IL VIVAISTA VIGNOLI: «ALBERI IN FORMA PREDETERMINATA» PER RIDURRE LE POTATURE
- Lorenzo Sandiford

A Murabilia, alla conferenza su “Verde e città” di Salomoni del 6 settembre, la proposta del vivaista pistoiese Francesco Vignoli per ridurre la necessità di potature nelle città: «usiamo alberi di varietà a forma predeterminata e a crescita contenuta, come fanno spesso in Nord Europa».
La necessità, in generale, di un’interazione fra vivai e paesaggisti improntata alla circolarità, in modo da soddisfare meglio le esigenze di chi il verde urbano lo deve finanziare e gestire. E, in particolare, l’idea di utilizzare, come già fanno spesso in Nord Europa, piante di varietà a forma predeterminata e a crescita contenuta, per eliminare o almeno ridurre drasticamente le costose potature, che spesso si traducono in brutte capitozzature.
Questa la doppia proposta lanciata il 6 settembre da Francesco Vignoli, importante vivaista del Distretto di Pistoia, già membro del direttivo dell’Associazione Vivaisti Italiani, conosciuto fra l’altro per il suo lavoro sulle giovani piante e sugli innesti e per essere uno dei massimi esperti di glicine, a margine della conferenza su “Verde e città” di Maria Teresa Salomoni nella seconda giornata di Murabilia 2025 sulle Mura di Lucca. Una doppia proposta già raccolta da Salomoni nell’intervista che ci ha concesso subito dopo la conferenza (vedi:https://floraviva.it/news/interviste/7739-alomoni-verde-urbano-citta-sostenibili.html ), ma che abbiamo approfondito in quell’occasione con Vignoli stesso.
Lei ha detto che il rapporto fra vivaisti e paesaggisti deve essere un po’ rivisto: non più lineare ma circolare. Mi può spiegare questo concetto?
«Il concetto è abbastanza semplice. Io sono un vivaista che è specializzato nella riproduzione di giovani piante. Quindi devo fare delle scelte. Le piante sono tantissime e devo scegliere alcune o dei gruppi da riprodurre. Poi queste piante dal mio vivaio andranno in vivai che le faranno crescere sempre di più e nella filiera, piano a piano, arriveranno a un paesaggista, che le dovrà utilizzare. Magari il paesaggista si trova disponibile nei vivai tutta una serie di piante, ma che non sono quelle che cercava, che voleva per varietà, per misure, per potature o per come sono fatte. Allora è importante che chi inizia la filiera, in questo caso io o i miei colleghi, e chi è in fondo alla filiera non siano in una linea retta in cui non ci si conosce, ma che siano in un cerchio in cui l'inizio e la fine si dovrebbero toccare, perché loro dovrebbero dire quali sono le tendenze, quali sono i loro problemi - che diventano sempre più ampi - e arrivare a chi produce perché si adegui un po' a quello che sarà il consumo finale».
Proprio a questo proposito, lei ha fatto un esempio di un problema che si potrebbe evitare o limitare con tale impostazione, cioè l'eccessivo bisogno di potature nelle città, che poi portano anche a cattive potature (le capitozzature) per risparmiare. Lei ha detto che partendo in un certo modo dalla giovane pianta si può in parte risolvere questa problematica. In che senso?
«Questo è un sistema, diciamo, abbastanza recente, di pochi decenni, e che però si sta sviluppando sempre di più, soprattutto all'estero purtroppo. Consiste nell’ottenere in vivaio delle piante, degli alberi - perché si parla di alberature – “a forma predeterminata”. Cioè molte specie di alberi (parlo di aceri, carpini, faggi, querce ecc.) oggi hanno una loro forma nana o forma globosa, cioè una forma a portamento contenuto. Se si prende questa pianta, questa varietà a portamento contenuto e la si innesta a due metri, due metri e mezzo…»
…già in fase di produzione di giovane pianta…
«… in fase di produzione, cioè il portinnesto è un tronco di un albero (di un acero, di un faggio, di quello che vogliamo) ma in testa ci si innesta questa varietà a forma predeterminata. Quindi verrà fuori un albero che ha già la sua forma e che non avrà soprattutto bisogno di cure successive, o manutenzioni come impropriamente si chiamano. La differenza è sostanziale, perché prima di tutto di queste piante si conosce quale sarà la dimensione finale, quando la pianta sarà cresciuta dopo vent'anni, che potrà essere tre metri, cinque metri, sei metri. Questo dà al paesaggista la facoltà di decidere le distanze ottimali fra una pianta e un'altra, cosa che è quasi impossibile con le piante di grande crescita. In più si evitano soprattutto quelle potature drastiche che vanno a finire sempre in polemiche sui giornali, le famose capitozzature, la formazione di attaccapanni, come qualcuno le chiama. Si elimina completamente questo problema. Bisognerebbe che anche in Italia si affermasse un po' questo concetto che all'estero è già sviluppato».
Ha fatto un esempio di applicazione di questo approccio al verde urbano.
«Faccio sempre questo esempio. Un sindaco decide di fare un viale, questo viale viene fatto con i platani, la pianta classica per i viali. È una pianta che da giovane ha un prezzo molto modesto, si pianta, cresce rapidamente e nel giro di pochi anni il viale diventa normale, bello. Il problema è che quel sindaco che lo fa si fa onore, si dice: “guarda il bel viale che ha fatto il sindaco”. Però tre o quattro sindaci dopo viene fuori il problema: questi platani sono diventati enormi, da una parte i rami entrano nelle finestre di qualcuno e il proprietario brontola, dalla parte della strada impedisce addirittura la circolazione, e quindi bisogna fare una potatura. Come si fanno le potature dei platani? Con le motoseghe. E che cosa si fa con le motoseghe? Non è mai una potatura, è qualcosa che distrugge la pianta. Tutto questo, queste potature grandi, costano tantissimo, costano più della piantagione del viale. E dopo vent'anni vanno ripetute un'altra volta e dopo altri venti ancora all'infinito. Con questi nuovi sistemi di uso delle piante a crescita contenuta, tutto questo si evita».
Lorenzo Sandiford