Filiera olivo-olio

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È il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali a rendere nota la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea della domanda di registrazione dell'olio extravergine di oliva IGP Sicilia, la cui zona di produzione comprende l'intero territorio amministrativo della Regione Sicilia. Per il ministro Martina il riconoscimento rappresenta un «passo importante segno del grande lavoro che questo territorio sta portando avanti per lo sviluppo di tutto il comparto agroalimentare siciliano».

flormart 2016Le caratteristiche organolettiche peculiari dell'olio extravergine di oliva IGP Sicilia derivano proprio dalla particolare posizione geografica della Sicilia, in cui territorio, olivo e cultura contribuiscono a creare un prodotto ormai riconosciuto e apprezzato da esperti del settore e da consumatori. Come ha ricordato del resto anche il Ministro Maurizio Martina: «La Sicilia è un territorio straordinario che può vantare una biodiversità unica che favorisce la qualità di tutte le sue produzioni agricole. Il riconoscimento dell’olio extravergine di oliva Igp Sicilia rappresenta un passo importante segno del grande lavoro che questo territorio sta portando avanti per lo sviluppo di tutto il comparto agroalimentare siciliano». E anche il Sottosegretario Giuseppe Castiglione ribadisce che si tratta di un riconoscimento a tutti gli olivicoltori siciliani, che si sono impegnati per ottenere un risultato così prestigioso. «La tutela dell'olio siciliano passa da questi sforzi in campo ma dipende anche da una maggiore attenzione alle peculiarità del nostro prodotto», ha poi aggiunto Castiglione.

Redazione

olio di oliva

Togliere la data di scadenza dell’olio di oliva dall'etichetta per favorire lo smaltimento delle vecchie scorte è un danno ai consumatori ed un errore che compromette la qualità dell’offerta italiana e gli effetti salutistici del nostro olio.

E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel commentare l’esito delle votazioni della Commissione politiche dell’Unione Europea del Senato che ha esaminato la Legge europea 2015 diretta a modificare l’articolo 7 della legge n. 9 del 2013 nella parte in cui prevede un termine minimo di conservazione non superiore ai diciotto mesi per l’olio di oliva.

Di fatto è stata approvata una norma che favorisce lo smaltimento di olio vecchio e - spiega la Coldiretti - fa invece venir meno una importante misura di salvaguardia per il consumatore, poiché numerosi studi hanno dimostrato che con il tempo l’olio di oliva modifica le proprie caratteristiche. Con l’invecchiamento - precisa la Coldiretti - l’olio comincia a perdere progressivamente tutte quelle qualità organolettiche che lo caratterizzano (polifenoli, antiossidanti, vitamine) e che sono alla base delle proprietà che lo rendono un alimento prezioso per la salute in quanto rallentano i processi degenerativi dell’organismo. Con il recepimento delle indicazioni comunitarie - spiega la Coldiretti - la data di scadenza non sarà più di 18 mesi, ma potrà essere decisa liberamente dagli stessi imbottigliatori, il che equivale di fatto a cancellarla, poiché ognuno potrà metterla in base ai propri interessi commerciali ed è evidente il rischio che in molti ne approfitteranno per smaltire l’olio vecchio. L’Italia - sottolinea la Coldiretti - ha prodotto nell’ultimo anno 300 milioni di chili ottenuti da un patrimonio di circa 250 milioni di piante su 1,1 milioni di ettari di terreno, con un fatturato di circa 2 miliardi di euro ed un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative. Numeri che fanno dell’Italia - conclude la Coldiretti - il secondo produttore mondiale dopo la Spagna, ma anche il primo paese per numero di oli Dop/Igp (Denominazione di origine protetta/Indicazione geografica protetta), ben 43.

