Servizi

L’eco-sostenibilità sostenibile al centro delle politiche agricole della Toscana 

In apertura della 4^ Conferenza regionale dell’agricoltura l’assessora Saccardi ha fatto il punto sul passaggio dalla programmazione 2014-22 alla programmazione 2023-27 ribadendo la centralità della sostenibilità ambientale, ma coniugata con quella economica. Alla tavola rotonda politica De Castro ha accusato la Commissione Europea di non dialogare con gli agricoltori: «i fitofarmaci servono a combattere le malattie, senza percorsi alternativi i nostri chiuderanno e importeremo prodotti meno sostenibili». Alcuni dati sull’agricoltura toscana e gli scenari del settore.

«Abbiamo fatto scelte molto forti in questa regione sulla sostenibilità, soprattutto dal punto di vista ambientale, e questo occuperà anche nella prossima programmazione oltre il 40% dei fondi. Crediamo in questo modo di poter andare nella direzione che l’Europa ci indica, come ci dicevano gli onorevoli De Castro, Laureti e Danti, in questa linea di un’agricoltura sempre più eco-compatibile, ma anche sempre più motore di sviluppo e crescita del territorio. La Toscana è un attore in linea con l’Europa».
Così l’assessora all’agricoltura e vice presidente della Regione Toscana Stefania Saccardi, sentita al termine della prima giornata della “Quarta conferenza regionale dell’agricoltura e dello sviluppo rurale”, in programma da ieri a oggi alla Camera di Commercio di Firenze. Un evento organizzato dalla Regione per fare il punto su ciò che è stato fatto negli ultimi 6 anni nei settori agricolo, agroalimentare, forestale e dello sviluppo rurale e per anticipare le linee strategiche per la futura programmazione dei sostegni previsti dal Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (Feasr) per il periodo 2023-27, cui si aggiungono i fondi nazionali e quelli regionali, per un totale di 749 milioni di euro così suddivisi: 17,79% di fondi regionali, 41,51% di fondi nazionali, 40,70% di fondi europei e, nello specifico, del Feasr.
Conferenza intitolata “Seminare la sostenibilità”, come aveva spiegato nella sua relazione introduttiva la vicepresidente Saccardi, perché «la sostenibilità è la principale sfida che ci pone la programmazione europea 2023-27». Ma quale eco-sostenibilità o eco-compatibilità? Questione non secondaria se pensiamo alle accuse mosse ieri alla Commissione Europea dall’ex ministro delle politiche agricole Paolo De Castro, da tanti anni membro influente della Commissione per l’Agricoltura del Parlamento Europeo, durante il suo intervento alla tavola rotonda “L’agricoltura e l’agroalimentare tra sostenibilità e innovazione”, a cui sono intervenuti anche i suoi colleghi europarlamentari Camilla Laureti e Nicola Danti e l’assessore regionale all’economia Leonardo Marras. De Castro ha accusato infatti la Commissione Europea di aver forzato la mano sulle norme legate al Green Deal senza dialogare con gli agricoltori: «il tema è il modo in cui la Commissione Europea sta gestendo la transizione ecologica non la transizione ecologica in sé», che non si discute, solo che «dobbiamo farla con gli agricoltori». E invece, mentre negli Stati Uniti d’America hanno appena varato un provvedimento che dà «20 miliardi di dollari agli agricoltori anche per la transizione ecologica, noi solo target», per non parlare della «questione dei tempi». In particolare, sul tema scottante della riduzione dei fitofarmaci De Castro ha affermato che il problema non è che gli agricoltori non vogliono ridurre la chimica, ma come deve essere fatta la riduzione. «I fitofarmaci – ha detto - servono a combattere le malattie, senza percorsi alternativi i nostri chiuderanno e importeremo prodotti meno sostenibili. Bisogna creare i percorsi alternativi. Ci sono gli strumenti, ma vanno elaborati». Ad esempio le nuove tecniche genomiche o “Tecniche di Evoluzione Assistita”.
Ebbene, sul tipo di transizione ecologica ed eco-sostenibilità in agricoltura da perseguire, abbiamo chiesto chiarimenti all’assessora Stefania Saccardi dopo la fine dell’incontro, richiamando proprio queste affermazioni critiche di De Castro sulla mancanza di sufficienti misure di accompagnamento per la riduzione dell’uso di fitofarmaci a livello europeo e anche quanto da lei stessa sottolineato durante la sua relazione introduttiva a proposito della «necessaria gradualità» nella riduzione degli input chimici (con un riferimento esplicito positivo a quanto già fatto dal Distretto vivaistico di Pistoia in questo senso con una «riduzione del 50% della chimica», direzione di marcia su cui la Regione insisterà ma «con razionalità e moderazione»).

tavoloconferenzaagricoltura

«Nessuno auspicherebbe un maggior uso della chimica – ci ha risposto la vicepresidente Saccardi -. Tutti siamo qui ad auspicare naturalmente il minor utilizzo possibile di fitofarmaci, ma è chiaro che questa transizione ecologica dovrà avere i suoi tempi e le sue modalità. E soprattutto le imprese dovranno essere accompagnate in questo percorso perché nessuno vuol fare sotto questo profilo uno scelta ideologica, ma una scelta necessitata dalla realtà e dalle condizioni. Quindi da un certo punto di vista bisogna aumentare e sostenere la ricerca e la cosiddetta agricoltura di precisione e dall’altro bisogna accompagnare le aziende verso questa transizione ecologica, che è necessaria ma che deve essere in qualche modo sorretta e sostenibile per le imprese, perché la sostenibilità è anche sostenibilità economica non solo ambientale e quindi bisogna dare una mano a distretti come quello di Pistoia, che è un elemento importante per l’economia e per l’occupazione e per la qualità della nostra regione».

