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Come annunciato dal sindaco Biffoni e dall’assessore a urbanistica e ambiente Barberis, il progetto di rinverdimento della città di Prato sarà presentato il 28 febbraio in un evento al Centro per l’Arte Contemporanea Pecci da due dei suoi protagonisti: il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso e l’architetto Stefano Boeri, autore della prima foresta verticale a Milano. Magazzini, presidente dell’Associazione vivaisti italiani (Avi), che fornisce le piante per il lancio: «sempre più spesso ci chiedono delle funzioni benefiche delle piante e non solo di quelle estetiche. Ci piace l’approccio del Comune di Prato centrato su una precisa progettazione preliminare e auspichiamo che la nuova legge quadro del florovivaismo inserisca i contratti di coltivazione».


Un progetto che «integra innovazioni radicali che non sono mai state testate prima a livello di città» e che mira ad andare «oltre il tradizionale concetto di forestazione urbana», perché nell’approccio delle giungle urbane «invece di ricostruire le aree dense della città, la vegetazione può colonizzare gli obiettivi “posizionando” il verde sul maggior numero possibile di superfici/spazi, il più vicino possibile al luogo in cui vengono rilevate le criticità (isole di calore, inquinamento o necessità di creare spazi socialmente utili e utilizzabili)». 
Viene descritto così l’approccio innovativo alla base del progetto “Prato Urban Jungle” che è stato presentato oggi a Prato dal sindaco Matteo Biffoni e dall’assessore all’urbanistica e all’ambiente Valerio Barberis e che sarà lanciato ufficialmente venerdì prossimo 28 febbraio dalle 16 alle 19 al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci con l’evento “Prato Fabbrica Giungle”, organizzato dal Comune in collaborazione con i partner del progetto e con il supporto dell'Associazione vivaisti italiani, che fornisce le piante dell’allestimento al Pecci.
 
All’evento di lancio interverranno l’architetto Stefano Boeri, ideatore della prima foresta verticale a Milano, e il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso, fondatore dello spin-off accademico dell’Università di Firenze “Pnat”, che è composto da designer e scienziati che utilizzano le piante come fonte d’ispirazione e costituisce uno dei sette partner del progetto. Gli altri sei partner sono, oltre allo Studio Stefano Boeri Architetti, l’IBE Istituto per la Bioeconomia del Cnr con i suoi innovativi sistemi di monitoraggio ambientale, Legambiente Toscana, Estra Spa, e le startup toscane GreenApes, che con le sue app promuove e premia la partecipazione dei cittadini, e Treedom, che gestisce una piattaforma web che consente ai privati di «finanziare la piantumazione di alberi a livello globale».
Il progetto, finanziato dalla Commissione europea con 3,7 milioni di euro nell'ambito del bando Urban Innovative Action 2019, mira a ri-naturalizzare alcuni quartieri di Prato in modo sostenibile e socialmente inclusivo attraverso lo sviluppo di giungle urbane. Queste aree urbane ad alta densità abitativa ed edilizia saranno riprogettate in chiave green attraverso la capacità naturale delle piante di abbattere le sostanze inquinanti, ripristinare il suolo e donare nuovi spazi alla comunità, trasformando le aree marginali in veri e propri hub verdi all'interno della città. 
«La vera sfida legata all’emergenza climatica – ha detto l’assessore Valerio Barberis – è come si interviene nelle città esistenti, in quei quartieri che non potranno mai essere buttati giù e rifatti ex novo, dandogli un valore ambientale». Molti edifici infatti sono estremamente deficitari dal punto di vista dell’efficienza energetica e «il 30% delle emissioni di CO2 viene da lì, dagli edifici». La ragione per cui questo progetto di Prato è stato selezionato dalla Commissione europea, ha spiegato Barberis, è che cerca di dare soluzione a tali problematiche in maniera mirata attraverso «nature-based solutions», che consisteranno in tecnologie verdi che agiscono sia in verticale (pareti verdi) che sulle coperture degli edifici.
 
