Spunti sul ricambio generazionale nelle imprese familiari

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In primo piano al Memorial Vannucci  2022 a Pistoia, sia nell’intervento di Emanuele Sacerdote che nell’intervista di Luca Telese ad Albiera Antinori, il tema del buon ricambio generazionale nelle imprese familiari (agricole e non solo). Sacerdote: il rapporto fra senior e junior da top-down a top-to-top. Antinori sulla presenza simultanea di 3 generazioni in azienda, sulla scelta del trust, sulla possibilità di accogliere in azienda le differenti vocazioni individuali e sui percorsi di carriera pianificati coi consulenti.

Il tema sempreverde del buon passaggio di testimone da padri a figli in seno alle imprese familiari, agricole e non solo, in evidenza all’ultimo Memorial Vannucci, tenutosi al Pistoia Nursery Campus sabato scorso. È stato il filo rosso dell’intervista di Luca Telese ad Albiera Antinori, presidente di Marchesi Antinori, impresa leader del settore vitivinicolo, ma è emerso con forza anche nella relazione introduttiva dello scrittore e imprenditore Emanuele Sacerdote del 9° Forum “Grandi imprese familiari italiane”, su cui era centrata la prima parte del Memorial Vannucci. Alla quale sono intervenuti, sempre intervistati da Telese, due imprenditori che hanno saputo fare innovazione quali Enrico Loccioni e Gianfausto Ferrari.
Ma il tema è in parte affiorato anche nel saluto iniziale del “padrone di casa” Vannino Vannucci, titolare della principale azienda del Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia. Il quale ha ricordato che dai suoi genitori Franca e Moreno Vannucci, che insieme al nonno Vannino hanno dato vita alla Vannucci Piante e ai quali è intitolato il Memorial, «abbiamo ereditato molto» io e mia sorella Monica. «Abbiamo ereditato un’azienda sana e solida – ha proseguito Vannino Vannucci - ma soprattutto valori che quotidianamente cerchiamo di estendere a tutti i nostri collaboratori. Su questi valori di “famiglia”, onestà, umiltà e sincerità, abbiamo sempre basato le nostre scelte e fino ad ora non ce ne siamo mai pentiti». E ciò senza rinunciare ad allargare lo sguardo a una dimensione che va oltre i confini familiari e abbracciando la dimensione della “comunità aziendale” olivettiana, che «significa partecipare ad un percorso di crescita, dove sono coinvolti i dipendenti, i collaboratori, i gruppi di lavoro, i fornitori ed anche le rispettive famiglie» e a cui «sono chiamate a partecipare anche le istituzioni, le associazioni e le organizzazioni di vario tipo».
Ma che cosa ha detto Emanuele Sacerdote, fondatore della boutique di consulenza strategica Soulside, sul ricambio generazionale nel suo discorso dedicato ai concetti di «family business e futuro»? Il punto chiave per Sacerdote, che è stato invitato al Forum anche in quanto autore di un suo libro proprio sui passaggi generazionali intitolato Il futuro erede – conversazione sulla continuità dell’azienda familiare (Il Sole 24 Ore 2022), è stato ben espresso parlando della questione fondamentale delle «prossime generazioni». Per Sacerdote deve cambiare «il rapporto che c’è fra i senior e i junior» nelle aziende familiari. «Oggi questo rapporto – ha detto – è un rapporto top-down: i senior dicono ai junior più o meno quello che devono fare. In futuro ci dovrà essere un rapporto più livellato, un rapporto di top-to-top. E questo sostanzialmente appagherà quello che è il cambiamento inevitabile di un passaggio generazionale, perché, sembra banale da dire, se non c’è un passaggio generazionale l’azienda non continua. E quindi nella logica della capacità dell’azienda italiana di essere molto longeva questo sarà un fattore molto importante».
Di passaggi generazionali e longevità se ne intende la famiglia Antinori, la cui storia nel settore del vino risale al 1385, ha ricordato Luca Telese, ma quella familiare risale «ad ancora un po’ prima, al 1180», come puntualizzato da Albiera Antinori, ospite d’onore e vincitrice del premio principale del Memorial Vannucci 2022. «Io rappresento la 26esima generazione – ha aggiunto la presidente di Marchesi Antinori – e oggi abbiamo tre generazioni che lavorano in azienda: quella di mio padre, che ha 84 anni, quella nostra, siamo tre sorelle, e quella dei ragazzi che stanno piano piano entrando in azienda ora. È molto bella questa cosa delle tre generazioni insieme, perché i nonni passano ai nipoti qualcosa che i genitori fanno più fatica a trasmettere. Sono dinamiche interessanti. E poi c’è tanto da fare per cui è bene che incomincino a correre in giro per il mondo ad aiutare quelli che incominciano ad essere un pochino più stanchi».