Ma sono stati tantissimi gli argomenti affrontati nel corso della prima giornata della Conferenza regionale dell’agricoltura, sia nella relazione introduttiva dell’assessora Saccardi che nelle relazioni tematiche di scenario, moderate dal direttore del dipartimento “Agricoltura e sviluppo rurale” della Regione Roberto Scalacci, dei presidenti dell’Accademia dei Georgofili Massimo Vincenzini (su una corretta valutazione del bilancio di CO2 in agricoltura) e dell’Ismea Angelo Frascarelli (sull’esigenza di un’agricoltura smart capace di coniugare produttività e sostenibilità agricola tramite l’innovazione), dei direttori dell’Unità di missione Pnrr del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) Marco Lupo (sullo stato di avanzamento delle quattro voci del «Pnrr del Masaf») e di Artea Fabio Cacioli (sui dati dei pagamenti di Artea e sul futuro degli organismi pagatori), di Alessandro Monteleone del Crea – Rete rurale nazionale (su come è strutturato il PSP-Piano strategico della Pac da 36 miliardi di euro approvato lo scorso dicembre), di Sara Turchetti dell’Irpet (su come si è evoluta l’agricoltura toscana dal 2010 al 2020 e sulle sue tendenze) e di Sabina Borgogni dell’Autorità di gestione del Csr Feasr (su come è cambiata la programmazione dello sviluppo rurale della Toscana dal 2017 al 2023).
«Vogliamo uno sviluppo rurale di qualità – ha sottolineato Stefania Saccardi nella sua relazione – e per averlo dobbiamo trovare ulteriori risposte ai bisogni delle imprese, nel rispetto del nostro territorio. A sei anni dalla precedente Conferenza abbiamo davanti nuove criticità: la gestione dell’acqua, il diffondersi delle nuove fonti di energia, l’inquinamento, l’abbandono agricolo e rurale, lo sfruttamento del lavoro agricolo, le pratiche commerciali sleali, le criticità economiche legate anche all’aumento dei costi delle materie prime, alla pandemia, alla guerra in Ucraina. Condividiamo il Green Deal europeo, dobbiamo mettere al centro la salvaguardia dell’ambiente, ma una salvaguardia che passi dalla gestione dell’ambiente e non dall’abbandono. Agricoltura e silvicoltura sono e devono restare i principali alleati nella lotta per la nostra difesa dell’ambiente e del paesaggio, stando attenti a non danneggiare quello che abbiamo per rincorrere generiche affermazioni di principio». 
La Toscana è sulla buona strada sulla via della sostenibilità e della compatibilità ambientale, ha proseguito Saccardi: ha già superato gli obiettivi nazionali del Piano d’azione per l’agricoltura biologica, che mira a raggiungere il target del 25% delle superfici agricole a biologico entro il 2030, e ad oggi in Toscana è attestata al 34%. Ma si può fare ancora di più e vanno utilizzate le risorse della nuova programmazione per proseguire sulla strada tracciata.
Tra i principali interventi realizzati nella prima metà di questa legislatura, Saccardi ha ricordato in particolare proprio il sostegno al biologico, «con 5.907 aziende finanziate nel 2021 per un importo complessivo di € 67.385.329 e 5.892 aziende finanziate nel 2022 per un importo complessivo di € 67.214.276. E il nostro impegno per il biologico continuerà nella programmazione 2023-2027 con 204 mln di euro totali, cifra che auspichiamo possa anche aumentare».
La vicepresidente Saccardi si è soffermata anche sull’importanza strategica del settore vitivinicolo, che ha beneficiato negli ultimi due anni di 59,5 milioni, con  interventi di ristrutturazione e riconversione dei vigneti, il miglioramento delle cantine e la promozione verso i paesi terzi. E ha poi ripercorso i bandi pubblicati dalla Regione negli ultimi anni e le innovazioni portate avanti: dal sostegno all’agricoltura sociale, alla promozione del benessere animale, ai bandi per il rinnovo generazionale o per l’agricoltura di precisione.
«Servono procedure sempre più semplici – ha sottolineato Saccardi - che agevolino la partecipazione delle imprese agricole ai bandi e che garantiscano tempi adeguati per l’erogazione delle risorse finanziarie. So che le novità della nuova Politica agricola comunitaria possono esser vissute con diffidenza: la riduzione delle disponibilità finanziarie per il pagamento diretto dei premi agli agricoltori a fronte dell’introduzione di ecoschemi che premiano i comportamenti più virtuosi; il Fondo di mutualizzazione nazionale che introduce una copertura mutualistica contro gli eventi meteo catastrofali; il rafforzamento dell’attenzione sulle condizioni dei lavoratori agricoli, altro fronte su cui la Toscana è già avanti rispetto ad altre realtà nazionali e europee. Tutto questo, che ci auguriamo venga declinato in modo efficiente, può rappresentare anche un’opportunità per valorizzare quella maggior parte degli agricoltori che rispetta le norme e contrasta, invece, quelli che distorcono il mercato e danneggiano il lavoro agricolo e l’immagine dell’agricoltura».

Alcuni dati sull’agricoltura toscana
La Toscana è coperta da terreni agricoli e forestali: l'agricoltura e la selvicoltura è collocata prevalentemente in aree collinari e montane. La superficie totale del territorio toscano è coperta per il 25% da montagna, il 67% da collina e solo l’8% da pianura.
La superficie agricola utilizzata è distribuita per il 77% in collina e per il 13% in montagna mentre le foreste occupano circa il 50% della superficie totale, ripartite per il 55% in montagna e per il 43% in collina. Questi numeri evidenziano la forte influenza dell'attività agricola sul paesaggio e sulla sicurezza idrogeologica, rimarcando pertanto come l’agricoltura e la selvicoltura siano e debbano restare il principale interlocutore nella difesa dell'ambiente e nella valorizzazione del paesaggio.
Il sistema produttivo agricolo toscano è una realtà che conta oltre 52.000 aziende agricole alle quali si aggiungono circa 5.000 imprese agro-industriali, che forniscono prodotti e servizi di alta qualità.
L’agricoltura toscana produce annualmente un valore di 3 miliardi e mezzo di euro di prodotti vegetali e animali, della silvicoltura e della pesca, contribuendo per circa il 3% al prodotto interno lordo regionale. 
Per la Toscana le risorse previste nello Sviluppo rurale (Feasr) per le annualità 2023-2027 ammontano a poco meno di 749 milioni di euro (nel complesso all’Italia sono state attribuiti quasi 27 miliardi di euro cui si aggiungono il cofinanziamento nazionale e regionale per gli interventi di sviluppo rurale).