Altro aspetto essenziale, ha spiegato Barberis, sarà il monitoraggio dei parametri ambientali da migliorare (dalle polveri sottili alla CO2 ecc.) con 32 sensori ad alta tecnologia dell’IBE, per la misurazione della qualità dell’aria e della capacità di assorbimento degli inquinanti da parte degli alberi, che saranno posizionati già nei prossimi giorni, prima ancora della realizzazione degli interventi a verde, per acquisire dati precisi sia sul prima che sul dopo. Quello che si sa al momento è che «Prato vanta già oltre 29.000 alberi di proprietà pubblica che migliorano i viali, le strade e i parchi della città» e  «si stima che collettivamente gli alberi di Prato generino benefici economici per oltre 400.000 euro all'anno, eliminando 3.715 kg di inquinanti atmosferici ogni anno, e producendo risparmi energetici per il 2010 Mwh, intercettano 7.891 m3 di acqua meteorica e 69.600 Kg di anidride carbonica all'anno». Dal progetto si attendono ulteriori «benefici ambientali, ecologici, economici e sociali».
Le giungle urbane saranno sviluppate in tre aree specifiche della città «diverse dal punto di vista urbanistico e ambientale», ha aggiunto Barberis: una è in una zona residenziale di periferia urbana con alloggi popolari, un’altra è l’edificio in vetro di un’azienda di servizi situata in una arteria stradale molto trafficata e la terza è un edificio pubblico che avrà la funzione di nuovo mercato metropolitano della città. Si tratta di «tre aree complesse e ad alta densità abitativa», come ha osservato il presidente di Legambiente Toscana Fausto Ferruzza, che ha sottolineato poi la natura multifunzionale e multi obiettivo delle azioni del progetto, mirate ad affrontare sia le isole di calore, che l’impermeabilizzazione del suolo e il miglioramento del paesaggio e della qualità di vita. 
L'approccio innovativo Urban Jungle può essere applicato all'interno di una nuova pianificazione urbana per la creazione di infrastrutture verdi e costituisce un banco di prova efficace per la replica in altri siti o città, fornendo informazioni coerenti per la progettazione di futuri edifici pubblici o privati e di aree urbane. Il progetto integra il concetto di Urban Jungle con pratiche innovative di coprogettazione per fornire la soluzione ecologica attraverso una maggiore consapevolezza e impegno, aumentando così la resilienza della città e la sostenibilità del paesaggio urbano.
La progettazione sarà eseguita nei prossimi mesi e i lavori inizieranno nel gennaio 2021 per arrivare a conclusione nel gennaio 2022. Durante l’evento del 28 febbraio, aperto a tutta la cittadinanza, sarà presentato il progetto nel suo complesso e le prime attività che verranno svolte: in particolare il percorso partecipativo per la co-progettazione delle tre aree pilota in cui si articolerà “Prato Urban Jungle”: il mercato coperto del macrolotto zero, le case popolari di via Turchia e l’edificio di Estra Spa. 
«Di solito siamo contattati da architetti del paesaggio e giardinieri interessati soprattutto alle proprietà estetiche e ornamentali delle piante che produciamo – ha detto Luca Magazzini, presidente dell’Associazione vivaisti italiani, intervenendo alla presentazione di “Prato Urban Jungle” -  ma adesso sono diventate sempre più importanti le varie funzioni ambientali delle piante: dalla capacità di assorbire CO2 o polveri sottili fino al basso consumo di acqua. La gamma delle piante è vastissima e i cicli di coltivazione sono lunghi, per cui è molto importante la fase di progettazione degli interventi a verde, per dare modo ai nostri vivaisti di dare una risposta adeguata e specifica alla domanda di piante. In questo senso apprezziamo l’approccio del Comune di Prato e guardiamo anche con molto favore all’ipotesi che sta emergendo, nel contesto della nuova legge quadro sul florovivaismo, di definire dei contratti di coltivazione fra committenti e produttori, in maniera simile a quanto avviene in altri Paesi».

L.S.



Alla fiera leader del florovivaismo dal 28 al 31 gennaio oltre 1500 espositori da quasi 50 Paesi. La Francia è quest’anno la nazione partner di Ipm Essen: la sua produzione vale circa 1,6 miliardi, mentre il commercio 7 miliardi e i servizi per il verde 5,3 miliardi. L’Italia non è nella lista dei 20 Paesi con stand collettivo. Un incontro su come progettare la sostenibilità nelle comunità e visite in fiera agli “alberi per il clima”. Molti premi, fra cui l’Innovation Showcase, il Show Your Colors Award e Grower of the Year, e tante stelle del firmamento floreale.

