Filiera olivo-olio


FIRENZE (FI) – L’antologia a cura di Ombretta Ciurnelli, Michelangelo Pascale e Antonio Carlo Ponti sarà introdotta il 19 aprile, alle 16, nella sede di Georgofili alle Logge Uffizi Corti dall’accademico Claudio Peri. Seguiranno alcune letture poetiche.

Un incontro «divertente e intrigante sia per i poeti che per gli scienziati e soprattutto per gli amanti dell’olivo e dell’olio di oliva, quelli che non si stancano di esplorarne la bellezza, il gusto i paradossi e i misteri». Un appuntamento adatto a chi è interessato «ad applicare all’olio di oliva un “pensiero laterale”».
Così il prof. Claudio Peri ha descritto nel suo invito per posta elettronica la presentazione del libro ‘OliveTolive – Antologia di poesie sull’olivo e sull’olio da Omero a oggi’ (Fabrizio Fabbri Editore), a cura dei tre poeti perugini Ombretta Ciurnelli, Michelangelo Pascale e Antonio Carlo Ponti, in programma giovedì 19 aprile alle 16 nella sede dell’Accademia dei Georgofili di Firenze.
Nell'intervento d'introduzione al libro Peri parlerà sul tema “Dall’olivo all’olio: un sorprendente itinerario scientifico fra paradossi e misteri”. Seguiranno le letture di alcune delle poesie incluse nell’antologia.

A promuovere la nuova normativa, con un evento intitolato “Per il futuro dell’olio italiano”, sono stati il 21 marzo Coldiretti, Unaprol e Fondazione Symbola. Tra le misure previste contro gli imbrogli anche il «tappo anti-rabbocco» per i ristoranti. Una tariffa per incentivare la produzione di elettricità dagli oli inidonei al consumo. [foto di sailko da wikipedia]

