A ottobre incontro al Mipaaf sul Piano florovivaistico 2017-19

in Servizi


La decisione del viceministro Olivero è stata annunciata il 21 settembre a Flormart dal responsabile del tavolo di filiera del florovivaismo Alberto Manzo. Genovali (Piante e fiori d’Italia): «il numero delle imprese attive è crollato a 13 mila 300, ci vogliono pochi obiettivi con timing precisi e finanziamenti adeguati». Mastrocinque (Cia): «bisogna incentivare il consumo di piante coinvolgendo altri ministeri». Cappellini (Anve): «per troppo tempo siamo rimasti nel cono d’ombra dell’agroalimentare, adesso ci vogliono politiche specifiche per il florovivaismo». Mati (Confagricoltura): «l’inquinamento dell’aria è dovuto anche alla contemporanea senescenza delle alberature ereditate dalle tre fasi storiche di grandi investimenti nel verde pubblico: fine ‘800, ventennio, dopoguerra».  

«E’ una fase di evoluzione: a dicembre terminerà il periodo di applicazione del precedente piano, che non è tutto sorpassato. Come responsabile del tavolo di filiera in questi anni ho fatto il possibile per aiutare un settore forse un po’ trascurato rispetto ad altri. La nostra produzione è eccellente e la esportiamo già nel mondo, ma dobbiamo spingerla di più. Come richiesto dal vice ministro Olivero, stabiliremo un appuntamento ad ottobre. Per raggiungere obiettivi concreti ci vuole unità».
E’ quanto dichiarato ieri da Alberto Manzo, funzionario del Ministero delle politiche agricole esperto di florovivaismo, durante l’incontro sul tema “Il nuovo piano florovivaistico 2017-2019 – Proposte di lavoro in cantiere secondo gli attuali scenari nazionali ed internazionali” che si è tenuto a Flormart, subito dopo l’inaugurazione. All’incontro alcuni esponenti di spicco del settore hanno manifestato le proprie istanze al funzionario ministeriale, visto che il vice ministro Andrea Olivero ha dovuto dare forfait all’ultimo momento
Cristiano Genovali, presidente dell’Associazione nazionale Piante e Fiori d’Italia (e di Coldiretti Lucca), ha prima anticipato il dato shock sul numero delle aziende florovivaistiche realmente attive in Italia, estrapolato da un’indagine che sarà presentata a breve: sono calate a 13.300, da 30 mila che erano quindici anni fa. Unica consolazione, la «fievole inversione di tendenza» dal 2015 a giugno 2016: + 0,4% aziende attive. «Io spero che il nuovo piano – ha poi detto Genovalici dia pochi obiettivi ma con timing precisi e finanziamenti adeguati, perché è impensabile che questo settore non riceva mai niente». Sulla questione dell’unità fra i soggetti del settore Genovali ha detto che «fiori recisi, piante fiorite in vaso, alberature primarie è difficile metterli insieme, ma è indispensabile».
«Ci sono delle criticità su cui bisogna ragionare – ha esordito Alessandro Mastrocinque, vicepresidente nazionale di Cia -. Abbiamo un’ottima penetrazione sui mercati esteri, ma va male il mercato interno e forse bisognerà incentivare il consumo di piante». «Dobbiamo puntare con forza sul verde – ha continuato – perché è un vantaggio per gli operatori del settore ma anche un’esigenza di tutta la società. A Manzo dico che nel nuovo piano nazionale florovivaistico dobbiamo coinvolgere anche altri ministeri: ambiente, sviluppo economico e sanità». Inoltre, ha osservato Mastrocinque, «un tempo il ministero faceva delle statistiche: se non abbiamo i numeri sotto mano, è difficile fare delle strategie». «Dobbiamo ragionare in maniera più strutturata con le regioni – ha concluso – perché nei meccanismi dei Psr ci sono spesso punteggi che impediscono di accedere ai finanziamenti alla piccole imprese agricole, ci vuole un lavoro di sburocratizzazione accompagnato da sostegni economici».
Per Francesco Mati, responsabile nazionale florovivaismo di Confagricoltura, nonché presidente del distretto vivaistico ornamentale di Pistoia, il principale a livello europeo, ha chiesto di «immaginare qualcosa di nuovo rispetto al precedente Piano nazionale florovivaistico». I risultati ottenuti con esso, ad esempio sui codici doganali, sono «importanti a livello comunitario, ma incidono poco sulle economie di scala delle aziende del settore». Ora, ha affermato Mati, «dobbiamo occuparci dei temi di cui si occupa la stampa non specializzata: le malattie e morti per l’inquinamento dell’aria anche per colpa della senescenza delle alberature pubbliche in Italia. Tutti gli investimenti fatti fra fine ‘800 e inizio ‘900 (soprattutto in platani), nel ventennio fascista (pini) e nel dopoguerra (robinie) stanno raggiungendo contemporaneamente uno stadio di senescenza e quindi stanno venendo a mancare i loro effetti benefici sull’aria». Mati ha concluso sottolineando che il settore si sta muovendo con maggiore coesione da un anno a questa parte con iniziative congiunte su questioni come, ad esempio, le agevolazioni fiscali per gli interventi a verde privati. 
«E’ evidente che siamo a una svolta sia sul florovivaismo che su Flormart» ha affermato Marco Cappellini, presidente dell’Associazione nazionale vivaisti esportatori, alludendo al cambio di gestione alla guida della fiera di Padova e quindi del salone del florovivaismo, giardinaggio e architettura del paesaggio. «Sì, ci sono segnali di unità nel settore – ha continuato Cappellini – ma le questioni da affrontare sono molte: codici doganali, problematiche fitosanitarie e la proliferazione di regole diverse nei Comuni» per gli appalti riguardanti il verde pubblico. «Per troppo tempo – ha dichiarato Cappellini – siamo rimasti nel cono d’ombra dell’agroalimentare, adesso ci vogliono politiche specifiche per il florovivaismo». Cappellini ha poi ricordato il portale Phytoweb, realizzato insieme a Ice (Istituto per il commercio estero) e Mise (Ministero per lo sviluppo economico) e già presentato al tavolo di filiera: «una sorta di contenitore di tutte le normative e problematiche fitosanitarie e doganali extra europee».
Nel tirare le conclusioni, Alberto Manzo ha replicato alle sollecitazioni emerse nell’incontro, rimandando gli approfondimenti al tavolo di filiera di ottobre con il vice ministro Olivero. Ad esempio, ha ricordato che un po’ di risorse sono state date: 6 progetti per un investimento totale di oltre 1 milione e 100 mila euro. Ha poi ammesso le difficoltà a interfacciarsi con alcuni ministeri, alludendo anche al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ma ha evidenziato che «la quota verde negli appalti è intorno all’1 o 2%, questo significa che ci sono carenze oggettive nella natura degli appalti». «Però – ha conclusosono d’accordo: ci vorrebbe una cooperazione interministeriale più incisiva, anche se ad esempio con il Mibact c’è stata collaborazione in vari ambiti». Riguardo alla mancanza di statistiche, Manzo ha detto che quando sono state necessarie, ad esempio per i codici doganali dei ranuncoli, «i dati siamo riusciti a tirarli fuori» e comunque è un problema che riguarda anche l’agroforestale e l’ortofrutta. Infine, riguardo alla necessità di aggregarsi, per Manzo «la parola magica è distretti», ma «la domanda è: funzionano o no i distretti? E analogamente: funzionano o no i mercati di fiori?». 
 
Lorenzo Sandiford