Per Telese la famiglia Antinori «è l’archetipo del modo in cui una famiglia si può rinnovare ed evitare quel difetto che hanno spesso alcune famiglie, che perdono la scintilla». Un primo aspetto, ha sottolineato il giornalista, è questo appena descritto della «simultaneità» e «trasmissione della memoria per via diretta». Un altro è «la continua volontà di fare il salto evolutivo». E da questo punto di vista un’altra data importante è il 1971, quando si incominciò a produrre un vino diverso: «un vino adatto al gusto del tempo». Il riferimento è al Tignanello, che è stato il primo Sangiovese ad essere affinato in barriques, il primo vino rosso moderno assemblato con varietà non tradizionali (quali il Cabernet), e tra i primi vini rossi nel Chianti Classico a non usare uve bianche.
Ma, tornando alla trasmissione familiare dei valori aziendali, Albiera Antinori ha risposto a Telese che la prima volta che ha percepito qualcosa del genere è stato a 6 anni. «Le parole famiglia e azienda – ha spiegato – sono molto mescolate per me. I valori ti vengono trasmessi fin da piccolo e senza pensare al fatto che poi il figlio andrà in azienda. Sono dei fondamenti che fanno parte dell’educazione che poi si trasformano in temi più aziendali». E quale è il primo di questi insegnamenti? «Che tu riceverai questa terra – ha risposto – ma che non sarà mai tua, che dovrai occupartene, migliorarla e soprattutto passarla alla generazione successiva, che nel frattempo deve essere formata».
Ma, ha chiesto Telese, non c’è il rischio di essere schiacciati da questi padri forti, potenti capitani d’industria? Avere un uomo di 84 anni che ancora oggi tutti i giorni va in azienda e comanda come si fa? «Assolutamente sì – dice Albiera Antinori – ci rimette in riga tutti i giorni guardando con attenzione quello che succede… Come si fa? Sono delle dinamiche che si devono digerire. Noi siamo tre femmine, quindi abbiamo avuto il vantaggio di non avere un prescelto per principio, abbiamo avuto la possibilità come donne di metterci in gioco, lavorare e portare il nostro contributo. Ogni generazione porta il suo contributo, che non può e non deve essere uguale a quella precedente. Ma bisogna avere chiaro dove l’azienda deve andare a lungo termine, l’obiettivo deve essere chiaro e tutti devono lavorare in quella direzione».
Ma, ha spiegato Telese, non c’è solo trasmissione ereditaria di conoscenze e valori, perché la famiglia Antinori a un certo punto ha deciso di creare una struttura in grado di garantire la prosecuzione della missione, se fosse necessario, anche contro i desideri della famiglia: vale a dire un trust che stabilisce la missione per i prossimi anni. «Questo – ha chiosato Telese - è stato davvero un salto di modernità incredibile. Come ci siete arrivati?». Nel 2012, ha risposto Albiera Antinori, in contemporanea con l’inaugurazione della cantina innovativa del Bargino, che apriva le porte ai visitatori di tutto il mondo con una nuova formula, «ci siamo posti il problema, o meglio il ragionamento, di come fare per essere sicuri che la direzione, la solidità e tutti quei valori non potessero essere messi in discussione. Abbiamo scelto, dopo lunghe riflessioni, la formula del trust, un trust a 90 anni appunto. Una scelta forte, perché per una famiglia di lunga tradizione, latina, lo spossessarsi completamente… è stata presa in un momento in cui non avevamo bisogno di prenderla e più facile perché eravamo noi tre e i ragazzi erano giovani e quindi sono cresciuti sapendo che così era. Ma la cosa che ci ha permesso di prendere questa decisione è il senso di stewardship che si diceva prima. Siamo cresciuti sapendo che così doveva essere: prendo, miglioro e passo, e il trust ha anche questa funzione».
Altro aspetto delicato posto da Telese è quello della libertà dei figli, che magari desiderano fare qualche altra cosa. «Le aziende familiari – ha detto Albiera Antinori – se impostate in un certo modo hanno la possibilità di prendere le passioni e le caratteristiche particolari dei membri che ci lavorano dentro e metterle ad uso dell’azienda. Quindi, faccio un esempio, a me è sempre piaciuta l’architettura e l’arte contemporanea e negli ultimi 15 anni abbiamo costruito mi sembra 11 o 12 cantine, alcune molto innovative» e sostenibili.
con l’ultima generazione, i giovani di 20, 30 anni, così diversi da voi e appartenenti all’epoca digitale, come viene gestito il rapporto? «Hanno tra i 25 e 29 anni – ha spiegato la presidente di Marchesi Antinori -. Sull’inserimento dei giovani in azienda ci sono molte teorie e ogni famiglia deve trovare la sua strada. Sono andati a studiare fuori, hanno lavorato fuori. Noi abbiamo come regola che almeno 2 anni o 3 devono poter lavorare fuori in aziende che non sono legate alla nostra famiglia. Quindi hanno fatto la loro esperienza». Una figlia si occupa di viticoltura ed enologia, un altro figlio di marketing in un’azienda familiare in Cile, e il figlio di una sorella ha studiato a Milano e ora si occupa della parte logistica. «Piano piano entrano – ha aggiunto -. Abbiamo fatto tutto uno studio, un percorso con loro, con dei consulenti ovviamente, di condivisione sulle strade da percorrere. Loro sono una generazione che vogliono avere chiaro dove si va, non è più: entro e boh, si vede che succede. Adesso ognuno sa quale è il suo percorso. Poi, saranno in grado di farlo? Hanno dei percorsi di valutazione e si prova. La formula perfetta non c’è mai. Però ci sono delle buone chance di avere un buon team di ragazzi entusiasti, perché è fantastico vedere l’energia e l’approccio al mondo basato anche sul digitale. Sono veloci, sono sensibili, sono giramondo. Quindi è bello ed entusiasmante. Ed è bello che ci sia anche mio padre, come generazione di esperienza, di tranquillità e solidità, che dà le dritte nei momenti difficili».
L’intervista di Telese si è conclusa con la seguente domanda finale: l’impresa familiare, di tradizione artigianale, ha una possibilità di competere nel mondo moderno, diciamo nei prossimi 100 anni? «Io penso di sì – ha risposto Albiera Antinori - perché l’artigianalità, la coltivazione della terra, sono valori fondamentali… il mondo è globale ma nello stesso tempo è sempre più attento alle nicchie e al locale. Quindi le chance ci sono e valori come questi, soprattutto nella nostra regione ma in tutta Italia, sono degli asset che non sono nemmeno misurabili. Quindi credo che abbiamo un futuro roseo a patto che ci organizziamo, studiamo, innoviamo e continuiamo a rimanere solidi sulla strada della qualità».

Lorenzo Sandiford