Nel 2011, nonostante che la produzione italiana d’olio d’oliva abbia registrato un valore di 483 mila tonnellate pari a un calo del 6% sul 2010, le esportazioni sono aumentate arrivando a 363 mila e 500 tonnellate. Ma hanno continuato a crescere pure le importazioni, che hanno raggiunto il massimo storico di 584 mila tonnellate, e «l’Italia è il primo importatore mondiale di olio che per il 74 per cento viene dalla Spagna, il 15 per cento dalla Grecia e il 7 per cento dalla Tunisia». Con il risultato che «oggi la maggioranza delle bottiglie di olio provengono da olive straniere senza che questo sia sempre chiaro ai consumatori, ma si assiste anche ad una forte riduzione della qualità dell’olio in vendita oltre che a una pericolosa proliferazione di truffe e inganni». «Gli oli di oliva importati in Italia vengono infatti mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri […]. Non è un caso che secondo una analisi Coldiretti/Eurispes il 19,1 per cento dell’olio extracomunitario importato in Italia nel 2010 è stato destinato alla provincia di Lucca, mentre il 10,1 per cento alla provincia di Genova dove si trovano importanti stabilimenti».
E’ quanto è emerso ieri a Roma in occasione dell’evento “Per il futuro dell’olio italiano” organizzato da Coldiretti, Unaprol e Symbola, durante il quale è stata presentata una «proposta di legge salva olio made in Italy» che intende tutelare i consumatori e la reale concorrenza tra le imprese, preservando l’autenticità del prodotto e la veridicità della provenienza territoriale. Un modo per difendere dunque «un patrimonio ambientale con oltre 250 milioni di piante sul territorio nazionale che garantiscono un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative all’anno e un fatturato di 2 miliardi di euro» e che annovera ben 43 oli a denominazione di origine riconosciuti dall’Unione Europea.  
Cosa prevede dunque il testo di legge?
«Innanzitutto - sottolineano Coldiretti, Symbola e Unaprol - si punta a risolvere il problema della scarsa leggibilità delle etichette, che impedisce ai consumatori di conoscere la reale provenienza di quanto portano in tavola. Le lettere della scritta riportante l’origine dell’olio dovranno avere un’altezza minima di 1,5 centimetri ed essere ben visibili rispetto al colore del fondo. Nel caso di miscele di oli di oliva estratti in un altro Stato membro o Paese terzo, la dicitura va preceduta dal termine “miscela”, stampato anch’esso in maniera ben evidente rispetto alle altre indicazioni. Per assicurare le caratteristiche qualitative dell’olio è attribuito valore probatorio al panel test che potrà così smascherare gli oli difettosi in commercio».
Poi «non potranno essere registrati come marchi d'impresa i segni idonei a ingannare il pubblico sulla provenienza geografica delle materie prime degli oli di oliva vergini e – proseguono Coldiretti, Symbola e Unaprol - allo stesso modo sarà vietato anche omettere indicazioni rilevanti circa la zona di origine degli oli di oliva vergini per far credere che le olive utilizzate siano di provenienza diversa da quella effettiva». Mentre per favorire la trasparenza verso il consumatore cade il segreto delle importazioni agroalimentari, con gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera che metteranno a disposizione di tutti le informazioni a propria disposizione sull’origine l’origine degli oli di oliva vergini e delle olive che entrano in Italia.
«Per evitare il rischio frodi - sottolineano Coldiretti, Symbola e Unaprol - è stato individuato anche un preciso parametro che dovrebbe assicurare la qualità dell’olio etichettato come italiano o comunque con denominazioni che evocano il Belpaese. Tali prodotti dovranno presentare “un contenuto in metil esteri degli acidi grassi + etili esteri degli acidi grassi minore o uguale a 30 mg/Kg”, accertato sulla base di appositi controlli. La presenza di metil esteri nell’olio di oliva, infatti, è legata all’azione di un enzima nell’ambito del normale processo di lavorazione delle olive e non costituisce un indizio di cattiva qualità dell’olio. Diversamente, la presenza di un valore elevato di etil esteri è indice di fermentazione e di cattiva conservazione delle olive. […] La responsabilità penale di eventuali comportamenti illeciti da parte di soggetti verrà estesa all’ente che rappresentano».
Per garantire la qualità dell’olio d’oliva servito sulle tavole dei ristoranti è stato invece previsto un apposito tappo anti-rabbocco, in modo da evitare il rischio che la bottiglia di extravergine possa essere “allungata” o addirittura riempita ex novo con prodotti che non hanno nulla a che vedere con quello originario.
C’è poi una stretta anche sui test per verificare le caratteristiche organolettiche degli oli. «Oltre all’inserimento in un apposito elenco nazionale, gli assaggiatori dovranno seguire un rigido codice di comportamento, che va dall’astensione dal fumo e dal cibo prima del test fino al divieto di usare profumi e cosmetici il cui odore potrebbe confondere l’analisi del prodotto».
Si introduce, infine, «una tariffa di incentivazione della produzione di energia elettrica attraverso l’impiego di oli non idonei al consumo umano. La tariffa viene fissata ad un livello tale da garantire il ritorno di investimento per la realizzazione di un impianto, introducendo un prezzo di acquisto dell’olio che sia competitivo rispetto ai valori medi di mercato».

L.S.

Tra le altre possibili conseguenze delle temperature siberiane, specialmente se prolungate, il rischio congelamento per alcuni ortaggi, per le viti e le piante di olivo soprattutto giovani. Ma il ghiaccio può danneggiare tutte le coltivazioni in campo aperto. Ecco il mini decalogo per salvare le piante in terrazzo. [Foto di Adriano da Wikipedia Italia]