Un’impressionante selezione di piante di tutte le tipologie e di accessori per il giardinaggio dalle migliori aziende del mondo del settore florovivaistico, con in primo piano tantissimi nuovi prodotti e servizi che fanno il proprio debutto sul mercato internazionale proprio in questa occasione. E poi un programma ricchissimo di premiazioni, dimostrazioni e incontri sui più disparati argomenti per tutti gli operatori professionali della filiera del verde, con quest’anno particolare attenzione alle piante come soluzione sia per contrastare il cambiamento climatico che per attenuarne gli effetti e al florovivaismo di Francia, che è il partner ufficiale di questa edizione.
Si presenta così Ipm Essen 2020, la fiera di settore numero uno a livello internazionale che dal 28 al 31 gennaio si svolgerà per la prima volta nel centro espositivo di Essen completamente ristrutturato. Otto capannoni espositivi di grande superficie e con nuovissime infrastrutture per gli oltre 1.500 espositori provenienti da quasi 50 Paesi. Tra questi, da segnalare i 20 stand nazionali, 2 in più rispetto all’anno scorso: Belgio, Cina, Costa Rica, Danimarca, Gran Bretagna, Giappone, Guatemala, India, Israele, Messico, Olanda, Polonia, Portogallo, Spagna, Sri Lanka, Taiwan, Turchia, Ungheria, Usa, oltre naturalmente alla Francia che sarà in particolare evidenza nel ruolo di partner. In questo elenco spicca l’assenza dell’Italia e il ritorno di Guatemala e Turchia.

Focus sulla Francia
Sotto il motto pubblicitario “Qualità e innovazione. Il tocco francese!”, i visitatori professionali di Ipm Essen potranno scoprire le novità dei migliori ibridatori e produttori di piante provenienti da un po’ tutto il territorio francese. Parallelamente, l’International Horticultural Forum di giovedì si concentrerà su come la ricerca, la cooperazione e gli spazi verdi pubblici possano guidare l'innovazione e la qualità nel settore del verde e rafforzare l'importanza delle piante per una migliore salute e qualità della vita. Tra i relatori saranno presenti architetti paesaggisti francesi, tra cui Michel Audouy della Ecole Nationale Supérieure du Paysage (ENSP) di Versailles e Jean-Marc Bouillon, presidente della Nature Intelligence Foundation. L’industria florovivaistica francese può essere così riassunta in cifre: 3600 produttori su un’area di 16.150 ettari per 19 mila occupati e 1,6 miliardi di euro di fatturato, pari al 12% del valore totale europeo; 19 mila imprese di commercio al dettaglio e all’ingrosso per 58 mila occupati e 7 miliardi di fatturato; 30 mila imprese di servizi paesaggistici e del verde per 91 mila occupati e 5,3 miliardi di fatturato. In Francia esiste un’organizzazione come Val’hor che rappresenta l’intera filiera florovivaistica: produttori, centri di giardinaggio (garden center), fioristi, appaltatori del verde e architetti del paesaggio. All’interno di essa cercano di sostenere gli interessi delle loro oltre 50 mila aziende promuovendo insieme il verde per una qualità di vita migliore.

Vivaisti e cambiamento climatico
In una parte del padiglione 5 e nei padiglioni 6, 7 e 8 di Ipm Essen 2020, i vivai di tutto il mondo forniranno informazioni sulle loro gamme di piante. Le onde di calore e i periodi prolungati di siccità, che stanno diventando sempre più frequenti e intensi, presentano alla professione nuove sfide. Sullo sfondo dell’attuale dibattito sul clima, le autorità locali, ad esempio, devono trovare nuove idee per le aree verdi urbane e stanno cercando piante in grado di resistere a condizioni meteorologiche estreme.