L.S.

Mantova Food & Science Festival: proposto "Open Forum" stabile su Agricoltura Rigenerativa

"Mantova Food & Science Festival" unisce esperti e istituzioni nell'Open Forum sull'Agricoltura Rigenerativa, promosso da Syngenta Italia.

Syngenta Italia ha inaugurato la sua partecipazione alla settima edizione del Mantova Food & Science Festival con l'evento "Open Science - Salute del suolo, cambiamento climatico e produttività agricola: parliamo di Agricoltura Rigenerativa". La cornice medievale del Palazzo della Ragione di Mantova ha accolto interlocutori e ospiti di riferimento provenienti dalle Istituzioni, dalla filiera agroalimentare e dalla comunità scientifica, con l'obiettivo di individuare definizioni e prospettive comuni per un modello di produzione agricola più sostenibile.

Durante l'incontro, sono stati affrontati temi cruciali come la salute del suolo, il carbon farming e l'integrazione dei modelli produttivi. L'agricoltura rigenerativa è stata presentata come un'opportunità concreta per un approccio agricolo più sostenibile e resiliente. Attraverso un confronto continuo e costruttivo, i relatori hanno individuato traiettorie che permettano a tutti i modelli di agricoltura di migliorare e progredire in un comune percorso di generazione di valore.

Massimo Scaglia, Amministratore Delegato di Syngenta Italia, ha sottolineato l'importanza di trovare risposte comuni a sfide complesse, soprattutto alla luce degli eventi tragici che hanno colpito recentemente le zone dell'Emilia Romagna e delle Marche. L'approccio dell'Open Forum sull'Agricoltura Rigenerativa si propone di favorire un modello di produzione agricola più sostenibile e resiliente per il presente e il futuro.

Durante l'evento, è stata avanzata la proposta di creare un Open Forum stabile per coinvolgere tutti gli stakeholder interessati in una discussione costruttiva sull'Agricoltura Rigenerativa. L'obiettivo è quello di stimolare l'emergere di nuovi elementi, proporre idee e sviluppare progetti, mettendo in comune esperienze e competenze.

La partecipazione di rappresentanti istituzionali come l'On. Raffaele Nevi, Segretario della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, e l'On. Maria Chiara Gadda, Vicepresidente della Commissione Agricoltura, ha confermato l'importanza dell'agricoltura come settore produttivo che merita particolare attenzione, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici.

L'analisi di contesto effettuata da Nomisma, presentata da Ersilia Di Tullio, Senior Project Manager, ha fornito dati e prospettive utili per orientare la discussione sull'Agricoltura Rigenerativa. Durante il dibattito, moderato da Deborah Piovan, imprenditrice agricola e divulgatrice scientifica, esperti accademici e rappresentanti della filiera agroalimentare hanno condiviso le proprie esperienze e punti di vista. L'evento ha sottolineato l'importanza di promuovere la ricerca, l'innovazione e la formazione nel settore agricolo, al fine di affrontare in modo sostenibile i cambiamenti climatici e valorizzare la fertilità del suolo.

Redazione

Voci della vitivinicoltura toscana in evidenza a Vinitaly 2023

Per il presidente dell’Uiv Frescobaldi è «un Vinitaly in grande spolvero», con tanto «traffico» e ottime prospettive, ad esempio per il ritorno dei buyer cinesi. Molto soddisfatto della presenza cinese e dei primi riscontri commerciali anche il presidente del Consorzio Vino Chianti Busi, che ha sollevato però una piccola critica costruttiva sulle difficoltà di ingresso e uscita dal quartiere fieristico. Positivo pure il parere del direttore del Consorzio Bolgheri Doc Binda, che ha parlato di livelli di presenze pre-Covid e di miglioramento della tipologia dei visitatori. Anche il presidente del Consorzio Chianti Classico Manetti ha constatato un’evoluzione positiva dei visitatori, che rendono la fiera sempre più adatta al business, apprezzando pure le visite di tanti ministri. La direttrice Gori, che ha ribadito l’importanza della corretta gestione del «marchio enologico più famoso del mondo», il Gallo Nero, spera che i vini della Gran Selezione del 2020, in commercio dal luglio 2023, possano portare il nome delle Unità geografiche aggiuntive in etichetta.