Il freddo polare di questi giorni preoccupa gli agricoltori e Coldiretti Toscana ha già allertato, per far fronte alle emergenze, alcune squadre di trattori.
L’organizzazione presieduta da Tulio Marcelli ricorda che il pericolo maggiore è collegato alla formazione di ghiaccio, che potrebbe provocare danni ad ortaggi quali cavoli, verze, cicorie, carciofi, radicchio, broccoli e insalatine invernali. Ma ci sono timori anche per le «piante di olivo, soprattutto giovani, e le viti che difficilmente sopporterebbero temperature basseanche fino a meno 10 - per un periodo prolungato (si parla di 10 giorni di freddo polare)».
Per «il florovivaismo in serra alle prese con il caro-gasolio» il problema è però soprattutto economico. «Chi produce in serra – dice Coldiretti Toscanasarà costretto a tenere i riscaldamenti accesi per più ore con un aggravio sui costi» assai rilevante. Si stima che «un’azienda media (3 mila metri di serra) dovrà sborsare, per mantenere livelli di produzione accettabili, tra i 7 e gli 8 mila euro in più al mese». Qualche timore, aggiunge l’organizzazione degli agricoltori, esiste anche per le piante tradizionalmente coltivate all’esterno come i limonium ed in generale tutte le piante tipiche del Mediterraneo: «a -15 non reggerebbero».
Ma cosa deve fare chi ha piante in terrazzo quali bouganville, oleandri, agrumi, olivi o fichi d’India? «Il brusco abbassamento delle temperature – spiega infatti Marcellipuò anche bruciarle». Una risposta l’ha data Coldiretti predisponendo un apposito decalogo, un manualetto della sopravvivenza per le piante più diffuse nei terrazzi nostrani.
Ecco alcuni dei consigli. Per prima cosa, mettere al riparo le piante sulle scale condominiali o negli androni di ingresso oppure in una cantina o in un garage, anche buio, per pochi giorni, considerando l’emergenza. Se ciò non è possibile, disporre i vasi contro il muro poiché in questo modo hanno maggiore calore. Meglio ancora metterli sul lato sud del balcone. Inoltre collocare le piante direttamente a terra piuttosto che in alto assicurerà maggior calore. Utile anche porre uno strato di polistirolo sotto i vasi.
«Una protezione efficace dal gelo è rappresentata dal tessuto non tessuto – continua il decalogo Coldiretti -, una sorta di telo traspirante che si può trovare a poca spesa nei negozi di prodotti agricoli. Deve coprire l’intera pianta e va fermato infilandone i lembi sotto al vaso. L’altra soluzione è rappresentata da un telo di plastica, il quale impone però una gestione più attenta, rendendo necessario chiuderlo e aprirlo più volte per evitare il formarsi dell’umidità, oltre a rischiare di essere portato via dal vento».
Ancora, bisogna tenere il terreno il più possibile asciutto e innaffiare il minimo indispensabile. Quando lo si fa, evitare accuratamente che l’acqua ristagni nel sottovaso favorendo la gelata della pianta. Eventuali potature vanno, infine, effettuate a fine inverno, poiché la maggior presenza di rami e foglie assicura comunque una maggiore protezione dal freddo.

Contemporaneamente sarà effettuata una selezione tra gli oli extra vergine di oliva toscani, anche non certificati, che rappresenteranno la nostra regione al premio nazionale “Ercole Olivario 2012”. Maggiori informazioni sui siti web di Toscana Promozione e del concorso Olivario. [FOTO DI SAILKO DA WIKIPEDIA]