Quali risposte forniscono i vivai? Su tale argomento la Federazione dei vivai tedeschi, nell'ambito del progetto transfrontaliero intitolato "Città verdi per un’Europa sostenibile" (vedi nostro articolo), offrirà un seminario sul tema “Progettare la sostenibilità nella comunità - Rapporti da Open Space Planning” il 29 gennaio (ore 10,30). La direzione della comunità internazionale sarà l’oggetto di una discussione della European Nurserystock Association (ENA) - l’associazione europea dei vivaisti - che tradizionalmente si riunisce in fiera e stavolta lo farà il 29 gennaio. La Fondazione "Green City" sta inoltre pianificando tour informativi speciali in fiera focalizzati sugli “alberi per il clima”.

Nuove piante in concorso
Ogni anno, gli ibridatori e allevatori di piante internazionali introducono sul mercato numerose nuove creazioni, con i colori della stagione e caratteristiche in continua evoluzione. Molti espositori presentano a Essen le loro creazioni, anche prima del lancio sul mercato.



Alcuni concorsi aiuteranno ad orientarsi fra tali novità i coltivatori di piante: l’Innovation Showcase e il Show Your Colors Award. Il primo onorerà le migliori nuove piante di varie categorie. Il secondo premierà il valore aggiunto di una pianta generato attraverso una narrazione (storytelling) di successo, cioè una storia costruita su misura per il prodotto. L’International Association of Horticultural Producers (AIPH) presenterà invece, la sera del primo giorno di fiera, il premio “Grower of the Year” (coltivatore o vivaista dell’anno) destinato alle persone che stanno dietro alle nuove varietà di piante di successo.

Competizioni, trend e dimostrazioni per i fioristi
Molti gli appuntamenti pensati per il comparto floreale. Ci saranno importanti fioristi, influencer e giovani talenti emergenti. Spettacoli teatrali e gare assicureranno un variegato programma dal vivo. I professionisti introdurranno vari concetti di marketing per i punti vendita e in esposizione si troverà una vasta gamma di attrezzature e accessori per le creazioni floreali.



La Trade Association of German Florists (FDF), l’associazione dei fioristi tedeschi, organizzerà per esempio uno spettacolo internazionale con fioristi della Floral Fundamentals Family: Laura Leong dalla Gran Bretagna, Dominique Herold dalla Germania, Hans Zijlstra dall’Olanda, Timo Bolte dall’Austria e Stefan van Berlo dal Belgium.
Gli artisti della piattaforma didattica floreale “Floos” mostreranno come le tendenze floreali si rispecchiano nell’artigianato genuino. Star internazionali come Alex Segura (Spagna), Johan Obendrauf (Austria), Nicu Bocancea (Romania), Britta Ohlrogge (Germania), Jürgen Herold (Germania), Max Hurtaud (Francia), Roman Steinhauer (Russia), Pirjo Koppi (Finlandia), Brigitte Heinrichs (Germania) e Carles Jubany Fontanillas (Spagna) sono attese ad Essen.
Il Flower Council of Holland ha identificato anche quest’anno 3 tendenze di consumo per il 2020: "Inner Retreat", "Blended Cultures" e "Street Savage", che sono i nomi dei nuovi trend per le presentazioni ispirate dalle tendenze. Per FDF Flower Style Trends 2020 il direttore creativo dell'FDF Manfred Hoffmann ha sviluppato una nuova linea insieme al designer floreale Oliver Ferchland: la stella di Instagram silver.fox.x metterà in scena le composizioni floreali in modo espressivo e in diverse atmosfere attraverso una sorprendente serie di scatti fotografici.
La Ipm Fair Cup 2020 (la Coppa della fiera) sarà l’occasione per presentare pezzi nelle seguenti categorie: “Bouquet”, “Green Hero in the Pot” e “Tub planting”. Mentre “Bloom’s World 2020” si concentrerà su presentazioni di prodotti che possono essere realizzate in maniera ottimale negli esercizi commerciali specializzati di piante e fiori e potrà contare su Marion Bauer.

L.S.

Presentato il 14 dicembre a Pistoia un emendamento della Finanziaria 2020 che ha come prima firmataria la senatrice pistoiese Caterina Bini e che introduce per i florovivaisti un’imposta del 5% sugli introiti della commercializzazione di piante provenienti da altri vivai entro il tetto del 10% del fatturato aziendale. Intervenuti alla presentazione alcuni dei maggiori esponenti del Distretto vivaistico ornamentale pistoiese: Luca Magazzini, Fabrizio Tesi e Vannino Vannucci.