Redazione Floraviva


Gli esperti che hanno partecipato ieri 19 marzo a Olea, presso l’Istituto Tecnico Agrario di Pescia “D. Anzilotti”, hanno lucidamente analizzato i molteplici aspetti del packaging dell’olio d’oliva: Lamberto Baccioni ha parlato dell’esigenza di soddisfare le aspettative del consumatore ed investire sul packaging come mezzo di comunicazione oltre che  come contenitore, Gianpaolo Andrich si è invece concentrato sulle possibile alterazioni subite da vino e olio nei vari tipi di confezionamento, infine Luigi Caricato ha evidenziato la necessità di creare una cultura dell’olio in Italia. L’innovazione nel packaging deve basarsi sull’utilizzo, non sul mero abbellimento. Il Sindaco di Pescia Giurlani ribadisce l’importanza del settore per la Valdinievole e la determinazione nel volerlo sostenere.

Quello che emerge chiaramente da tutti gli interventi è dunque l’esigenza incombente di comunicare meglio il valore del prodotto olio sia attraverso l’etichetta che nel generale confezionamento. Come, infatti, ha ben illustrato il dott. Lamberto Baccioni, il packaging ha molteplici funzioni: proteggere l’olio da aria, luce, calore e inquinanti esterni; dare identità e personalità al prodotto e al produttore; migliorare le condizioni di utilizzo (ad esempio attraverso salva-goccia, chiusura ermetica, facilità e sicurezza di uso del contenitore); proteggere dalle frodi grazie a chiusure anti-riempimento. I contenitori dell’olio possono essere di molteplici materiali: dal vetro colorato al bag-in-box, passando per contenitori metallici in inox o banda stagnata o riposti in scatole di cartone. Sopratutto Baccioni evidenzia l'importanza, divenuta ormai strategica, d'investire sul packaging come medium utilizzando specialisti della comunicazione. Il professore universitario Gianpaolo Andrich ha esaurientemente esplicato i vari difetti e pregi di essi, in relazione al rilascio di costituenti, al loro conseguente effetto sulla salute del consumatore e all’interazione con gli alimenti. Aspetto di cui bisogna dunque tenere conto una volta che si va a scegliere il materiale di confezionamento dell’olio per diminuire i rischi di cessione di costituenti provenienti dal contenitore. Ovviamente il packaging non può sostituire la qualità del prodotto, ma fa la differenza là dove si vuole comunicare al cliente che è stato pensato apposta per lui, per la sua salute, date le proprietà organolettiche dell’olio extravergine d’oliva, e per un facile utilizzo con ottimale conservazione. Il consumatore dunque vuole che le sue aspettative siano soddisfatte, soprattutto per quanto riguarda l’incontro fra prezzo e pregio del prodotto. Il produttore tramite l’etichetta deve comunicare la sua identità e quella dell’olio, gli attributi attrattivi, le motivazioni dell’acquisto legate ai benefici salutistici e alle occasioni di uso, le motivazioni di conservazione. Qui emerge però il grande problema: le attuali etichette dicono molte cose, tranne quelle che interessano al consumatore. Dalla normativa sono infatti permessi pochi descrittori del valore sensoriale e questo limita molto la possibilità di comunicare che quell’olio non è soltanto privo di difetti, ma possiede dei notevoli pregi. Man mano che si analizzano vari oli d’oliva e si sale di prezzo, si sale anche di grado di pregio: intervengono gradualmente valori produttivi (DOP, BIO), culturali (legati a storia e paesaggio) ed edonistici (legati a gastronomia, memoria e status). Il dott. Caricato ha evidenziato poi come, paradossalmente, in Italia manchi una cultura dell’olio, superata ormai da Spagna e Grecia, le quali già investono ampiamente nella presentazione del prodotto d’eccellenza. Si lavora molto per la qualità dell’olio e poi si trascura il prodotto confezionato, non si investe nell’innovazione. In Italia siamo allora di fronte a un limite culturale: l’olio deve essere soltanto buono. Ma, oggi, sono ormai molte le aziende agricole che producono bene, la differenza si gioca piuttosto in un confezionamento funzionale a utilità e bellezza. Continuiamo a collocare l’olio nei supermercati come merce ordinaria, mentre si dovrebbe cominciare pensarlo in una veste nuova di eccellenza. Questa direzione deve essere sostenuta anche a livello politico e qui il Sindaco di Pescia, Oreste Giurlani, ribadisce che Pescia intende tutelare e valorizzare la produzione importante di settore che possiede e annuncia una conferenza stampa coi produttori, che si svolgerà fra pochi giorni, con la successiva formazione di un tavolo permanente sull’agricoltura.