Era stato annunciato il 3 dicembre durante Olea 2011 all’Istituto tecnico agrario Anzilotti di Pescia dal dirigente regionale Stefano Barzagli e adesso è realtà: la Regione Toscana, insieme a Unioncamere e con la collaborazione operativa di Toscana Promozione, organizza una “Selezione degli oli extra vergine d’oliva DOP e IGP della Toscana” che sarà presentata con un evento a febbraio a Firenze. Gli oli scelti saranno inseriti in un catalogo promozionale, in formato sia cartaceo sia digitale, che verrà usato e distribuito nelle principali manifestazioni di settore nazionali ed estere. Lo scopo è far conoscere e valorizzare la produzione olearia d’eccellenza della nostra regione premiando le imprese impegnate nello sforzo di migliorare costantemente la qualità del proprio prodotto. La selezione regionale intende inoltre valorizzare la figura dell’assaggiatore di olio di oliva in quanto professionista in grado di promuovere la qualità degli oli presso operatori e consumatori italiani ed esteri.
«Questa iniziativa – ha sottolineato nei giorni scorsi Gianni Salvadori, assessore regionale all’agricoltura, presentando la selezionesi aggiunge a tutte le azioni messe in campo dalla Regione a sostegno delle aziende che anche nel settore dell’olio hanno raccolto la sfida di un momento certo non facile. Del resto stiamo parlando di un comparto che caratterizza la cultura e l’economia della nostra regione, basti pensare che la superficie interessata dall’olivicoltura è di 92 mila ettari, con circa 15 milioni di piante, 50 mila aziende agricole, 400 frantoi e una produzione annua che varia fra i 170 e i 180 mila quintali di olio”.
In parallelo alla selezione degli oli extra vergine di oliva toscani con certificazione d’origine, sarà effettuata anche la scelta degli oli che parteciperanno all’edizione 2012 del premio nazionale “Ercole Olivario”, aperta anche agli oli extra vergine di oliva non certificati, «purché prodotti in oliveti e frantoi ubicati in Toscana e confezionati in Toscana da imprese aventi sede produttiva in Toscana».
Le aziende che intendono partecipare alla “Selezione degli oli extra vergine d’oliva DOP e IGP della Toscana” potranno presentare un massimo di 4 oli riempiendo e inviando la domanda di partecipazione online sul sito di Toscana Promozione entro il 24 gennaio 2012. Regolamento, modulistica e informazioni per partecipare sono disponibili nella sezione adesioni del sito di Toscana Promozione.
Per partecipare al premio “Ercole Olivario 2012″ è necessario seguire sia le indicazioni presenti alla sezione adesioni del sito web di Toscana Promozione che le istruzioni contenute nel regolamento e nella modulistica del concorso nel sito www.ercoleolivario.org. 

Lo ha proposto Claudio Peri durante Olea 2011 all’Istituto agrario Anzilotti di Pescia. Stefano Barzagli, dirigente della Regione Toscana, ha annunciato un bando a metà dicembre per una selezione di oli d’oliva toscani a denominazione d’origine da promuovere all’estero.

