DAI ROTTAMI AL RINASCIMENTO VERDE: PETER LATZ E I PAESAGGI RIGENERATI
- Andrea Vitali
Il paesaggista tedesco Peter Latz trasforma siti industriali dismessi in giardini vivi. Tra memoria, piante e architettura, il verde diventa testimonianza.
Il Professor Peter Latz, nato nel 1939 nella Germania del dopoguerra, non è un vivaista nel senso tradizionale. Ma se il mestiere di chi coltiva è far crescere la vita dove sembrava impossibile, allora lui è tra i più visionari. Latz coltiva paesaggi: contaminati, feriti, dimenticati.

E li restituisce alla comunità come giardini pulsanti, spazi ibridi di natura e memoria. Formatosi come paesaggista, ha fondato il proprio studio e insegnato in tutto il mondo (anche ad Harvard), ma è nel cuore d’Europa — in Germania, Italia, Israele — che ha lasciato il segno.

Il suo approccio si basa su una conoscenza profonda delle piante e su un rispetto assoluto per i processi naturali: l’erosione, la crescita spontanea, l’adattamento.

Due dei suoi progetti più noti sono diventati casi studio internazionali: Duisburg Nord e Parco Dora a Torino. Nel primo, un’acciaieria di 200 ettari è stata trasformata in un parco urbano multifunzionale.

Non sono stati rimossi i ruderi, ma valorizzati. Alcuni serbatoi sono diventati piscine per sub, silos arrugginiti ospitano arrampicate, e oltre 700 specie vegetali convivono con strutture d’acciaio, pergolati, palchi per concerti.

“Ogni rovina racconta una storia”, dice Latz. E ogni pianta, in quel contesto, è scelta con cura: non solo ornamentale, ma significativa.

Anche a Torino, nel Parco Dora, Latz ha lavorato sul paesaggio postindustriale. L’ex stabilimento Fiat e la fabbrica Michelin sono oggi un “giardino del ferro”: viali, pergole, giochi d’acqua e alberi piantati secondo le geometrie delle vecchie strutture.

Qui, come altrove, Latz rifiuta l’Arcadia da cartolina: “Preferisco la natura quotidiana, imperfetta, ma vera”. Il suo linguaggio attinge alla tradizione italiana del giardino rinascimentale, ma lo traduce in spazi per la collettività urbana.

Usa piante autoctone, ma anche rose, erbacee, arbusti con fioriture scalari. Non per decorare, ma per raccontare il tempo. Il giardino è una narrazione.

Latz lavora anche con la temporaneità. In molti progetti ha previsto piantagioni provvisorie che accompagnano la crescita delle essenze definitive, offrendo sempre biodiversità e bellezza in transizione.

La sua idea di paesaggio è viva, mutante, permeata da una tensione ecologica e culturale.

Dove c’erano veleni, crescono piante. Dove c’erano lamiere, camminano famiglie. Dove tutto sembrava finito, Peter Latz pianta un inizio.


AnneClaire Budin – Floraviva
© Floraviva – riproduzione riservata | 28 dicembre 2025