«Abbiamo ancora un giorno e mezzo davanti a noi. È un’edizione in cui si sono fatti rivedere tanti asiatici e nordamericani: persone da un po’ tutto il mondo. A giudicare dal traffico che c’era ieri sera, mamma mia quanta gente. Domenica era solo per operatori importanti del settore, senza la distrazione dei consumatori, che noi certamente vogliamo sempre accogliere, ma è giusto avere un giorno con un po’ più di focalizzazione. Direi ad oggi un Vinitaly in grande spolvero».
lambertofrescobaldiQuesta la risposta di Lamberto Frescobaldi, importante esponente del comparto vitivinicolo toscano ma sentito in qualità di presidente dell’Unione italiana vini (Uiv), alla richiesta di una valutazione della 55^ edizione di Vinitaly. Floraviva lo ha intervistato nel padiglione della Toscana martedì 4 aprile, dove ha potuto tastare il polso della situazione anche con i vertici di alcuni dei più blasonati consorzi del made in Toscana vinicolo. Un comparto che, come sintetizzato dalla Regione nei giorni precedenti al Salone internazionale dei vini e distillati di Veronafiere, conta oltre 12.400 aziende e più di 60 mila ettari a vite per una produzione che nell’ultima campagna ha raggiunto i 2,3 milioni di ettolitri di vino (+12% circa rispetto a quella precedente). E che è caratterizzato da 58 indicazioni geografiche riconosciute, di cui 52 Dop (11 Docg e 41 Doc) e 6 IGT che presidiano la quasi totalità della superficie vitata toscana (il cui 95% è destinato a vini Do rispetto a una media nazionale che non arriva al 65%), oltre che dall’alta percentuale di superficie a vite bio (il 40% della superficie regionale vitata). Mentre il vigneto nazionale nel suo complesso, come ricordato nel comunicato di apertura di Vinitaly, è pari a 674 mila ettari e la filiera genera «un’economia da oltre 30 miliardi di euro l’anno», 31,5 miliardi secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio del vino con Prometeia.
E a proposito del ritorno dei compratori della Cina, Frescobaldi ha così replicato alla domanda di Floraviva se questo ritorno si sia fatto sentire o meno: «si è fatto sentire, si è fatto sentire. La Cina ha finalmente tolto tutte le varie restrizioni oltre due mesi fa e sono ripartiti fortissimi. Già stavano comprando, però non li vedevamo. Sono due anni che nessuno di noi va in Cina, ma il lavoro è andato avanti lo stesso e le prospettive per l’anno sono molto ottimistiche».
Mentre riguardo alla presenza toscana, da imprenditore toscano nella funzione di presidente dell’Unione italiana vini, ha detto che «la Toscana è oggi la 3^ regione per giro d’affari, dopo il Veneto, che a gran distanza è il numero 1, il Piemonte e, molto molto vicino, la Toscana. Il Veneto e il Piemonte sono anche collettori di imbottigliatori, quindi di vini che vengono da altre parti dello Stivale, in Toscana gli imbottigliatori ci sono, ma più che altro lavorano vini toscani. Quindi la Toscana è un comparto piuttosto in salute, ovviamente si va sempre un po’ a macchia di leopardo: ci sono delle zone che vanno un po’ più forte e zone meno forti e ognuno di noi, da buon imprenditore, deve fare in modo di far lavorare bene un po’ tutte le zone. Comunque la Toscana, come sistema, con l’IGT toscano, è molto rilevante. Quindi le prospettive per poter crescere ci sono, bisogna fare squadra e lavorare insieme per rafforzare sempre di più e proteggere il nome Toscana».
giovannibusiFloraviva ha sentito anche Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti, che coinvolge oltre 3 mila aziende, e la cui presenza a questa edizione di Vinitaly è stata così riassunta in una nota dell’ufficio stampa: oltre 40 aziende con un proprio desk, un bancone istituzionale con più di 170 etichette di vino Chianti d.o.c.g., prodotte da oltre 90 aziende, e un secondo bancone istituzionale con 45 etichette di Vin Santo del Chianti d.o.c. in assaggio, in rappresentanza di 38 aziende del territorio.
Alla prima domanda, sull’andamento di Vinitaly, a metà della penultima giornata, ha risposto dicendo: «Bè Vinitaly è indubbiamente una fiera importante per il nostro Paese: è la fiera italiana, ci sono i vini italiani ed è un modo molto importante per riuscire a mettere in comunicazione la produzione con il mercato. Quindi siamo tutti felici di poter essere qui e dobbiamo dare il nostro contributo anche per poterla migliorare. E, se uno vuol trovare delle pecche, sono più dal punto di vista logistico, con riferimento agli arrivi e le uscite dalla fiera che sono veramente molto difficili, e i costi che l’ente fiera ha alzato moltissimo in questi anni. Detto questo, comunque Vinitaly si conferma una fiera importante per il nostro settore».
E sul ritorno della Cina e la forte presenza di compratori americani, qual è il vostro riscontro? «Su questo aspetto – ha detto Busi - finalmente abbiamo rivisto operatori dell’Asia, cinesi in primis, e questo ci ha fatto molto piacere. È anche vero che la Cina ha riaperto da 2 mesi, quindi soltanto alcuni sono riusciti a organizzarsi e a venire a Verona, però questo è sicuramente un segnale che ci fa ben sperare per il futuro, che finalmente il mercato in tutto il mondo si riapre. Anche perché il Chianti viene esportato per il 70%, in tutto il mondo, e poter lavorare tranquillamente con tutti gli operatori per noi è indispensabile».
Nello specifico dell’andamento della nostra regione, queste sono le sue parole: «per la Toscana, almeno per il Chianti, si conferma sicuramente un grande interesse da parte degli operatori. Su questo non c’è ombra di dubbio. Abbiamo visto in questi giorni lo stand del Chianti, con i due banchi, sia quello del Chianti sia quello del vin santo, in dei momenti quasi assediati dalle persone che volevano degustare, assaggiare le varie proposte. Ne siamo molto felici, anche perché il Chianti è un vino conosciuto in tutto il mondo e – non detto da noi ma da operatori e stampa – quando andiamo all’estero il Chianti è il portabandiera del vino italiano. Quindi a questo Vinitaly ci può essere una conferma». Ma ci sono stati riscontri diversi fra buyer dei differenti mercati (americani, europei, asiatici)? «In base all’importanza dei mercati. Il nostro primo mercato nell’export è sicuramente l’America, e quello resta assolutamente. La Germania è un altro mercato importante. Il Canada, il Giappone. Questi sono i mercati più importanti per noi». E avete avuto buoni riscontri per ora? «Assolutamente sì».