 

Non solo bonus verde, ma anche agevolazioni fiscali capaci di rendere più flessibili i produttori di piante e più capaci di soddisfare le grandi commesse ricorrendo agevolmente, quando necessario, ad integrazioni di prodotti conferiti da altri colleghi vivaisti.  
E’ quanto garantirà l’emendamento 25.0.7 alla Finanziaria 2020 proposto come prima firmataria dalla senatrice pistoiese Caterina Bini, a seguito di istanze provenienti da varie componenti del settore florovivaistico e dalle associazioni di categoria agricole nazionali, una volta che la manovra sarà diventata legge. Questa nuova norma, che consiste in un’imposta forfettaria di solo il 5% sugli introiti dei florovivaisti per la commercializzazione di piante acquistate in altri vivai, entro un limite pari al 10% del fatturato complessivo della propria azienda, è stata presentata il 14 dicembre a Pistoia dalla senatrice Bini in una conferenza stampa a cui sono intervenuti alcuni dei maggiori esponenti del Distretto vivaistico ornamentale pistoiese: dal presidente dell’Associazione vivaisti italiani Luca Magazzini, al presidente di Coldiretti Pistoia Fabrizio Tesi fino a Vannino Vannucci, vice presidente di Confagricoltura Pistoia, rappresentata anche dal direttore Daniele Lombardi. 
«E’ una forte agevolazione fiscale – ha dichiarato Caterina Bini – che aiuta il distretto vivaistico pistoiese e tutta la filiera florovivaistica, sia i grandi vivaisti che i piccoli produttori. Ci sarà più trasparenza e tracciabilità e questa norma aiuterà i nostri vivaisti a stare sul mercato».
«Una misura del genere serviva anche prima – ha detto Luca Magazzini – ma il mercato è diventato sempre più selettivo, quindi le aziende hanno bisogno di poter rifornire i clienti nella totalità degli ordini. Oggi avere la possibilità di integrare con prodotti di altre aziende per far fronte a ordini che superano la propria programmazione, magari anche solo per dei picchi di richieste di mercato, fa bene al distretto e a tutto il settore. Mi sento di dire che i beneficiari maggiori saranno proprio le aziende piccole, che magari hanno in un angolo del vivaio delle piante che difficilmente riuscirebbero a vendere e che così invece saranno commercializzate». «E’ facile intuire – ha aggiunto – che la redditività delle aziende non aumenterà tantissimo, perché la marginalità nella commercializzazione di prodotti già finiti è poca. Ma i benefici sono nella capacità di risposta alle richieste del mercato, che ci renderà più competitivi e meno timorosi di accettare certe commesse. E dovrebbero aumentare le vendite».
L’emendamento è forse più importante persino dello stesso bonus verde, ha sostenuto Fabrizio Tesi, «e potrebbe consentire a Pistoia di mantenere la propria leadership creata in tanti anni, ma che non è scontata. Non c’è infatti azienda, grande quanto si voglia, che possa avere una gamma così completa da soddisfare qualunque ordine […] anche perché si possono verificare calamità naturali e si potrebbero perdere delle commesse per la mancanza di piccole percentuali di prodotto. Ci siamo impegnati tutti con le nostre associazioni nazionali ed è un grande risultato».
«E’ un emendamento che va nella logica di salvaguardia della filiera – ha detto Daniele Lombardi – e ne beneficeranno a cascata sia le aziende grandi che le piccole. Dovremo far conoscere questa opportunità ai vivaisti nostri associati». 
D’accordo con lui Vannino Vannucci, che ha aggiunto: «la Pistoia vivaistica ha un ruolo importante nel mondo del verde, ma non è semplice restare ai livelli in cui ci troviamo, perché i costi degli investimenti che ci vengono richiesti sono tanti, rispetto ad altre regioni italiane ma soprattutto rispetto ad altre nazioni. Per rimanere sul mercato accedendo a certe commesse abbiamo bisogno di ricorrere a integrazioni produttive, anche perché certe commesse o le soddisfi totalmente o vieni automaticamente escluso. Fino a ieri non potevamo far fronte a certe richieste, da ora in poi sì, quindi aumenteranno gli affari».
  