Bisogna far capire alla grande distribuzione e ai ristoratori che anche con l’olio d’oliva, come accade con il vino, si possono fare profitti puntando sulla qualità e sulla valorizzazione delle varietà e dei differenti profili organolettici. In gioco è una nicchia che per adesso vale al massimo il 2% del commercio dell’olio d’oliva e corrisponde più o meno agli oli a denominazione d’origine, ma puntando su di essa si può salvare la cultura dell’olio e la biodiversità con prospettive interessanti di profitti e di espansione.
E’ uno dei messaggi venuti fuori da Olea 2011, convegno sul tema “Progressi nella qualità e nell’eccellenza dell’olio d’oliva” tenutosi sabato 3 dicembre all’Istituto tecnico agrario Dionisio Anzilotti di Pescia con il presidente dei Georgofili Franco Scaramuzzi nei panni del coordinatore scientifico e moderatore. E a lanciarlo è stato Claudio Peri, che ha anticipato alcuni elementi di un suo modello di riorganizzazione delle garanzie di qualità del settore più congeniale a realizzare tale scopo di commercializzare l’olio in maniera simile al vino; modello che illustrerà in maniera più approfondita il 16 febbraio prossimo ai Georgofili.
Durante il dibattito che è seguito alle relazioni di Maurizio Servili, Claudio Peri e Tiziano Caruso, il dirigente della Regione Toscana Stefano Barzagli ha annunciato che verso metà dicembre Toscana Promozione farà uscire il bando di un concorso riservato agli oli toscani a denominazione d’origine da cui sarà ricavata una «selezione» di eccellenze da promuovere in giro per il mondo. Un’iniziativa, ha detto Barzagli, «sulla falsariga di quanto avviene con i vini».
Ma vediamo meglio come si è svolto l’incontro che ha avuto come filo conduttore la messa a fuoco dell’importanza di fare emergere e valorizzare le tante differenze nascoste dietro alle parole olio e olivo.
Nella prima relazione, intitolata “L’alta qualità degli oli italiani tra variabili agronomiche e tecnologiche”, Maurizio Servili ha lanciato un grido d’allarme per il fatto che «i parametri dell’extravergine nel loro complesso sono diventati sempre più ampi e ormai dentro ci sta di tutto: dalla Ferrari alla Dacia». Il consumatore, ha spiegato Servili, si trova davanti un extravergine da 2 euro e uno da 20 e non capisce che si tratta di prodotti completamente diversi, visto che si chiamano allo stesso modo. Servili ha illustrato alcune delle grandi differenze a livello di composizione chimica che si riscontrano tra i vari tipi di extravergine sul mercato, con particolare riguardo per le sostanze fenoliche, mostrando tra l’altro che pertanto le proprietà benefiche per la prevenzione di certi problemi cardiovascolari attribuite all’olio d’oliva non valgono per tutti gli extravergine. Servili si è anche soffermato sull’importanza della biodiversità e ha parlato di altri fattori che incidono sulle proprietà dell’olio: dall’irrigazione, alla frangitura fino alla gramolatura.
Poi è stata la volta di Claudio Peri sul tema “Valorizzare l’eccellenza dell’olio di oliva in uno scenario di competizione mondiale in rapida evoluzione”, sintetizzato da Franco Scaramuzzi così: «come valorizzare l’alta qualità degli oli d’oliva e come far capire ai consumatori cosa devono scegliere o pretendere di sapere da parte della distribuzione». Come anticipato, Peri ha sottolineato le differenze tra come è commercializzato il vino - ormai anche in appositi angoli dei supermercati – e come invece è venduto l’olio. «Nel mercato dell’olio di oliva – ha detto -  non ci sono spazi significativi per la differenziazione sulla base della qualità. E questo perché né la grande distribuzione né la ristorazione, i soggetti che sono in grado di comunicare la qualità, sono interessati all’eccellenza».  E poi «l’ignoranza dei consumatori è alta». «Non c’è l’abitudine a consumare oli con profili sensoriali diversi da abbinare a cibi diversi. L’unico fattore competitivo è quindi il prezzo». Dopo vari esempi tesi a mettere a fuoco i vari lati del problema, Peri ha sostenuto che «bisogna parlare direttamente ai consumatori. Se la grande distribuzione troverà opportunità di profitto simili a quelle del vino, allora sì che riusciremo ad ottenere risultati anche per i produttori». In questa prospettiva, Peri ha parlato del modello di garanzia o certificazione di qualità per l’olio che egli intende diffondere: «la matrice q-n (quality – nearness)», basata da una lato sulla segmentazione della qualità in più livelli (ad esempio: extravergine di base – di alta qualitàdi assoluta eccellenza) e dall’altro su garanzie articolate in base alla prossimità al consumatore (garanzia di qualità alla produzione – alla distribuzione – al consumo), perché basta «andare nei ristoranti e vedere bottiglie di olio che girano per giorni mezze aperte» per capire che non sempre a un livello di qualità alla produzione ne corrisponde uno analogo al momento del consumo. «L’olio – ha concluso Peri – deve essere comprato fresco tutte le settimane e dobbiamo abituarci a cambiarlo a seconda del cibo».