riccardobindaPoi abbiamo incontrato Riccardo Binda, direttore del Consorzio Bolgheri Doc, il «Consorzio per la Tutela dei vini DOC Bolgheri e DOC Bolgheri Sassicaia» presieduto da Albiera Antinori e «formato da 66 produttori i cui vigneti rappresentano oltre il 97% del totale». Anche con lui la prima domanda è stata: come sta andando la fiera, anche se manca ancora un giorno e mezzo alla conclusione? «Sono già passati domenica e lunedì che di norma sono i giorni cartina di tornasole, che fan capire come è andata – ha risposto -. Direi che sta andando molto bene. La presenza è stata molto importante: siamo tornati tranquillamente a livelli pre-Covid. E anche come tipologia di persone che hanno visitato lo stand siamo molto soddisfatti». In che senso? «Abbiamo testimoniato una maggiore presenza di visitatori direttamente interessati all’acquisto dei vini, al trade vero e proprio, che poi è quello che tutte le aziende cercano. Ovviamente anche la funzione di presidio e di contatto con il pubblico è importante, ma alla fine questa è una fiera di settore, quindi poi bisogna anche concludere e siamo soddisfatti da questo punto di vista».
A questo proposito, sui riscontri dei contatti con i buyer cinesi e nord-americani, ha risposto che «è un po’ presto per dirlo, perché come Consorzio questa è una cosa che poi approfondiamo bene con le aziende, perché poi sono loro che hanno il polso della situazione sulle varie provenienze. Sicuramente c’è stata una presenza maggiore, ma per un semplice motivo: perché l’anno scorso non sono venuti del tutto. Dal punto di vista della presenza extra-Ue, se siamo tornati ai livelli pre-Covid, questo non saprei ancora dirlo, è prematuro. Però ci sono stati, non so ancora in quale percentuale». Ma il ritorno cinese ha pesato? «In realtà per noi la Cina non è ancora un mercato particolarmente rilevante, perché come quantitativi Bolgheri non produce molto e storicamente ci si affida a Stati Uniti, Svizzera, Germania, Canada. Sono questi i mercati forti. Quindi in Cina difficilmente le aziende entrano perché non hanno la massa critica». E fra tali mercati di elezione ci sono differenze da segnalare? «Siamo soddisfatti, devo dire che fortunatamente la denominazione ha successo e continua a riscuotere entusiasmo».
Infine riguardo alla presenza in un padiglione toscano e al suo significato, Binda ha detto che «come per tutte le regioni italiane in generale, più ci si presenta uniti e meglio è. E quindi ben venga che quanta più della Toscana sia nel padiglione Toscana: ci fa molto piacere esserci».
giovannimanettiUltimi incontrati, nel padiglione della Toscana di Vinitaly, sono stati il presidente del Consorzio Chianti Classico Giovanni Manetti Carlotta Gori, direttore del blasonato e antico consorzio, che conta circa 600 produttori associati di cui 350 confezionano il vino con la propria etichetta ma con il simbolo comune del Gallo Nero.
Il presidente Manetti ha riferito che Vinitaly 2023 «sta andando molto bene: è un’ottima edizione della fiera più importante del vino italiano. Siamo molto soddisfatti degli incontri che abbiamo fatto, sia con gli operatori da tutto il mondo che anche con le istituzioni, perché abbiamo ricevuto la visita di tanti ministri e quindi abbiamo sentito la vicinanza anche del Governo. E questo non ci può fare che piacere».
E dal punto di vista dei buyer, in primis cinesi e americani? «Non è ancora finito, ma il riscontro è positivo. Devo dire che c’è un miglioramento della qualità della presenza. Gli operatori che si sono presentati sono tutti di ottima qualità e quindi i nostri agricoltori sono ancora più soddisfatti. Il Vinitaly sta migliorando in questo senso, è sempre di più una fiera adatta al business. Ed è quello che tutti noi chiedevamo da tempo». E alla domanda se crede nel mercato cinese, ha risposto: «ci crediamo. Non è un mercato facile e ci vorranno anni per poter arrivare ai consumatori cinesi con delle quantità di vino significative. Però senz’altro è un mercato target che affronteremo con attenzione».
E per il presidente del Consorzio del Gallo Nero sta funzionando il padiglione della Toscana? «Sì, sì assolutamente. Lo stare tutti insieme, giocando ognuno le proprie carte, senz’altro porta bene ed è efficace come proposta. Ben felici di stare nel padiglione della Toscana».
carlottagoriCarlotta Gori, direttore del Consorzio Chianti Classico, abbiamo chiesto un parere sull’offerta di convegni e incontri tecnici di Vinitaly 2023. «Noi abbiamo partecipato agli eventi più istituzionali, stando dentro lo stand diventa difficile partecipare alla proposta molto ampia, devo dire, perché si sono affrontati argomenti anche molto diversi fra loro: dalla salute, alla sostenibilità, alla tutela dei marchi. E avrei voluto partecipare a quel convegno lì…» … su quel tema lì mi può dire qualcosa di più? «Noi siamo sensibili, abbiamo un marchio che è tutelato in tutto il mondo, il Gallo Nero, che è il marchio enologico più famoso del mondo. Quindi lavoriamo tanto per la tutela e la protezione dei marchi. Pensiamo che le competenze fra gli uffici marchi e le commissioni agricoltura debbano comunque rimanere separate, perché sono competenze distinte: tutelare le denominazioni è qualcosa di diverso rispetto alla tutela della proprietà intellettuale. Sono due elementi che possono unirsi per dare più tutela, ma ognuno deve mantenere il proprio ruolo e il proprio compito».
E a proposito delle Uga, le Unità geografiche aggiuntive, e a quando entreranno in vigore, ci ha detto: «ci auguriamo a luglio. Tra pochi giorni dovrebbe essere pubblicato il nuovo disciplinare di produzione, quindi i vini della Gran Selezione del 2020, che entra in commercio il 1° luglio del 2023, dovrebbero portare il nome delle Unità geografiche aggiuntive in etichetta». Come va interpretata questa sfida? «Nel progetto crediamo tantissimo. È un progetto in cui tutti i produttori stanno investendo con una crescita del numero delle etichette di Gran Selezione, in vista di questa nuova opportunità di legare sempre di più le produzioni al proprio territorio di origine, all’interno di una denominazione abbastanza ampia come è il Chianti Classico». Questo avrà impatto sia sul mercato interno che su quello estero? «Assolutamente, anche perché l’80% del prodotto del Chianti Classico va sul mercato estero e deve quindi funzionare lì».

