Cia: proposte “Per il rilancio della floricoltura in Toscana”

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Più risorse specifiche per il settore nel Psr e Piani integrati di filiera meglio calibrati, impianti di riscaldamento a biomasse legnose, meno adempimenti burocratici frammentati sulle serre, più servizi ai produttori per favorirne l’accesso al mercato e innovazione di prodotto: sono alcune delle ricette emerse all’incontro di ieri a Viareggio, in cui non si è parlato solo dei due mercati dei fiori ed è stato annunciato il primo caso di rete d’impresa agroalimentare vincitrice di un Pif.

«Bisogna intervenire per rilanciare la produzione, quindi bisogna fare in modo che le imprese che vogliono fare floricoltura siano sostenute sia dal punto di vista dell’intervento pubblico attraverso le risorse del Piano di sviluppo rurale (Psr) sia attraverso quelle iniziative di miglioramento della conduzione aziendale (rinnovare le serre, introdurre fonti alternative per il riscaldamento) che possono rendere competitivo il prodotto che esce dall’azienda, a costi sostenibili. Legata a questo c’è la necessità che il nuovo Psr tenga conto delle peculiarità della produzione floricola e della situazione del settore floricolo prevedendo anche risorse specifiche delegate al settore magari attraverso anche la definizione dei nuovi Piani integrati di filiera (Pif) che sicuramente stanno dando una risposta positiva a tutta l’agricoltura toscana».
Lo ha dichiarato Giordano Pascucci, presidente di Cia Toscana, al termine dell’incontro con alcuni dei principali soggetti del comparto dei fiori organizzato ieri a Viareggio, al palazzo delle Muse, dalla sua organizzazione di rappresentanza degli agricoltori per fare il punto sulla situazione di crisi e sulle prospettive di rilancio. Un incontro, moderato dal vicepresidente Sandro Orlandini, a cui sono intervenuti l’assessore regionale all’agricoltura Gianni Salvadori e il presidente del Distretto floricolo interprovinciale Lucca-Pistoia Marco Carmazzi (vedi nostra breve di ieri “Per il distretto floricolo mercato unico e strada dei fiori”) e nel quale è stato presentato il documento “Per il rilancio della floricoltura in Toscana” del Gruppo di interesse economico (Gie) di settore della Cia che è incentrato su una strategia settoriale con due parole d’ordine: abbattimento dei costi di produzione e più servizi per l’accesso al mercato; che implicano fra l’altro «nuove forme di approvvigionamento energetico», meno «bizantinismi» burocratici nella gestione delle serre (con regole urbanistiche diverse fra Comuni confinanti), una riorganizzazione unitaria della logistica e dei mercati dei fiori e nuove forme di aggregazione fra i produttori. Dopo la presentazione da parte del presidente di Cia Lucca Piero Tartagni e di Adelmo Fantozzi, si è aperto un animato dibattito nel quale sono intervenuti fra gli altri l’assessore all’agricoltura del Comune di Camaiore, il sindaco di Pescia, il direttore di Flora Toscana, il presidente della Commissione del mercato dei fiori di Viareggio e il coordinatore del Gie sulla floricoltura di Cia.   
Aprendo i lavori, Sandro Orlandini ha detto che «la floricoltura pone delle questioni molto più complesse del problema del mercato unico dei fiori» e che «se la Versilia e la Valdinievole riescono ad operare in un’ottica di sistema forse usciremo bene dalla crisi insieme». Ad ogni modo, «guardando al settore in prospettiva», Orlandini ha richiamato quanto sostenuto più estesamente nel documento di Cia e cioè che «la collocazione dei mercati e le loro strutture fisiche sono solo un aspetto e forse neanche il più importante» ed è necessario «un sistema unico di mercati funzionale, in grado di garantire i servizi essenziali, logistici in primo luogo» e «viste le tipologie produttive e il territorio coinvolto, il mercato unico potrebbe essere articolato su più piattaforme».
Orlandini ha toccato anche l’argomento dell’abbattimento dei costi di riscaldamento delle serre, suggerendo una via che coinvolge il distretto del legno: gli impianti di riscaldamento che usano come biomassa il cippato. Ha fatto l’esempio di un produttore floricolo di Pescia che ha sostituito nelle sue serre una caldaia da 600 chilowatt a gasolio con una da 400 chilowatt a cippato investendo circa 200 mila euro e da qualche anno si rifornisce di «cippato vergine proveniente dai boschi locali» (a circa 20 km di distanza, quindi in logica di filiera corta). Ebbene, da una spesa annua media per il riscaldamento di 71 mila euro è passato a 31 mila euro, per cui in cinque anni avrà recuperato l’investimento iniziale e in 25 anni avrà risparmiato 1 milione di euro circa, senza considerare i benefici per il territorio del lavoro di manutenzione dei boschi. Formula positiva anche dal lato delle aziende boschive che con un prezzo di circa 80 euro a tonnellata di cippato (di media qualità) – in linea con il recente accordo di filiera siglato fra associazioni di categoria e Regione Toscanaconsente una buona remunerazione anche del loro lavoro. E, precisa Orlandini, «non c’è il problema che se tutti si andasse a cippato mancherebbe il materiale»: no, non ci sarebbero problemi di approvvigionamento, perché al livello del prelievo attuale, c’è abbondanza di materiale ed è più la ricrescita spontanea annua rispetto a quanta ne viene utilizzata.
