell’ultimo decennio e che tale crollo coincide con una produzione record di olio della Spagna, il maggiore produttore. Nel frattempo, a quanto riportato dalla testata britannica, sta diminuendo la domanda di olio d’oliva in Spagna, Italia e Grecia, che insieme valgono il 70% della produzione mondiale, per il peso della crisi economica sui consumatori locali. E ciò senza che l’aumento della domanda extraeuropea di olio d’oliva sia in grado di compensare tale diminuzione.
A tale articolo ha replicato con un comunicato stampa il giorno seguente la Coldiretti sostenendo che: «il crollo dei prezzi alla produzione del 19 per cento nel primo trimestre del 2012 è dovuto al fatto che viene spacciato come Made in Italy olio di oliva importato e non certo al crollo dei consumi che, al contrario, in Italia sono aumentati del 4,2 per cento, mentre la produzione si è ridotta addirittura del 6 per cento nell’ultima raccolta». «La crisi di mercato dell’olio di oliva – ha aggiunto la Coldiretti - è una realtà le cui motivazioni per l’Italia vanno però ricercate nella mancanza di trasparenza sulla provenienza dell’olio di oliva in vendita».
Il fatto è che «l’arrivo di olio di oliva straniero in Italia – ha sottolineato Coldiretti - ha raggiunto il massimo storico di 584 mila tonnellate e ha superato la produzione nazionale, in calo nel 2011 a 483mila tonnellate» e il risultato è che «oggi la maggioranza delle bottiglie di olio proviene da olive straniere senza che questo sia sempre chiaro ai consumatori. Ma si assiste anche ad una forte riduzione della qualità dell’olio in vendita, oltre che a una pericolosa proliferazione di truffe e inganni. L’Italia è il primo importatore mondiale di olio, che per il 74 per cento viene dalla Spagna, il 15 per cento dalla Grecia e il 7 per cento dalla Tunisia». «Gli oli di oliva importati in Italia – ha sostenuto Coldiretti - vengono mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri dove sono state esportate 364mila tonnellate nel 2011».
Diversa la posizione di Confagricoltura in un comunicato del 29 maggio che comunque non cita direttamente FT e Coldiretti. «Ancora una volta l’olio di oliva italiano si scontra con la super produzione spagnola, che ha superato la soglia di 1,4 milioni di tonnellate per la campagna 2010/2011 e che influenza l’andamento dei prezzi in quest’ultimo periodo», è il primo commento dell’organizzazione agricola «a proposito della flessione delle quotazioni dell’olio spagnolo, talmente incisiva da costringere l’Unione europea ad attivare l’apertura dello stoccaggio privato anche per le categorie vergine ed extravergine».
Tuttavia Confagricoltura afferma che «in questa situazione, in cui i consumatori italiani stanno contraendo gli acquisti alimentari per far fronte alla crisi, lanciare continue grida di allarme su frodi e falsi produttivi non fa altro che aumentare il disorientamento e la preoccupazione». «Occorrono scelte decise e incisive – continua Confagricoltura - Nonostante l’immagine di cui gode il prodotto ‘made in Italy’ per la sua alta qualità, la produzione dello stivale scivola sugli alti costi e non riesce a raccogliere la sfida della competitività. La consolidata cultura dell’olio di oliva, le campagne promozionali che stanno diffondendo il prodotto anche in aree del mondo non tradizionalmente consumatrici, con una crescita media dell’1% all’anno, non compensano l’aumento dell’offerta e apportano poco beneficio».
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Presentate le tre specialità in una conferenza stampa sul legame fra prodotti agricoli ed eccellenza gastronomica dell’assessore Salvadori con il direttore di Agriventure e il presidente di Latte Maremma. Intanto prosegue fino al 27 maggio il “Firenze Gelato Festival” che vale 15.000 kg di gelato artigianale e 2 quintali di gelato industriale.
I gelati all’olio extravergine di oliva della Toscana e allo zafferano. Sono le due nuove specialità illustrate oggi a Firenze insieme al più tradizionale gelato alla vaniglia, confezionato però con il Latte Maremma e mantecato all’istante da esperti gelatieri.