Molto ricca di dati sull’olivicoltura la relazione di Tiziano Caruso, “Aspetti varietali e qualità degli oli nell’olivicoltura”, che era declinata dal punto di vista degli arboricoltori. Negli ultimi anni, ha spiegato Caruso, sono stati fatti studi per riordinare meglio e con metodi scientifici più aggiornati le varietà di olivi esistenti nel mondo e si parla oggi di oltre 1000 varietà. In Italia, gli studi da lui condotti hanno identificato 192 delle 476 cultivar che venivano stimate. Un numero molto alto, comunque. Del resto, ha detto in seguito, mentre «in Italia con 25 varietà copriamo il 58% della superficie olivicola in Spagna con 25 cultivar si copre il 96% della superficie coltivata». «La produzione italiana – ha continuato - si basa quindi su un panorama varietale molto ricco, anche se la biodiversità tende a diminuire». E questa caratteristica si rispecchia anche nel numero delle dop, ben 39, a cui va aggiunta anche una igp (l’Olio Extravergine di Oliva Toscano Igp).
Riguardo a queste ultime, ha osservato Caruso, «la produzione di dop – igp rappresenta circa l’1% della produzione nazionale: 17 mila aziende e 84 mila ettari. Con alcune dop più presenti sul mercato e altre pochissimo rappresentate. Queste dop sono legate a una olivicoltura tradizionale con bassa produzione unitaria, spiccata alternanza, bassa meccanizzazione e tendenza all’abbandono». Secondo Caruso, se non si vuole uccidere la biodiversità con l’olivicoltura super intensiva (più di 1500 olivi per ettaro), si possono trovare delle soluzioni intermedie ed è importante sotto questo profilo l’utilizzo di portinnesti adeguati.
Molti i temi toccati durante il dibattito, nel quale sono intervenuti fra gli altri il consigliere della Regione Toscana Gianfranco Venturi, il dirigente regionale Stefano Barzagli, il prof. Franco Scaramuzzi, la preside dell’Istituto Anzilotti Siriana Becattini, il presidente della Cia di Pistoia Sandro Orlandini e Fabrizio Filippi, presidente del Consorzio di tutela dell’olio extravergine Toscano Igp. Fra di essi, oltre all’annuncio dell’imminente concorso di Toscana Promozione per gli oli toscani a denominazione di origine fatto da Barzagli, sempre da parte sua la segnalazione che nel nuovo Piano di sviluppo rurale della Toscana si terranno separati gli incentivi finanziari destinati all’olivicoltura più produttiva da quelli rivolti a un’olivicoltura più tradizionale con finalità di mantenimento paesaggistico.
Barzagli ha anche ricordato che «l’organizzazione comune di mercato (ocm) dell’olio è un’ocm che penalizza i produttori» e che è molto influenzata dalla lobby dei commercianti. Tema che è stato ripreso da Scaramuzzi, che ha detto che molte grandi case di produzione d’olio d’oliva «sono state vendute a stranieri che conservano il marchio italiano perché dà un valore aggiunto. Ma noi continuiamo a vedere che il costo di produzione dell’olio di oliva in Toscana oggi si aggira sui 6 euro al kg. E il prezzo di vendita è intorno ai 2/3 euro. Il trucco è che l’olio che si vende non è quello prodotto dalle aziende piccole che fanno produzione tradizionale e mantengono il paesaggio. Noi importiamo gli oli dal Nord Africa e dalla Spagna a prezzi stracciati ed essi vengono mescolati con gli oli italiani e se ne fanno dei blend (miscele, ndr). Dall’attualità al futuro che immagina il prof. Peri c’è un abisso. Siamo nelle mani dei commercianti dell’olio, in una maniera impudica. Ma essi hanno la forza per impedire che a Bruxelles si applichino le nuove norme sull’etichettatura dell’olio d’oliva che noi italiani vorremmo».
Al che Peri ha ribattuto con un approccio più ottimista. «Il 98% del commercio dell’olio – ha detto - è basato su tale competizione sulla quantità. Noi dobbiamo salvare quel 2% per salvare la cultura dell’olio e la biodiversità. Dobbiamo difenderlo e riuscire a dimostrare che quel 2% di oli di qualità può portare profitti interessanti alla grande distribuzione». L’importante è ragionare nel modo illustrato nella sua relazione e arrivare a un «sistema di certificazione unitario lungo tutta la filiera dell’olio».
Sandro Orlandini, dopo essersi riagganciato al quadro tracciato da Scaramuzzi affermando che «un prezzo equo per l’olio da noi è di 11/12 euro al chilo ma raggiungere queste cifre sembra un miraggio», ha sottolineato l’importanza degli aiuti Pac per fare andare avanti tante aziende olivicole del territorio pistoiese.
Una parziale conferma dell’efficacia della nuova direzione di marcia nella commercializzazione degli oli d’oliva prospettata da Peri, è venuta da Fabrizio Filippi, che pur ribadendo i problemi distributivi accennati da Scaramuzzi e pur riportando un dato toscano negativo (200 mila quintali d’olio prodotti, 400 mila consumati e nonostante ciò una parte di quei 200 mila che restano invenduti), ha detto che «alcuni piccoli produttori di Toscano Igp si stanno affermando con ritorni interessanti» e che il suo Consorzio sta facendo delle iniziative per intercettare la ristorazione.

Lorenzo Sandiford