Redazione Floraviva

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L’assessore Remaschi, nel convegno di ieri all’Istituto agrario di Pescia, ha ribadito la volontà della Regione Toscana di investire nella filiera olivicoltura-olio come si fece col vino, che adesso vale il 16,7% del totale nazionale. La Toscana produce solo il 3% dell’olio italiano, ma ha il 35% della produzione certificata e c’è una domanda 3 volte superiore all’offerta di produzioni agroalimentari toscane di qualità. Il sindaco Giurlani vede bene Collodi fra gli osservatori del paesaggio del Pit regionale. Riconoscimento della preside dell’Anzilotti agli importanti dirigenti regionali del settore agricoltura andati in pensione lo scorso dicembre.

Dal momento più basso dello scandalo del metanolo sino ad oggi la filiera del vino toscano ha fatto enormi progressi. L’anno scorso, grazie soprattutto a una crescita dell’export del 22% sull’anno precedente contro una crescita media italiana intorno al 5%, il vino toscano è passato da un valore del 14,8% del totale nazionale al 16,7%. Dati davvero ragguardevoli, a cui hanno dato un contributo decisivo i circa 200 milioni di euro di investimenti sul settore della Regione Toscana dal 2000 ad oggi. Ora «dobbiamo fare con l’olio quello che abbiamo fatto col vino», perché «la Toscana a livello internazionale è conosciuta più per l’olio che per il vino, nel senso che l’olio è il nostro primo prodotto distintivo, e il vino viene al secondo posto». Eppure la produzione di olio regionale è pari solo al 3% di quella italiana, nonostante che «abbiamo il 35% delle certificazioni di olio d’Italia», con la conseguenza che oltre il 25% delle superfici olivicole toscane sono abbandonate. Con gli investimenti opportuni e valorizzando «le caratteristiche organolettiche importanti» del nostro olio e intercettando quei mercati e quella domanda di produzioni agroalimentari toscane di qualità che è in generale 3 volte superiore alla nostra offerta, potremo arrivare ad ottenere da un litro di olio extravergine di qualità di più degli attuali 10-13 euro. E questo sarà uno degli elementi cruciali per una svolta nella filiera olivicoltura-olio, in modo che il comparto torni ad essere redditizio.

E’ quanto affermato dall’assessore all’agricoltura della Regione Toscana, Marco Remaschi, su uno degli argomenti da lui toccati nel suo intervento al convegno su “L’agricoltura in Toscana” di ieri all’Istituto tecnico agrario Dionisio Anzilotti di Pescia. Un appuntamento che, come ha spiegato aprendo i lavori la preside dell’Istituto agrario Francesca Giurlani, aveva come obiettivo mettere a fuoco le nuove linee della Regione Toscana nel settore dell’agricoltura in un momento di passaggio molto importante, in cui si è aperta da poco la programmazione 2015-2020 e diversi dirigenti regionali del settore sono andati in pensione alla fine del 2015. Dirigenti ai quali Francesca Giurlani ha consegnato un «diploma di merito» come ringraziamento per il ruolo svolto in tutti questi anni al servizio dell’agricoltura. Si trattava di Carlo Chiostri, Stefano Barzagli, Alvaro Fruttuosi, Enrico Favi, Varo Bucciantini, Riccardo Russo. Ad essi il presidente dell’Accademia dei Georgofili di Firenze Giampiero Maracchi, che ha parlato di “Cambiamento climatico, globalizzazione e agricoltura”, ha però ricordato che dovranno continuare a lavorare (gratuitamente) per i Georgofili. L’incontro, ha spiegato Francesca Giurlani, aveva anche lo scopo di valutare meglio le prospettive lavorative dei ragazzi che si diplomano all’istituto alla luce dei cambiamenti in corso.

