PAC 2028–2034: LA UE TAGLIA IL REDDITO AGRICOLO. I BUOI SONO GIÀ SCAPPATI?
- Andrea Vitali
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in Editoriali

La Commissione UE propone 31 miliardi all’Italia per il reddito agricolo. Un taglio netto, proprio mentre si riscopre l’agricoltura come leva ambientale, sociale e generazionale.
La nuova proposta della Commissione europea per la PAC post-2027 riduce drasticamente le risorse destinate al sostegno al reddito agricolo. All’Italia toccherebbero appena 31 miliardi di euro nel periodo 2028–2034, contro i 37 miliardi dell’attuale programmazione, con una perdita stimata del 16% nominale e fino al 22% reale.
Un taglio che riguarda il pilastro storico della Politica Agricola Comune — i pagamenti diretti — proprio mentre si moltiplicano i segnali di una rinnovata attenzione pubblica, politica e imprenditoriale verso il settore primario. I giovani tornano all’agricoltura, le imprese si orientano alla biodiversità e alla resilienza climatica, le filiere produttive cercano radici territoriali e sostenibilità integrata. Eppure, l’UE sembra arretrare proprio sul fronte della garanzia economica di base per chi coltiva e presidia il territorio.
Le giustificazioni della Commissione parlano di “riorganizzazione del bilancio”, di “flessibilità strategica” e di “integrazione con altri fondi europei”, ma nei fatti l’unico stanziamento vincolato e certo è quello dei 300 miliardi a livello UE, di cui 31 per l’Italia. Il resto — i fondi “non ring-fenced” dei Piani di Partenariato — dipenderà dalla volontà politica degli Stati membri e dalla competizione con altri settori.
Le associazioni di categoria italiane hanno espresso dissenso, pur con sfumature diverse. CIA-Agricoltori Italiani ha parlato di «taglio inaccettabile» e ha chiesto una svolta in sede comunitaria per salvaguardare redditi, coesione e presidio territoriale. Confagricoltura, con una visione più strutturale, ha rigettato la proposta nel suo complesso, evidenziando il rischio di rinazionalizzazione delle politiche. Coldiretti ha definito la manovra un «disastro annunciato», senza però indicare una strategia d’opposizione precisa. A livello europeo, Copa‑Cogeca – che rappresenta agricoltori e cooperative dell’Unione – si è mobilitata contro l’idea di un fondo unico per la PAC, denunciando che una simile scelta comprometterebbe il carattere “comune” della politica agricola. Ha promosso la petizione No Security Without CAP, chiedendo un bilancio autonomo indicizzato, il mantenimento della “C” e della struttura a due pilastri, e che nessuna riforma venga avviata senza risorse certe.
In questo contesto, emerge un interrogativo di fondo: può l’Europa tagliare il sostegno al reddito proprio nel momento in cui afferma di voler rafforzare la transizione agroecologica, la vitalità delle aree interne e il ruolo multifunzionale dell’agricoltura?
La PAC, nata come leva strategica per la stabilità economica e sociale dell’Europa rurale, rischia di essere svuotata proprio nella sua funzione più essenziale. Il sistema agricolo italiano, articolato in una pluralità di modelli — dalle filiere agroalimentari, con i comparti cerealicolo, vitivinicolo, olivicolo-oleario, ortofrutticolo, lattiero-caseario, zootecnico, forestale, ittico e florovivaistico — ha bisogno non solo di visione, ma di strumenti concreti per garantire reddito, innovazione e continuità generazionale.
Colpisce, infine, l’assenza di un impianto realmente incentivante: sarebbe stato logico — e utile — introdurre un sistema che, a fronte di progetti con requisiti chiari legati a parametri ambientali, sociali, tecnologici e territoriali, potesse garantire una base minima di 31 miliardi, fino ad arrivare, per chi rispetta tali criteri, anche al doppio delle risorse. Un’occasione mancata per premiare la qualità, la visione e il futuro del primario europeo.
Come spesso accade, ci si muove solo quando i buoi sono già scappati. E a quel punto, mettiamo in marcia i trattori. Ma la politica agricola non si difende con cortei postumi: servono visione e coesione, prima che sia troppo tardi.
Andrea Vitali