Lorenzo Sandiford

Vannucci Piante Massaini: 10 cipressi

Lungo l’A11 a Pistoia piantati 10 cipressi con salvagente pensati da Massaini di Vannucci Piante come SOS per la vita sulla Terra centrato sul ruolo delle piante

«Il vivaismo è un settore, per così dire, “creatore di natura”. Alcuni hanno definito Pistoia come una “fabbrica di ossigeno”. Quindi il vivaismo e il vivaista in generale devono essere sempre più consapevoli di questa grandissima responsabilità che hanno, quella di creare paesaggio e di creare natura. È estremamente importante anche per il nostro distretto che quest’opera sia collocata a Pistoia».

andrea massaini

Così Andrea Massaini, direttore marketing di Vannucci Piante, l’azienda leader del distretto vivaistico-ornamentale pistoiese, ieri mattina a margine dell’inaugurazione della sua installazione “Save the Planet” al Nursery Campus di Pistoia (vedi). Un’opera green composta da «10 cipressi toscani che indossano 10 grandi salvagenti che richiamano in maniera molto chiara, infantile, quella che non dovrebbe essere una domanda e nemmeno un dovere morale, ma un obbligo: salvare sia il pianeta in cui viviamo che i nostri simili». «Per questo – ha aggiunto Massaini – abbiamo pensato di collocare sull’autostrada A11 questo messaggio forte per gli automobilisti che passano di qui», una «simbologia che sta un po’ a metà strada fra salvare il pianeta e salvare le persone».
«È un’idea molto importante – ha aggiunto Vannino Vannucci, titolare della maggiore azienda vivaistica pistoiese e nazionale - perché, anche se per noi è scontato vedere delle piante a Pistoia, credo che sia un invito a far sì che tutti, non solo a parole, mettano a dimora davvero più piante: quelle giuste nei luoghi giusti. E che si mantengano anche quelle già esistenti, perché questo è molto importante: ci sono milioni di piante nel mondo che hanno bisogno di manutenzione e che svolgono una funzione fondamentale che è quella di mitigare il clima, ma soprattutto di creare ossigeno, la base della vita».

Vannino Vannucci

E alla domanda dei giornalisti se lui riscontra nelle amministrazioni pubbliche questa sensibilità per l’urgenza di mettere a dimora sempre più piante giuste nei luoghi giusti, Vannino Vannucci ha risposto così: «la sensibilità c’è in certi casi, in altri casi un po’ meno, ma sta anche a noi, e oggi siamo qui anche per questo, per cercare anche di crearla, perché il Campus, che ormai ha quasi compiuto 10 anni, è nato anche proprio per questo: per creare, per formare e dare sempre più informazioni in questo senso».
In questa iniziativa c’è anche un messaggio rivolto ai vivaisti, sul modo di lavorare e di valorizzare nell’opinione pubblica il proprio ruolo? «Sì – ha detto Vannucci - sicuramente il ruolo dei vivaisti è molto importante, però quello che è importante ancora di più è collaborare con chi poi va a installare queste piante, è sensibilizzare. E questo credo sia il momento giusto, perché c’è maggiore sensibilità nel mondo, perché si è capito che la pianta è il modo più semplice e anche meno costoso per combattere l’inquinamento. Quindi Pistoia, dove ci sono 5 mila ettari e mille aziende, è il posto ideale per realizzare questo progetto».

Vannucci Piante Massaini: 10 cipressi

Nel corso della inaugurazione, caratterizzata anche dal lancio simbolico di piccole ciambelle colorate sul laghetto del Nursery Campus, in una sorta di performance collettiva dei partecipanti all’inaugurazione, l’autore Andrea Massaini ha spiegato ai giornalisti che la scelta del cipresso come albero da usare nell’installazione è dovuta in parte al fatto che «sì, il cipresso è una pianta che rappresenta per eccellenza il paesaggio toscano», ma un’ulteriore motivazione è che si tratta di una delle piante che meglio si prestano a raffigurare «la silhouette umana». «Questi bellissimi cipressi, che fra l’altro sono alti più di 12 metri – ha detto Massaini - stanno lì quasi a fare le sentinelle sul passaggio autostradale. Un passaggio importante perché su questa tratto di A11 sono circa 60 milioni gli automobilisti che passano tutti gli anni. E quindi sarà una testimonianza ferma, una domanda di riflessione aperta sul nostro dovere, anzi il nostro obbligo di salvare la vita» nel pianeta.

L.S.

produzione d'olio - giornata dell'olivo

I dati sull’olio di oliva nella Giornata dell’olivo 2022: per Ismea, con Italia Olivicola e Unaprol, produzione nazionale d’olio a -37% nella campagna olearia 2022-23 e l’Italia viene scavalcata dalla Grecia, ma anche la Spagna ha una forte flessione (tra -30% e -50%). Segno meno nelle principali regioni produttrici del Sud, benino il Centro Italia, super rialzi percentuali delle piccole produzioni del Nord. Le analisi di Confagricoltura e di Coldiretti e Unaprol. Nella Regione Toscana, dove l’Olio Toscano Igp ha registrato un balzo dell’export del 25%, si stima una produzione di oli Dop e Igp stabile.