L. S.

Presentato ieri a Pistoia dalla Vannucci Piante il primo vivaio “glifosate free”: quasi 3 ettari di coltivazioni in vaso con doppio telo antialga drenante (comprensivo di strato di lapillo) e pacciamature naturali con scarti di legno di filiera corta, il tutto certificato MPS. Vannino Vannucci: «i costi di produzione aumentano del 20/30% e c’è bisogno di sostegno pubblico per la riconversione degli impianti di vasetteria vecchi». Il presidente del Distretto vivaistico di Pistoia Mati: «questa grande azienda innovatrice apre la strada alle più piccole del distretto, che però non sono ferme». Il presidente dell’Associazione Vivaisti Magazzini ricorda che per le coltivazioni in pieno campo, oltre la metà del distretto, il discorso è molto più complesso e costoso. Sulle preoccupazioni per la scadenza del 31 dicembre 2021 per un vivaismo toscano completamente a glifosate 0, l’assessore all’agricoltura Remaschi dice: «riteniamo che può essere rispettata, ma monitoreremo il mercato e faremo verifiche intermedie». Per l’assessore all’ambiente Fratoni le «produzioni devono essere eco-compatibili per avere un mercato e un’appetibilità che va oltre la bellezza della pianta e Vannucci Zero ben interpreta il protocollo per un vivaismo sostenibile recentemente siglato».