Fra gli intervenuti, l’assessore all’agricoltura di Camaiore, Davide Dalle Mura, che ha osservato che le 304 aziende del suo territorio non raggiungono l’ettaro e che hanno bisogno soprattutto di aiuto nell’accesso al credito e di semplificazione degli adempimenti relativi alle serre. Dalle Mura ha aggiunto che il Comune sta lavorando a un marchio di qualità del territorio che punta a biologico e biodinamica, e che sta mettendo in contatto i produttori agricoli con i ristoratori visto che nei mercati più grandi e nella gdo «vengono strozzati».
Roberta Marchi, sindaco di Pescia nonché floricoltore, ha segnalato fra le «schiaccianti problematiche urbanistiche per i produttori» in particolare «i vincoli idraulici». Poi ha detto che «è vero che non si può pensare solo alla struttura dei mercati dei fiori, però ci sono strutture fatiscenti che non sono adeguate alle esigenze dei produttori. Certo poi conta cosa si offre agli operatori che vanno : servizi logistici eccInfine ha sottolineato l’importanza di «orientare la produzione», dicendo che Flora Toscana lo fa già. Perché, come dimostrano anche i recenti dati sulle vendite per i morti e Tutti i Santi con il buon andamento ad esempio delle rose, ci sono dei cambiamenti nel comportamento dei consumatori che vanno studiati. «Spero si riesca a trovare la sintesi sul mercato unico, perché poi dobbiamo occuparci di questi problemi più importanti».
Il direttore di Flora Toscana, Walter Incerpi, riguardo alla produzione, ha prima rimarcato che «il calo del numero di aziende è fisiologico; quelle che rimangono debbono necessariamente crescere e svilupparsi per competere sul mercato»: è ad esse che bisogna semplificare la vita. Poi ha detto che sono auspicabili nuove forme di collaborazione fra le piccole e medie aziende, perché «quando ci si riesce i risultati si vedono!», citando in seguito la figura del «socio in inserimento» introdotta dalla sua cooperativa che consente una fase di verifica della fattibilità della collaborazione. Infine ha ricordato che «le produzioni dovranno essere sempre più qualificate, standardizzate e caratterizzate. Innovazione di prodotto, di confezionamento e presentazione. Essere in grado di far riconoscere le nostre produzioni sul mercato». Riguardo invece alla questione dei mercati di fiori di Pescia e Viareggio, ha fra l’altro sostenuto che mercati e cooperative fanno attività diverse: «noi ci occupiamo di vendere “al meglio” le produzioni affidateci dai soci, mentre i mercati sono semplicemente luoghi in cui vari operatori si scambiano il prodotto». «L’ente pubblico può fornire gli spazi e regolamentarne l’accesso – ha continuato -. Parlare di altri servizi mi pare fuori luogo e le esperienze fatte in passato a Pescia (asta e vendita per conto) nonché a Sanremo (l’esperienza si sta tristemente concludendo proprio in questi giorni) lo dimostrano». Inoltre ha detto che i due mercati dei fiori «sono punti di distribuzione dove si scambia prodotto senza regole» e con «volumi e il raggio di azione … in lento e progressivo regresso», ma poi ha aggiunto, dopo aver espresso qualche dubbio sulla sostenibilità del pur meritevole progetto di valorizzazione multifunzionale del Comicent, che difficilmente i due territori di Pescia e Viareggio potranno farne a meno e che continueranno a svolgere un ruolo per la clientela di «piccoli distributori, fioristi ed ambulanti»: «io credo che – ha conclusotutto ciò che i due comuni possono fare in questa fase è fornire gli spazi di vendita ai costi più bassi possibili, naturalmente in condizioni di sicurezza e al contempo credo anche che in questi spazi pubblici debba essere assicurato il rispetto delle leggi». Chiudendo il suo intervento Incerpi ha dato la notizia «informale» che il Piano di filiera di Flora Toscana non è risultato «fra quelli finanziabili, piazzandosi al primo posto degli esclusi», ma ha annunciato che, visto che nel futuro «Internet assumerà un ruolo strategico via via crescente», Flora Toscana è fermamente intenzionata a sviluppare la propria piattaforma sul web augurandosi che «la Regione riesca a trovare le economie necessarie».