                                                       
Atteso un forte calo della produzione italiana di olio di oliva nella campagna olearia 2022-2023: -37% rispetto alle 329 mila tonnellate dell’anno scorso, per un totale di 208 mila tonnellate. 
La stima è nel rapporto dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), realizzato in collaborazione con Italia Olivicola e Unaprol, che è stato diffuso sabato 26 novembre, Giornata mondiale dell’olivo 2022. «Ad influire sulla produzione – si legge nella presentazione di Ismea del rapporto - oltre agli innumerevoli problemi climatici [in primis di siccità, ndr] che si sono presentati durante tutte le fasi vegetative, è stato soprattutto il fatto che in molte aree a più alta vocazione olivicola l'annata era già di scarica seguendo il naturale calendario dell'alternanza».
E la situazione non è dissimile all’estero, con «disponibilità in decisa flessione anche a livello internazionale». Infatti, nel principale paese produttore, la Spagna, «le prime stime parlano di un calo dell'attuale campagna produttiva dal 30 al 50% rispetto a 1,4 milioni di tonnellate dello scorso anno»  Tra i paesi leader nella produzione di olio di oliva «si stima che solo la Grecia possa superare i livelli produttivi dello scorso anno portandosi sopra le 300 mila tonnellate, volume che le permetterebbe di superare l'Italia e di essere per quest'anno il secondo produttore mondiale». Fuori dai confini dell’Unione europea, «anche per la Tunisia si profila un'annata di scarica con una flessione intorno al -25%». 
Dunque con questa riduzione di 120 mila tonnellate di olio di oliva made in Italy e il rialzo dei livelli produttivi della Grecia, l’Italia dovrebbe retrocedere con questa campagna olearia alla 3^ posizione fra i principali paesi produttori. Ma come sono andate le cose a livello regionale? «Per la Puglia che da sola rappresenta il 50% della produzione nazionale – si legge nel comunicato stampa - Ismea stima una produzione più che dimezzata (-52%), in un contesto negativo anche per la Sicilia (-25%), Calabria (-42%) e, più in generale, per l'intero Meridione. L'annata si profila invece complessivamente positiva nel Centro Italia, dove si prevede un incremento produttivo nel Lazio (+17%), Toscana (+27%) e Umbria (+27%), a fronte di una flessione nelle Marche (-25%). Per le regioni del Nord, dopo le drammatiche riduzioni dello scorso anno, l'annata di carica si presenta bene anche se non ai livelli attesi prima della grande siccità estiva. Il recupero della Liguria (+27%) non basta infatti a considerare questa una buona annata». Tuttavia, precisa Ismea, «con la raccolta appena iniziata nelle aree più produttive del Paese, la cautela è, come sempre, d'obbligo poiché a pesare saranno anche le rese in olio. Al momento l'impressione è che la raccolta procederà con un calendario più serrato rispetto alla norma per evitare danni ulteriori causati dalle malattie che hanno cominciato a presentarsi puntuali con il cambio di clima e la relativa umidità».
 
Leggermente meno negativa era stata la stima sulla campagna olearia italiana 2022-23 di Confagricoltura in un comunicato diffuso alla vigilia della Giornata dell’olivo: non si raggiungerà il livello di 230 mila tonnellate, «con un calo del 30% dovuto agli effetti dell’alternanza produttiva, delle alte temperature e in alcune aree per l’attacco della mosca dell’olivo». «A fronte di cali di volume così drastici di quest’annata – ha affermato il presidente della Federazione nazionale di prodotto (Fnp) “Olio” di Confagricoltura, Walter Placida - gli olivicoltori devono sostenere gli aumenti dei costi degli input produttivi: fertilizzanti, irrigazione, manodopera, molitura, materiali per il confezionamento. Preoccupa l’andamento del mercato, incerto e instabile, unito al timore che i notevoli aumenti dei costi non vengano adeguatamente assorbiti dalla distribuzione». Confagricoltura ha prima richiamato alcuni dati strutturali della filiera dell’olio dell’Italia, che è tra l’altro il primo importatore mondiale: superficie olivetata su 1.1 milioni di ettari, in gran parte in Puglia, Calabria e Sicilia, con produzione olivicola di qualità in diverse altre regioni; circa «3,3 miliardi di fatturato (con un peso sull’agroalimentare del 2,2%), 640 mila imprese olivicole, circa 5.000 frantoi e 220 imprese industriali». Poi ha lanciato un messaggio sulle politiche da attuare: «queste criticità contingenti, insieme alle carenze strutturali più volte sottolineate da Confagricoltura, sono legate alla poca competitività del settore – ha dichiarato Placida -. Occorre attivare con urgenza azioni per ridurre i costi dei fattori di produzione e dare slancio al comparto. Tra gli obiettivi, in primis, segnaliamo il rinnovamento delle strutture in campo e nella fase di trasformazione. Non di minore importanza è l’opportunità di incidere sul cuneo fiscale per restituire attrattività e competitività al comparto e individuare strategie funzionali che privilegino il prodotto interno (italiano) garantendone la giusta remuneratività per tutti gli attori della filiera».
In una nota del 26 novembre anche Coldiretti e Unaprol, richiamata la stima di -37% per la presente campagna olearia, hanno lanciato l’allarme per «l’esplosione dei costi», che «mette in ginocchio le aziende agricole», mentre «con l’inflazione generata dal conflitto in Ucraina volano sugli scaffali i prezzi al dettaglio». Nella nota vengono illustrate le stime regionali, con i cali peggiori «nelle regioni più vocate all’olivicoltura dalla Puglia alla Calabria, che da sole rappresentano il 70% della raccolta nazionale», e la produzione della Puglia, «cuore dell’olivicoltura italiana», dimezzata «a causa prima delle gelate fuori stagione in primavera e poi dalla siccità, mentre continua a perdere terreno il Salento distrutto dalla Xylella, che ha bruciato un potenziale pari al 10% della produzione nazionale» e vengono messi in luce gli incrementi in Veneto del +67% e in Lombardia del +142% «con gli uliveti che si estendono dalle sponde dei laghi, Garda, Como, Maggiore, fino alle valli alpine».
«In questo scenario i costi delle aziende olivicole – evidenziano Coldiretti e Unaprol – sono aumentati in media del 50% e quasi 1 realtà su 10 (9%) lavora in perdita con il rischio di chiusura, secondo dati Crea. A pesare, in particolare i rincari diretti e indiretti determinati dall’energia, che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio nelle campagne, mentre il vetro costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, ma si registra anche un incremento del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica» e «olivicoltori e frantoiani sono costretti a fronteggiare l’incremento dell’elettricità, i cui costi sono quintuplicati». 
D’altro canto «il carrello della spesa delle famiglie registra aumenti dei prezzi al dettaglio per la maggior parte dei prodotti della tavola, con le nuove produzioni di olio extravergine d’oliva fra le più sensibili ai rincari. L’Italia – precisano Coldiretti e Unaprol – è fra i primi tre maggiori consumatori di olio extravergine di oliva al mondo con circa 480 milioni di chili, subito dopo la Spagna e prima degli Stati Uniti e rappresenta il 15% dei consumi mondiali secondi elaborazioni Coldiretti e Unaprol sugli ultimi dati IOC (International oil council)». E va considerato che «gli italiani usano in media 8 chili a testa di olio extravergine di oliva e ogni famiglia spende in media 117 euro all’anno per acquistare olio d’oliva, che è anche l’alimento più popolare sulle tavole nazionali, addirittura più di pane e pasta, utilizzato da oltre il 97% degli italiani nell’ultimo anno, secondo un’analisi di Coldiretti sui dati Istat sugli stili alimentari».
«L’Italia – aggiungono Coldiretti e Unaprol – può vantare una qualità che non ha eguali al mondo, confermata anche dalla produzione di quest’anno, grazie al più ricco patrimonio di varietà di olii a livello globale con una crescita di oltre il 22% in valore delle vendite italiane all’estero nei primi otto mesi del 2022 con gli Stati Uniti che da soli rappresentano il 31% del totale, seguiti da Germania, Francia, Canada e Regno Unito. Per sostenere le produzioni nazionali, resistere ai cambiamenti climatici e difendere la sovranità alimentare nazionale con la dieta Mediterranea – affermano Coldiretti e Unaprol – serve un piano strategico per la realizzazione di nuovi impianti olivicoli con varietà italiane, risorse per contrastare l’aumento vertiginoso dei costi di gestione delle aziende agricole e realizzare nuovi sistemi di irrigazione e di stoccaggio delle acque».
 