Doppi manti antialghe traspiranti, con interposto uno strato di lapillo, per un migliore drenaggio e pacciamature naturali in granuli di scarti di legno (di faggi della vicina montagna pistoiese) adagiate nei vasi su substrati a base di fibra di cocco ecocompatibile. Sono questi gli elementi chiave che consentono al nuovo vivaio Vannucci Zero - oltre 2 ettari e mezzo situati accanto alla sede di Vannucci Piante a Piuvica nel comune di Pistoia - di fare a meno del glifosate, il più utilizzato e contestato degli erbicidi, e di qualunque altro tipo di agro-farmaco contro l’erba infestante. Nel contesto di un processo di coltivazione che è totalmente sostenibile e certificato con il bollino internazionale MPS: dall’infrastruttura con le ampie e pulite zone di rispetto fra strada/fosso e coltivazioni, alle palature in pali di castagno, i contenitori in plastica riciclata e l’irrigazione secondo la tecnica di “micro-irrigazione localizzata” (presente in buona parte della vasetteria del distretto vivaistico pistoiese), che permette di dosare alle piante lo stretto necessario di acqua, con quella in esubero recuperata e riutilizzata al 90%.
Il nuovo vivaio, dopo circa 2 anni di sperimentazioni, è stato presentato ufficialmente ieri alla Biblioteca San Giorgio di Pistoia dal responsabile marketing di Vannucci Piante, Andrea Massaini, al cospetto del titolare Vannino Vannucci, dei presidenti del Distretto rurale vivaistico ornamentale di Pistoia Francesco Mati e dell’Associazione Vivaisti Italiani Luca Magazzini, in un incontro moderato dalla giornalista Cesara Buonamici, che conosce bene il settore agricolo visto che la sua famiglia produce olio nelle colline fiorentine intorno a Fiesole, a cui sono intervenuti, fra gli altri, gli assessori toscani all’ambiente e all’agricoltura Federica Fratoni e Marco Remaschi, il sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi e il presidente della Provincia, nonché sindaco di un comune della montagna pistoiese, Luca Marmo. Una sperimentazione collaudata, come l’ha definita Massaini, che, anche se per ora ha interessato una piccolissima frazione dei terreni di Vannucci Piante, è molto significativa in prospettiva, visto che nell’azienda leader del distretto pistoiese la vasetteria vale il 70% e il pieno campo il 30%. E che rappresenterà un modello anche per gli altri vivaisti, perché questo sistema di coltivazione, ora che è stato studiato e collaudato da Vannucci, è tutto sommato abbastanza semplice, anche se richiede un investimento iniziale per l’organizzazione del vivaio e impone costi di produzione maggiori. Da qui l’aspettativa di normative regionali ad hoc, perché, come ha detto Massaini, «la sostenibilità ha 3 gambe: ambientale, sociale ed economica». Sarà quindi da verificare come reagirà il mercato, sì più sensibile all’eco-compatibilità ma pur sempre attento ai prezzi dei prodotti.
«Nel mondo ci sono i pionieri che aprono la strada, questo è un percorso che è partito tempo fa da un’azienda come Vannucci che ha sempre avuto sensibilità per l’eco-sostenibilità – ha detto Francesco Mati, presidente del Distretto vivaistico pistoiese nel suo intervento –. Il vivaismo sta andando in questa direzione, si sta impegnando e sacrificando, perché è difficile stare sui mercati, dove tutto ciò che esportiamo è sottoposto a migliaia di controlli. Sentiamo spesso parlare di green economy. Forse per la prima volta si tratterà di una green economy dove c’è qualcosa di verde». A margine dell’incontro, Mati ha anche ricordato che il percorso è partito «molti anni fa sostituendo la torba con la fibra di cocco» e che come presidente del distretto plaude all’iniziativa perché «è la dimostrazione che le aziende vivaistiche pistoiesi sono attente all’ambiente e quando una grande azienda per il territorio pistoiese ma anche per l’Europa dà dei segnali di questo tipo sicuramente le altre avranno la possibilità di trovare una strada aperta più facilmente percorribile». Quindi non è un distacco dal resto del distretto e Vannucci non è sola «perché ci sono anche altre aziende che stanno portando avanti iniziative minori» nella stessa direzione.
Nel suo intervento l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi ha detto «che è giusto tenere attenzione sulle 3 gambe della sostenibilità, perché i prodotti devono stare sul mercato», ma c’è e crescerà ancora «una richiesta, magari più di nicchia, per produzioni con determinate caratteristiche e certificazioni. Me lo auguro, perché se un’azienda non guadagna, poi chiude». Quanto è perentorio, alla luce di tali incertezze, il termine del 2021 stabilito dalla Regione Toscana per un vivaismo senza glifosate? Così ci ha risposto l’assessore Remaschi al termine dell’incontro: «abbiamo dato un termine anticipatorio rispetto alle risoluzioni della Commissione europea: abbiamo stabilito che al 31.12.2021 la Toscana deve diventare glifosate free. Abbiamo iniziato un percorso di confronto con le aziende e le organizzazioni e abbiamo la certezza che questo termine possa venire rispettato. Però abbiamo anche il buon senso di capire che c’è un mercato, ci sono aziende che danno occupazione. Quindi è chiaro che faremo dei passaggi intermedi, dei monitoraggi per verificare che questo possa accadere». Con l’auspicio nel frattempo che, tenendo conto di «quello che è successo negli Stati Uniti dove la Bayer è stata chiamata a rifondere cifre molto importanti, ci siano investimenti reali [..] nel mondo della ricerca, affinché effettivamente vengano fuori prodotti con principi attivi diversi che siano meno impattanti per l’ambiente e per la salute di tutti i cittadini» e che «questo termine anticipatorio possa essere attuato anche dalla stessa Commissione europea».