La presentazione è avvenuta a margine di una conferenza stampa sul tema “Dalla terra al gelato: la filiera corta Toscana” tenuta a Palazzo Strozzi Sacrati dall’assessore all’agricoltura della Regione, Gianni Salvadori, insieme a Fabrizio Tistarelli, presidente di Latte Maremma, e Vanni Bovi, direttore generale di Agriventure per sottolineare il legame fra l’agricoltura e un prodotto agroalimentare d’eccellenza come il gelato. In particolare il legame fra l’agricoltura Toscana e i suoi prodotti, quali appunto l’olio extravergine di oliva e lo zafferano, ma anche il latte, il miele, le uova, lo zucchero e tutti gli altri ingredienti che servono a declinare il gelato in tantissime golose specialità.
«La Toscana – ha sottolineato l’assessore Salvadori – sa essere protagonista a livello nazionale e internazionale anche con il gelato. Il gelato infatti è stato “nobilitato” a Firenze, ma l’intera Toscana emerge sia nell’industria gelatiera (una delle principali aziende italiane ha sede in Toscana) sia a livello di gelato artigianale. Oggi presentiamo alcuni esempi di filiera corta per il gelato, credo che siano novità assolute, come il gelato all’olio e quello allo zafferano. Anche in questo settore, come negli altri dell’agroalimentare toscano la Toscana eccelle e può davvero candidarsi come Food Valley d’Europa. Non solo buona parte del turismo è legata all’enogastronomia e ai prodotti tipici dell’agricoltura Toscana, ma grazie all’agricoltura toscana si preserva l’ambiente, si fa ricerca, insomma si lavora per il futuro dell’umanità».
Il presidente del Consorzio del Latte Maremma ha sottolineato l’eccellenza della produzione lattiera Toscana e il valore di iniziative come “Firenze Gelato Festival” che ne promuovono il consumo, ricordando come il settore zootecnico stia soffrendo da tempo per i prezzi troppo bassi che vengono offerti agli allevatori.
Il direttore generale di Agriventure (società del gruppo Intesa-San Paolo dedicata all’agribusiness) ha ricordato che nel complesso il settore gelatiero vale 2 miliardi di euro in Italia e quanto sia importante la filiera corta anche in questo settore.
Complessivamente durante la manifestazione Firenze Gelato Festival 2012 si producono 15 mila chili di gelato artigianale e 2 quintali di gelato industriale. Per confezionarlo sono impiegati 8 mila litri di latte, 1500 litri di panna e 5 mila chili di zucchero.
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L’assessore all’agricoltura spiega che è stato attivato un tavolo di filiera per elaborare il piano e ricorda alcune iniziative avviate: i sottoprodotti dell’olio concepiti non più come rifiuti ma risorse, i Pif per il settore con 3,5 milioni disponibili nel 2012, la richiesta di inserire nel greening gli oliveti, la promozione degli oli d’oliva certificati.
L’olivicoltura toscana è fragile. Anche nella filiera di produzione dell’olio di oliva la globalizzazione ha rotto gli equilibri commerciali esasperando la competizione sul ribasso dei prezzi.
La densità per ettaro è inferiore a quella ottimale e le piante hanno un’età mediamente assai elevata, in molti casi addirittura secolare, con soltanto l’1,5-2,4% dei circa 100 mila ettari di superficie regionale a olivo costituiti da olivi impiantati nell’ultimo decennio (il 90% dei quali viene dai vivaisti olivicoli di Pescia, uno dei principali distretti a livello nazionale per la produzione di piante di olivo). Circa il 30% degli olivi toscani (in tutto oltre 15 milioni di piante) rientra nell’olivicoltura marginale (in collina con pendenza superiore al 25%), il 60% in quella tradizionale (pendenza tra il 10 e il 25%) e soltanto il restante 10% in quella intensiva. Risultato? Il dato medio toscano di produttività di olio per pianta risulta molto basso: appena 1,2 kg, come media degli ultimi dieci anni, nettamente al di sotto della media nazionale.
D’altra parte, sul fronte della qualità e della tipicità delle produzioni, le Dop e l’Igp hanno prodotto finora solo in parte gli effetti sperati e la cultura della qualità degli oli extravergini di oliva appare ancora in generale carente sia presso i consumatori che presso gli stessi operatori del settore. Però in Toscana l’olivicoltura rappresenta non solo un’importante attività economica, ma svolge anche funzioni altrettanto rilevanti per la collettività di tipo ambientale, paesaggistico e culturale.
