IL PAESAGGISTA: DIANA BALMORI. VISIONARIA UMANISTA DEL PAESAGGIO

AnneClaire Budin
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Una biografia cosmopolita e un pensiero pionieristico per ripensare gli spazi pubblici in chiave ecologica e culturale.

Diana Balmori non è stata solo una progettista: è stata un’esploratrice. Dello spazio, del linguaggio, della città e della natura. Nata a Gijón, in Spagna, nel 1932, ha vissuto l’infanzia tra l’Europa e il Sud America: prima in Inghilterra, poi in Argentina, dove la sua famiglia si trasferì definitivamente. Figlia di due intellettuali – la madre, Dorothy Ling, musicista e musicologa inglese; il padre, Clemente Hernando Balmori, esperto di linguistica – Diana crebbe in un ambiente colto e stimolante. Studiava pianoforte, cantava, danzava, e fin da piccola fu incoraggiata a esplorare tutte le forme espressive. Questo spirito multidisciplinare non l’avrebbe mai abbandonata.
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Nel 1952 si trasferisce negli Stati Uniti con il marito, l’architetto César Pelli. Inizia il suo percorso accademico nel campo della storia urbana, conseguendo un dottorato alla UCLA. Ma è nell’osservazione e nello studio dello spazio pubblico che nasce la sua vera vocazione: il paesaggio come medium culturale, sociale ed ecologico.
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Nel 1980 fonda il dipartimento di paesaggio all’interno dello studio di Pelli, e nel 1990 apre a New York il suo studio: Balmori Associates. Qui sperimenta una nuova idea di paesaggio urbano, fluido e aperto, capace di collegare architettura, ecologia e uso collettivo. Nel 2006 fonda BAL/LABs, laboratorio di ricerca interna che indaga temi come le isole galleggianti, i tetti verdi, le città a rifiuti zero, i paesaggi temporanei.
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Diana Balmori è stata una pioniera nel promuovere l’idea del "paesaggio come processo", non più semplice imitazione della natura, ma risposta dinamica a sistemi ecologici, climatici e sociali. Emblematica la sua attenzione alla "quinta facciata": quell’immenso territorio urbano rappresentato dai tetti, da trasformare in spazi pubblici e produttivi. Le sue coperture verdi hanno influenzato la progettazione urbana contemporanea.
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Tra i progetti più significativi, il masterplan di Sejong City in Corea del Sud: una città integrata nel paesaggio, con parchi sui tetti e una forte continuità tra spazi naturali e costruiti. Ma Diana ha lasciato il segno anche attraverso collaborazioni con artisti e architetti, tra cui Nancy Holt e Robert Smithson (Floating Island, 2005), e grazie all’insegnamento a Yale, dove ha formato generazioni di paesaggisti e urbanisti.
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Scriveva: “Il paesaggio può essere come la poesia, altamente suggestivo e aperto a molteplici interpretazioni.” La sua eredità non è solo nei progetti, ma in un modo nuovo di pensare lo spazio: come incontro tra scienza, arte e partecipazione.
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AnneClarie Budin