ORTO-FLORO-VIVAISMO: LA SVOLTA VEGETALE NEL CINEMA
- Andrea Vitali
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in Ispirazioni

Nel cinema contemporaneo, la natura non è più un semplice sfondo, ma una protagonista. La "svolta vegetale" racconta il legame indissolubile tra uomo, piante e ambiente in un susseguirsi di pellicole emozionanti.
Il cinema è sempre stato un potente riflesso della società, e negli ultimi decenni ha iniziato a raccontare storie in cui la natura, la vegetazione e le piante assumono ruoli protagonisti, diventando vere e proprie forze narrative. Da film epocali a pellicole meno conosciute, la "svolta vegetale" nel cinema non è solo un fenomeno estetico, ma anche una riflessione profonda sul nostro rapporto con l'ambiente. La flora diventa, in questi film, un simbolo di vita, morte, riscatto e connessione universale, un elemento che va ben oltre il suo semplice aspetto visivo.
La Natura come Metafora: La Bellezza dell’Ineluttabile
Nel cinema di autori come Lars von Trier e Hayao Miyazaki, la natura non è solo un luogo fisico, ma un'entità simbolica che rappresenta l'ineluttabilità del destino umano. In Melancholia (2011), von Trier utilizza il passaggio di un pianeta destinato a colpire la Terra come metafora della depressione e della fine del mondo. La vegetazione, che si alterna tra rigogliosità e morte, diventa il palcoscenico dove si consumano le emozioni dei protagonisti, ma anche una riflessione sul nostro rapporto fragile con la Terra. Il paesaggio, con la sua bellezza oscura, è il veicolo attraverso cui il regista esplora le profondità dell’animo umano e il peso della catastrofe imminente.
Anche in Principessa Mononoke (1997) di Hayao Miyazaki, il tema della natura come metafora di lotta tra uomo e ambiente è centrale. La storia, che mescola leggende giapponesi e riflessioni ecologiche, vede una lotta tra gli spiriti della natura, tra cui l'imponente Dio-Cinghiale, e l'industrializzazione. La vegetazione, simbolo di purezza e sacralità, è costantemente messa in contrasto con le forze umane che cercano di dominarla. Il film di Miyazaki esprime con forza il conflitto ecologico in modo universale, mostrando la natura come una forza primordiale e indomabile.
Il Giardino come Luogo di Ricerca e Perdizione
La rappresentazione del giardino come luogo di riflessione, rifugio o, in alcuni casi, di perdizione, è un tema ricorrente in molte pellicole dove la vegetazione non è mai solo decorativa. In Bright Star (2009) di Jane Campion, la natura e la poesia si fondono. Il giardino che circonda la casa del poeta John Keats diventa il luogo dove la bellezza e la transitorietà della vita si intrecciano. La regista neozelandese sceglie con cura ogni pianta e fiore, utilizzando la vegetazione per enfatizzare il fragore dell'amore e della morte che caratterizzano la storia di Keats e della sua amata Fanny Brawne. La natura diventa in questo film il contesto attraverso cui il poeta esplora la sua intensissima passione e la sua tragica fine.
Un altro esempio in cui la vegetazione gioca un ruolo fondamentale come rifugio e spazio di sperimentazione è Les Demoiselles de Rochefort (1967) di Jacques Demy. In questo musical francese, i giardini lussureggianti e le fioriture colorate di Rochefort sono il teatro di un amore che nasce, cresce e si trasforma. Il colore della vegetazione, vibrante e quasi psichedelico, si mescola alla musica e al movimento per rappresentare l'euforia, ma anche le difficoltà della ricerca del vero amore, con la natura che accompagna, ma non salva, i protagonisti dalle loro incertezze.
La Natura come Resistenza: Il Potere delle Piante
La vegetazione non è solo simbolo di bellezza o di fine imminente, ma anche di forza, di resistenza. In Le figlie del botanico (2006) di Dai Sijie, le piante rappresentano non solo la passione di un uomo per la botanica, ma anche la speranza e la lotta di chi vive in un periodo di grande repressione politica in Cina. La botanica e la cura delle piante sono il motore che tiene insieme la trama, diventando una forma di resistenza intellettuale e spirituale. Le piante, nel film, sono metafora di crescita, di possibilità e di lotta contro il regime che tenta di soffocare ogni forma di libertà.
Anche in Avatar (2009) di James Cameron, la natura è protagonista. Le giungle di Pandora, con la loro flora sconosciuta e lussureggiante, non solo incantano gli spettatori, ma diventano il simbolo di una forza che non può essere dominata. Le piante sono dotate di una propria coscienza, di un'intelligenza che sfida quella degli esseri umani e che li invita a riflettere sul nostro ruolo nel mondo naturale. L’interazione tra l’umanità e la natura, attraverso la bioluminescenza delle piante e la connessione con il sistema nervoso della foresta, sottolinea il messaggio ecologista del film: l'importanza di vivere in armonia con l'ambiente, senza cercare di dominarlo.
L'Immaginario Vegetale come Forza Creativa
L'introduzione della vegetazione come elemento essenziale nelle trame cinematografiche non è solo una scelta estetica, ma una riflessione sul nostro rapporto con la Terra. Nel corso degli anni, numerosi registi hanno scelto di esplorare la vegetazione come una forza creativa in grado di suscitare emozioni profonde. Ogni pianta, fiore e albero ha un significato, una storia da raccontare, una connessione con il nostro essere.
Film come Jumanji (1995) e The Secret Life of Plants (1979) sono esempi di come la natura, lontana dall'essere un semplice elemento di sfondo, possa diventare protagonista. Le piante, in questi contesti, acquisiscono una potenza che va ben oltre la loro bellezza visiva: diventano simboli di crescita, di mistero, di pericolo, e talvolta di salvezza.
Il futuro del cinema vegetale è ricco di possibilità. Con la crescente consapevolezza ecologica e l'avanzamento delle tecnologie digitali, possiamo aspettarci di vedere sempre più film in cui la natura non è solo un luogo da esplorare, ma un attore principale nel racconto della condizione umana. Il messaggio che emerge da questi film è chiaro: dobbiamo rispettare, curare e celebrare la natura, non solo come risorsa, ma come una forza viva con cui dobbiamo imparare a convivere in equilibrio.
AnneClaire Budin