Questo, in sintesi, il quadro della filiera dell’olio d’oliva nella nostra regione emerso ieri nella tavola rotonda sul tema “Dove va l’olivicoltura toscana?” in occasione di Medoliva, la fiera dell’extravergine di qualità del Mediterraneo in programma fino a domani ad Arezzo. Incontro durante il quale l’assessore regionale all’agricoltura Gianni Salvadori ha spiegato le iniziative già avviate dalla Regione Toscana per risolvere la situazione ed ha annunciato di aver costituito uno specifico tavolo di filiera con la partecipazione di tutte le rappresentanze degli olivicoltori dal quale dovrà emergere nei prossimi mesi un Piano olivicolo regionale. Una piano, ha affermato Salvadori, «che dovrà dare un quadro certo» ai produttori e il cui «imperativo» sia «riportare reddito a chi fa olivicoltura». «La Toscana – ha aggiunto l’assessore – ha l’obbligo di candidarsi come “Food Valley” d’Europa e con questo piano noi intendiamo dare un contributo al Commissario europeo Dacian Ciolos e al ministro Catania nella redazione dei piani olivicoli europeo e nazionale».
Salvadori ha inoltre spiegato che «è illusorio pensare che l’agricoltura possa reggersi sulla Pac, la politica agricola comunitaria. La Pac – ha sottolineato – non può sostituirsi al reddito delle aziende e noi dobbiamo avere imprese agricole (e olivicole) che si reggono sulle loro gambe, altrimenti non avremo futuro. Occorre mettere ordine e fare sistema e gli olivicoltori toscani devono sapere in quale orizzonte devono muoversi». In tal senso vanno misure come i Pif (Programmi integrati di filiera), che nel 2011 hanno visto due importanti cooperative di olivicoltori ricevere 2 milioni e 480 mila euro di contributi in grado di attivare investimenti pari a 5 milioni e 700 mila euro e per i quali quest’anno è stata stanziata una riserva specifica di 3,5 milioni di euro per la filiera olivicola olearia.
Ma la Regione ovviamente non prenderà sotto gamba la nuova Pac. Anzi, a proposito del cosiddetto “greening”, cioè sulle «pratiche agricole benefiche per il clima e per l’ambiente che gli agricoltori dovranno applicare a partire dal 2014», chiederà di «far rientrare nelle aree di interesse ecologico anche gli oliveti terrazzati oppure di equiparare le colture legnose agrarie, come appunto l’olivo, alla misura del greening corrispondente al mantenimento del prato permanente in virtù dell’elevato contributo allo stoccaggio del carbonio fornito dagli oliveti». Secondo la nuova Pac, infatti, il greening sarà costituito da tre misure: 1) l’obbligo di diversificare i seminativi (almeno 3 tipologie diverse); 2) l’obbligo di mantenere il prato esistente nell’azienda e 3) l’obbligo di destinare una percentuale di almeno il 7 % dell’azienda ad aree di interesse ecologico (per ulteriori approfondimenti vedi il comunicato della Regione Toscana).
Da ricordare poi la lettera congiunta dell’assessore all’agricoltura e di quello all’ambiente Anna Rita Bramerini, inviata nell’estate 2011, che mira a far sì che i sottoprodotti della lavorazione dell’olio (sanse e nocciolino) non siano considerati rifiuti, ma sottoprodotti adatti agli usi più diversi: disoleazione, combustione, estrazione polifenoli, destinazione a biogas, utilizzo per terricciati ecc.
E infine la promozione. Salvadori ha detto che «così come è stato fatto per il vino, che ne aveva bisogno, dal prossimo anno metteremo a disposizione risorse per la promozione dell’olio». Del resto la Regione si è già mossa quest’anno con la prima edizione della “Selezione degli oli extra vergine d'oliva Dop e Igp della Toscana”, una selezione destinata agli oli a certificazione d’origine (IGP Toscano e DOP Chianti Classico, Terre di Siena, Lucca e Seggiano) a cui hanno partecipato 135 oli (vedi nostro articolo). Tra di essi ne sono stati scelti 59, rappresentanti di tutte le cinque denominazioni geografiche esistenti in Toscana, che sono stati inseriti in un catalogo che farà il giro del mondo.
L.S.
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La cooperativa Frantoio Sociale Sette Ponti di Castelfranco di Sopra in provincia di Arezzo è capofila di questo Progetto integrato di filiera relativo alla fase 2 (anno 2012) del bando regionale. Come ha reso noto Coldiretti Toscana il Pif sarà illustrato a chi è interessato il 18 maggio nella sede della cooperativa a Grania.
Un progetto per sviluppare, riqualificare e valorizzare la filiera dell’olio del Valdarno Aretino, superando le criticità del settore olivo-oleicolo e distribuendo più equamente il valore lungo la catena dalla coltivazione degli olivi sino alla commercializzazione dell’olio.