In Toscana le produzioni Dop e Igp in linea con l’anno scorso
Nella nostra regione la Giornata mondiale dell’olivo è stata l’occasione per fare il punto della situazione della filiera olivicola toscana, che può vantare 80 varietà di olivi «con oltre 80 milioni di piante iscritte nei circuiti di certificazione delle denominazioni di origine coltivati da quasi 10.000 olivicoltori». Numeri da primato che l’assessora all’agroalimentare e vicepresidente della Regione Toscana Stefania Saccardi ha raccontato nella conferenza stampa di sabato scorso, in cui ha parlato anche dell’andamento della stagione dell’olio a livello regionale.
Secondo la Regione la produzione sarà «in linea con i quantitativi dell’annata precedente, anche se i dati sono ancora incompleti» e «le aziende hanno subito cominciato a certificare per un totale complessivo per le Dop e Igp di circa 500 tonnellate». «Delle 49 denominazioni Dop e Igp tutelate in Italia - viene messo in luce -, la Toscana nel 2021 è prima in classifica con l’Igp Toscano, una produzione certificata di oltre 3.000 tonnellate per valore al consumo pari a 46 milioni di euro (+18,6% su 2020) e un valore all’export per 41 milioni di euro (+25,1% su 2020)». Una produzione di eccellenza e una qualità degli oli declinata nei diversi territori «la cui reputazione e qualità è garantita da 5 denominazioni tutelate alle quali la Regione Toscana dedica il nuovo bando per la “Selezione regionale degli Oli Extra Vergine di Oliva (EVO) Dop e Igp della Toscana – 2023”».
«Non possiamo fare un ragionamento uniforme per tutta la Toscana perché la stagione particolarmente siccitosa che abbiamo vissuto questa estate ha messo la produzione in particolare difficoltà in alcune zone. È andata un po’ a macchia di leopardo», ha osservato l’assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi, che però ha aggiunto: «siamo comunque sui valori dello scorso anno, la qualità è molto buona e quindi credo che la Toscana reggerà anche quest’anno sia rispetto alla qualità sia rispetto al fabbisogno. Naturalmente siamo un po’ più bassi di altre regioni in termini di quantità ma sicuramente siamo sul podio più alto per la qualità dei nostri oli».
Stefania Saccardi ha indicato anche un’altra direzione su cui è impegnata la Regione Toscana: «oltre a lavorare di più sulla quantità, è importante dare un sostegno a chi fa olivicoltura in zone più difficili, a chi mantiene l’olivo non solo per finalità di produzione ma anche per finalità di carattere paesaggistico. Nella prossima programmazione cercheremo di dare una mano anche a quell’olivicoltura “eroica” o comunque con un grande valore paesaggistico e nello stesso tempo proveremo a recuperare quei tanti uliveti abbandonati attraverso un progetto che chiediamo al governo e al parlamento di sostenere, finalizzato a tutelare questo valore che la nostra regione ha e che è caratteristico dei nostri paesaggi». 
«Il Consorzio di Tutela – ha auspicato Fabrizio Filippi, presidente del Consorzio Tutela Olio Toscano IGP - è riuscito, dalla sua costituzione nel 1998, a creare le condizioni per dare valore e prospettive ad un prodotto di eccellenza che oggi traina il Made in Tuscany e che ha permesso di recuperare parte di quel patrimonio che caratterizza il paesaggio e di favorire la presenza delle attività agricole in zone marginali o difficili. Quando pensiamo all’olivo non dobbiamo limitarci a collegarlo alla sola produzione di olio, ma al suo straordinario ruolo per la tutela delle nostre colline e delle nostre comunità».
«È con grande piacere che posso annunciare che anche quest’anno gli olivicoltori del Chianti Classico sono stati in grado di produrre un olio Doè di grande qualità, elegante e complesso – ha dichiarato Gionni Pruneti, presidente del Consorzio Olio DOP Chianti Classico -. Per l’ottenimento di questo risultato hanno giocato un ruolo essenziale, come in ogni campagna e ancor di più in quelle più complesse, la grande cultura olivicola di questo territorio, l’attenzione al prodotto, e le innovazioni che negli ultimi anni stiamo sviluppando per migliorare le tecniche di campo e di frantoio. Il momento della raccolta è anche un momento di grande attenzione da parte della ristorazione, che ha dimostrato un rinnovato interesse verso la nostra Dop dopo il rallentamento del settore negli anni della pandemia».
Per la Dop Olio Evo Seggiano ha partecipato Luciano Gligliotti: “in un periodo storico, sociale e culturale come quello che stiamo vivendo una giornata come questa, caratterizzata da un forte e chiaro messaggio di pace è assolutamente prioritaria».
 

L.S.