Il presidente della Commissione del Mercato dei fiori di Viareggio, Cristiano Genovali, ha affermato fra l’altro che lui non fa uscire i dati sulle vendite del mercato, perché non ne esistono di sufficientemente affidabili. Gli unici dati a sua disposizione sono quelli relativi al numero delle aziende (diminuite) e quelli sugli «ettari impiegati» (diminuiti molto di meno). Il che fa pensare che «molte aziende sono state assorbite da altre». Poi ha aggiunto che in un’analisi corretta del mercato dei fiori, alle strutture di Pescia e di Viareggio vanno aggiunte le due grandi cooperative Flora Toscana e FlorExport, tant’è che «molti produttori conferiscono alle cooperative e vanno anche nei mercati».
Franco Menchini, coordinatore del Gie di Cia sulla floricoltura, ha esordito dicendo che «ci vuole un piano di emergenza per non perdere del tutto le produzioni invernali» e che «bisogna riportare la produzione floricola a 12 mesi l’anno, direzionando le aziende verso prodotti che hanno bisogno di meno riscaldamento e trattamenti (altra voce pesante)». In questo modo «forse riporteremo reddito ai produttori». E ciò va bene anche per «le cooperative che vendono nella Gdo». Menchini ha anche messo in luce che le aziende della Valdinievole che riescono ad usufruire del Piano di sviluppo rurale sono una piccolissima percentuale e che le banche non erogano prestiti.
Il presidente del distretto floricolo interprovinciale Lucca – Pistoia, Marco Carmazzi, oltre a quanto riportato ieri, ha ripercorso ciò che è già stato fatto dal distretto sotto la sua presidenza (vedi articolo di Floraviva: Distretto floricolo Lucca-Pistoia), affermando che «il futuro è riappropriarsi di ricerca e innovazione dopo 40 anni in cui siamo stati in mano agli Olandesi arrivando sempre per ultimi alle innovazioni». «E’ finita l’ora – ha detto - di stare nelle serre con la testa nel solco». Poi, sui mercati di Pescia e Viareggio, ha osservato: «si parla di gestione unica dei due mercati, ma circola un’altra voce secondo cui ci vorrebbe un mercato solo, però nessuno ha il coraggio di dirlo».
Ma a “smentirlo” è stato pochi minuti dopo, durante il suo intervento, proprio l’assessore regionale all’agricoltura Gianni Salvadori che, come anticipato ieri, ha pronunciato chiara e forte la parola «mercato unico», dicendo che quella è la strada verso cui si sta andando. Salvadori ha toccato anche tanti altri argomenti, fra cui l’iter decisionale europeo sulla nuova Pac che ha un po’ rallentato, il tentativo di semplificare gli adempimenti relativi alle serre e soprattutto la questione della realizzazione di impianti a biomasse con i residui dei boschi che potranno significare 70 megawatt di energia e 800 posti di lavoro. Infine ha spiegato, riguardo ai problemi burocratici legati all’urbanistica, che si sta discutendo da mesi per introdurre nella normativa urbanistica regionale alcuni articoli riguardanti il territorio rurale toscano, a cominciare da quello in cui si stabilirà che «tutto ciò che non è urbano è rurale».
Dopo la chiusura dei lavori, Giordano Pascucci, alla nostra domanda sul fatto che ancora una volta il settore floricolo non pare essere riuscito ad accedere al sostegno per i Pif, ha risposto «non lo so se c’è un problema strutturale. Io credo che ci sia un problema anche di costruzione del progetto integrato di filiera. Vale a dire su alcune filiere, probabilmente anche questa del fiore, c’è da costruirlo bene il progetto. Però anche qui è una riflessione che bisogna fare: se ci sta riuscendo il sistema vivaistico-ornamentale, dove sono stati presentati diversi progetti (alcuni di questi già finanziati), forse anche il settore floricolo può riuscire a costruire un progetto che vada in questa direzione».
Infine ci ha spiegato meglio quanto annunciato durante il suo intervento conclusivo: la prima rete d’impresa agroalimentare che sia riuscita ad accedere ai finanziamenti del Psr tramite un Pif «che mette insieme 33 imprenditori, che sono singole imprese e cooperative che realizzano diciassette punti vendita per la vendita dei propri prodotti o delle aziende vicine». Si chiama Rete Qualità Toscana e coinvolge aziende di tutto il settore agroalimentare: vino, olio, formaggio, miele, salumi. «Noi crediamo come Cia – ha detto Pascucci - che questa esperienza della rete d’impresa possa essere una esperienza da valutare per mettere insieme progetti, servizi, iniziative, perché offre la possibilità di aggregare i soggetti per realizzare cose molto operative … e ha una flessibilità e una gestione molto semplici».

Lorenzo Sandiford