E’ il Pif (Progetto integrato di filiera) di cui si è fatta promotrice la cooperativa Frantoio Sociale Sette Ponti di Castelfranco di Sopra in provincia di Arezzo e che sarà presentato ai soggetti interessati, come eventuali partecipanti diretti o indiretti, venerdì 18 maggio alle 18 nella sede sociale della cooperativa capofila in località Grania.
Questo Pif rientra nel Bando multimisura relativo alla fase 2 (anno 2012) emanato dalla Regione Toscana con decreto dirigenziale n. 161 del 23 gennaio 2012 e mira a costruire un sistema di rapporti fra i diversi attori della filiera che permetta di rendere più efficiente il settore e più remunerativa la coltivazione degli olivi nella zona del Valdarno aretino in modo da allontanare il rischio di abbandono già nel breve periodo. Sono previsti finanziamenti a fondo perduto.
Data la natura degli accordi di filiera, che implicano una integrazione e corresponsabilità di ciascun partecipante nei confronti di tutti gli altri, sono previste penali per la mancata osservanza degli impegni assunti.
Le misure del Piano di sviluppo rurale di cui è prevista l’attivazione e a cui i partecipanti potranno aderire nell’ambito di questo Pif della cooperativa Frantoio Sociale Sette Ponti sono le seguenti:
• Misura 114 - Utilizzo di servizi di consulenza;
• Misura 121 – Ammodernamento delle aziende agricole;
• Misura 123a - Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli;
• Misura 124 – Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nel settore agricolo e alimentare e in quello forestale;
• Misura 133 - Sostegno alle associazioni di produttori per le attività di promozione e informazione;
• Misura 311 - Diversificazione attività agricole, limitatamente all’azione a, tipologia d’intervento a.3.
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FIRENZE (FI) – L’antologia a cura di Ombretta Ciurnelli, Michelangelo Pascale e Antonio Carlo Ponti sarà introdotta il 19 aprile, alle 16, nella sede di Georgofili alle Logge Uffizi Corti dall’accademico Claudio Peri. Seguiranno alcune letture poetiche.
Un incontro «divertente e intrigante sia per i poeti che per gli scienziati e soprattutto per gli amanti dell’olivo e dell’olio di oliva, quelli che non si stancano di esplorarne la bellezza, il gusto i paradossi e i misteri». Un appuntamento adatto a chi è interessato «ad applicare all’olio di oliva un “pensiero laterale”».
Così il prof. Claudio Peri ha descritto nel suo invito per posta elettronica la presentazione del libro ‘OliveTolive – Antologia di poesie sull’olivo e sull’olio da Omero a oggi’ (Fabrizio Fabbri Editore), a cura dei tre poeti perugini Ombretta Ciurnelli, Michelangelo Pascale e Antonio Carlo Ponti, in programma giovedì 19 aprile alle 16 nella sede dell’Accademia dei Georgofili di Firenze.
Nell'intervento d'introduzione al libro Peri parlerà sul tema “Dall’olivo all’olio: un sorprendente itinerario scientifico fra paradossi e misteri”. Seguiranno le letture di alcune delle poesie incluse nell’antologia.
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A promuovere la nuova normativa, con un evento intitolato “Per il futuro dell’olio italiano”, sono stati il 21 marzo Coldiretti, Unaprol e Fondazione Symbola. Tra le misure previste contro gli imbrogli anche il «tappo anti-rabbocco» per i ristoranti. Una tariffa per incentivare la produzione di elettricità dagli oli inidonei al consumo. [foto di sailko da wikipedia]
Nel 2011, nonostante che la produzione italiana d’olio d’oliva abbia registrato un valore di 483 mila tonnellate pari a un calo del 6% sul 2010, le esportazioni sono aumentate arrivando a 363 mila e 500 tonnellate. Ma hanno continuato a crescere pure le importazioni, che hanno raggiunto il massimo storico di 584 mila tonnellate, e «l’Italia è il primo importatore mondiale di olio che per il 74 per cento viene dalla Spagna, il 15 per cento dalla Grecia e il 7 per cento dalla Tunisia». Con il risultato che «oggi la maggioranza delle bottiglie di olio provengono da olive straniere senza che questo sia sempre chiaro ai consumatori, ma si assiste anche ad una forte riduzione della qualità dell’olio in vendita oltre che a una pericolosa proliferazione di truffe e inganni». «Gli oli di oliva importati in Italia vengono infatti mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri […]. Non è un caso che secondo una analisi Coldiretti/Eurispes il 19,1 per cento dell’olio extracomunitario importato in Italia nel 2010 è stato destinato alla provincia di Lucca, mentre il 10,1 per cento alla provincia di Genova dove si trovano importanti stabilimenti».