Al convegno è intervenuto anche il sindaco di Pescia Oreste Giurlani, che ha prima sottolineato la centralità dell’agricoltura e l’importanza dell’Istituto agrario per il comune da lui amministrato e poi messo in evidenza alcuni temi che gli stanno a cuore e su cui continuerà ad essere impegnato nei prossimi mesi. Fra questi, la redazione di un progetto integrato di filiera (pif) per la floricoltura del distretto Lucca Pistoia in armonia con il business plan pluriennale del Mefit, la realizzazione del progetto avviato insieme al comune di Piteglio, coinvolgendo 40 aziende e le associazioni di categoria agricole, sulla filiera legno-bosco-energia (con dentro filiere secondarie quali castagno ed olio) e il piano operativo (ex piano strutturale) del Comune con particolare attenzione alle serre e a tutte le esigenze dell’ortoflorovivaismo. «Voglio far diventare Pescia un comune green – ha concluso Giurlani – e a tal fine è importante realizzare a Collodi uno degli osservatori del paesaggio previsti dal Pit regionale. Per noi il paesaggio è fondamentale, e non solo a Collodi, ma anche nel resto del territorio comunale».

Nella sua relazione l’assessore Remaschi non ha parlato solo dei settori dell’olio e del vino, ma si è soffermato anche sugli ottimi risultati del bando Giovani e su altri temi, come i circa 90 milioni destinati dal Programma di sviluppo rurale (Psr) ai pif, il lavoro iniziato sulla filiera del bosco e sull’uso delle biomasse ai fini di riscaldamento (che può portare risparmi tra il 30% e 50% e può essere sviluppato nelle aree rurali e di montagna, dove non c’è il problema delle emissioni di Pm10), la competitività di un settore agroalimentare basato sulle eccellenze (è di questi giorni la notizia del riconoscimento della Dop al pane toscano) e l’importanza dei legami con il territorio e il turismo: «l’agricoltura è un motore di sviluppo per il turismo – ha detto Remaschi – e viceversa anche il turismo è un motore di sviluppo per le nostre produzioni agricole, specialmente quelle di qualità e certificate».

Lorenzo Sandiford

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Un decreto firmato dal ministro per le Politiche Agricole e Forestali, Maurizio Martina, stabilisce quali sono le aree a rischio per il dannoso batterio Xylella Fastidiosa, che negli ultimi mesi ha creato disagi alle coltivazioni di ulivi, specialmente nel Sud Italia.
Tra le zone al sicuro dall’infezione c’è proprio la Toscana che risulta totalmente indenne. Coldiretti esulta per la notizia e commenta così la notizia: “Un atto che fa chiarezza e che porrà fine ad alcuni immotivati e strumentali ostacoli all’export delle nostre piante”.
Il decreto sarà pubblicato nei prossimi giorni sulla Gazzetta Ufficiale.

Redazione Floraviva

xylella

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che la Conferenza Stato Regioni ha approvato lo schema di decreto ministeriale per l’istituzione dell'Area indenne da Xylella per tutto il territorio nazionale, compreso la Regione Puglia ad eccezione della zona delimitata e della zona di sorveglianza definite ai sensi della decisione di esecuzione 2015/789/UE della Commissione.

Il provvedimento si basa sulle evidenze emerse da oltre 17.186 controlli e 13.766 analisi di laboratorio effettuate nel 2015 nelle Regioni italiane, ad esclusione dei controlli e delle analisi effettuati nella Regione Puglia.

La definizione delle aree indenni da Xylella fastidiosa consente di fare chiarezza e di facilitare l'esportazione di materiale vivaistico anche verso quei Paesi terzi che hanno adottato misure di limitazione alle importazioni nei mesi scorsi.

“Il provvedimento – ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina – che è stato approvato oggi dalle Regioni ci consente di certificare tutta l’Italia come Area Xylella free, ad eccezione delle zone già interessate. È il frutto di un anno intenso di monitoraggi che ha visto tutti i territori impegnati e che vogliamo ulteriormente rafforzare. Dobbiamo proseguire con il massimo di collaborazione istituzionale per la gestione di una delle più complesse emergenze fitosanitarie d’Europa. È necessario per la tutela in primis del nostro patrimonio olivicolo e anche per un comparto come quello florovivaistico che è stato fortemente penalizzato. Il Piano nazionale va avanti e ora attendiamo il dettaglio delle azioni che la Regione Puglia ha annunciato e che devono essere concretamente impostate e realizzate in tempi rapidi”.

Redazione Floraviva