E’ quanto è emerso ieri a Roma in occasione dell’evento “Per il futuro dell’olio italiano” organizzato da Coldiretti, Unaprol e Symbola, durante il quale è stata presentata una «proposta di legge salva olio made in Italy» che intende tutelare i consumatori e la reale concorrenza tra le imprese, preservando l’autenticità del prodotto e la veridicità della provenienza territoriale. Un modo per difendere dunque «un patrimonio ambientale con oltre 250 milioni di piante sul territorio nazionale che garantiscono un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative all’anno e un fatturato di 2 miliardi di euro» e che annovera ben 43 oli a denominazione di origine riconosciuti dall’Unione Europea.
Cosa prevede dunque il testo di legge?
«Innanzitutto - sottolineano Coldiretti, Symbola e Unaprol - si punta a risolvere il problema della scarsa leggibilità delle etichette, che impedisce ai consumatori di conoscere la reale provenienza di quanto portano in tavola. Le lettere della scritta riportante l’origine dell’olio dovranno avere un’altezza minima di 1,5 centimetri ed essere ben visibili rispetto al colore del fondo. Nel caso di miscele di oli di oliva estratti in un altro Stato membro o Paese terzo, la dicitura va preceduta dal termine “miscela”, stampato anch’esso in maniera ben evidente rispetto alle altre indicazioni. Per assicurare le caratteristiche qualitative dell’olio è attribuito valore probatorio al panel test che potrà così smascherare gli oli difettosi in commercio».
Poi «non potranno essere registrati come marchi d'impresa i segni idonei a ingannare il pubblico sulla provenienza geografica delle materie prime degli oli di oliva vergini e – proseguono Coldiretti, Symbola e Unaprol - allo stesso modo sarà vietato anche omettere indicazioni rilevanti circa la zona di origine degli oli di oliva vergini per far credere che le olive utilizzate siano di provenienza diversa da quella effettiva». Mentre per favorire la trasparenza verso il consumatore cade il segreto delle importazioni agroalimentari, con gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera che metteranno a disposizione di tutti le informazioni a propria disposizione sull’origine l’origine degli oli di oliva vergini e delle olive che entrano in Italia.
«Per evitare il rischio frodi - sottolineano Coldiretti, Symbola e Unaprol - è stato individuato anche un preciso parametro che dovrebbe assicurare la qualità dell’olio etichettato come italiano o comunque con denominazioni che evocano il Belpaese. Tali prodotti dovranno presentare “un contenuto in metil esteri degli acidi grassi + etili esteri degli acidi grassi minore o uguale a 30 mg/Kg”, accertato sulla base di appositi controlli. La presenza di metil esteri nell’olio di oliva, infatti, è legata all’azione di un enzima nell’ambito del normale processo di lavorazione delle olive e non costituisce un indizio di cattiva qualità dell’olio. Diversamente, la presenza di un valore elevato di etil esteri è indice di fermentazione e di cattiva conservazione delle olive. […] La responsabilità penale di eventuali comportamenti illeciti da parte di soggetti verrà estesa all’ente che rappresentano».
Per garantire la qualità dell’olio d’oliva servito sulle tavole dei ristoranti è stato invece previsto un apposito tappo anti-rabbocco, in modo da evitare il rischio che la bottiglia di extravergine possa essere “allungata” o addirittura riempita ex novo con prodotti che non hanno nulla a che vedere con quello originario.
C’è poi una stretta anche sui test per verificare le caratteristiche organolettiche degli oli. «Oltre all’inserimento in un apposito elenco nazionale, gli assaggiatori dovranno seguire un rigido codice di comportamento, che va dall’astensione dal fumo e dal cibo prima del test fino al divieto di usare profumi e cosmetici il cui odore potrebbe confondere l’analisi del prodotto».
Si introduce, infine, «una tariffa di incentivazione della produzione di energia elettrica attraverso l’impiego di oli non idonei al consumo umano. La tariffa viene fissata ad un livello tale da garantire il ritorno di investimento per la realizzazione di un impianto, introducendo un prezzo di acquisto dell’olio che sia competitivo rispetto ai valori medi di mercato».
L.S.