Anche l’assessore regionale all’ambiente Federica Fratoni è stata sentita da Floraviva al termine dell’incontro sul significato di questa iniziativa. «La sperimentazione condotta dall’azienda Vannucci si pone all’avanguardia – ci ha risposto - e soprattutto interpreta in maniera tangibile e molto significativa quelli che sono gli obiettivi che stanno dentro al Protocollo recentemente sottoscritto fra Regione Toscana e distretto vivaistico [vedi]. La sostenibilità è ormai una direttrice di sviluppo ineludibile per cui i vivaisti prima di tutti sanno che le loro produzioni devono essere eco-compatibili per avere un mercato e un’appetibilità che va oltre la bellezza della pianta, l’aspetto e la salute della pianta stessa. E da questo punto di vista questa sperimentazione ci dice che abbiamo giustamente fissato l’asticella sufficientemente in alto, perché a questo modello che l’azienda Vannucci ci propone dovranno orientarsi anche le altre aziende. Ovviamente con un’opera di formazione e soprattutto supporto agli investimenti necessari che ogni azienda dovrà intraprendere per porsi esattamente su questo livello di produzione». E ci sarà un adeguato sostegno economico alle aziende? «Certamente – ha detto l’assessore Fratoni - i fondi del prossimo piano di sviluppo rurale dovranno tenere conto prima di tutto del fatto che esiste un distretto vivaistico, che è un tema anche questo molto dibattuto in Europa, e dall’altra parte che gli investimenti in sostenibilità devono essere prioritari, perché abbattono i costi che le aziende sostengono proprio per collocarsi in una dimensione che sia ambientalmente compatibile e quindi meritano di essere sostenuti».
«Vannucci ha anticipato il percorso – ha esordito nel suo intervento Luca Magazzini, presidente dell’Associazione vivaisti italiani (Avi) – ma il resto del vivaismo non è lontano». «Siamo il 1° settore dell’agricoltura toscana a sottoscrivere con la Regione un impegno di questo genere nell’eco-sostenibilità – ha aggiunto – e oggi lo vediamo concretamente esemplificato nella vasetteria, dove questa impostazione è già avviata nel 30% dei vivai perché è più attuabile, mentre nelle coltivazioni in pieno campo le soluzioni sono più complesse. Ma noi abbiamo bisogno di stare dietro a tutto il vivaismo. Da qui la richiesta di accompagnare il percorso con un sistema di finanziamento. Se il passaggio dovrà essere fatto sul 100% delle superfici aziendali gli investimenti saranno enormi. E bisognerà lavorare affinché questo modello sostenibile sia promosso fra i consumatori, perché le imprese devono fare profitti per sopravvivere». Dopo l’incontro, Magazzini ha precisato che «nella vasetteria i criteri più o meno sono questi, anche se le tecniche di pacciamatura possono essere anche altre, perché su questo fronte è una continua ricerca. Per quanto riguarda invece le coltivazioni in pieno campo si tratta di meccanizzare di più la produzione e fare più attenzione agli spazi di derivazione, che dovranno essere riprodotti anche lì, con forte aumento dei costi». Ma sarà possibile eliminare del tutto il glifosate anche in pieno campo, oltre alla vasetteria? «Sarà possibile attenuarlo drasticamente e attenuare la chimica in generale, ma le patologie delle piante vanno combattute per legge e finché non ci sono principi naturali in grado di farlo bisognerà ricorrere alla chimica, più o meno come si fa con l’uomo». 
Al termine, Floraviva ha chiesto una battuta conclusiva a Vannino Vannucci stesso. Il quale nel suo breve intervento aveva detto che «siamo appena all’inizio, perché abbiamo sperimentato un vivaio di piccole dimensioni per capire meglio quanto può costare produrre a glifosate zero, perché ci sono investimenti importanti da fare e costi di produzione maggiori». Ecco, che cosa si è capito dalla sperimentazione sui costi? «I costi sono sicuramente superiori – è stata la sua risposta -. Ora la percentuale si dice un po’ male, ma dovrebbe attestarsi tra il 20 e il 30 per cento in più. Magari si potrà in futuro limare ulteriormente e migliorare ancora un po’ la performance, ma allo stato attuale sono questi i numeri. Quindi, come ho ricordato prima, bisogna essere accompagnati in questo percorso da finanziamenti pubblici, soprattutto per la riconversione delle vasetterie vecchie». E la qualità delle piante così prodotte è intatta? «La qualità si può mantenere – dice Vannucci -. C’è però più intervento manuale, c’è tanto lavoro in più, è quello il costo aggiuntivo. E anche macchine, certo. Ma i vasi grandi, ad esempio, si invasano a mano. C’è da augurarsi che tutto questo abbia anche un percorso di riconoscimento da parte della clientela».

L. S.

All’inaugurazione di Flormart, dopo la conclusione del convegno su “Verde e salute”, il videomessaggio del ministro delle politiche agricole Bellanova ha sottolineato il «ruolo strategico» del florovivaismo per i numeri e per i benefici all’ambiente. Boschetto (Promex): l’export italiano è cresciuto quest’anno, soprattutto di piante da esterno. Il calcolo del prof. Ferrini sui benefici degli alberi contro il particolato fine: 1 miliardo di euro di spese sanitarie in meno già solo col verde esistente in Italia. Fra gli intervenuti alla tavola rotonda, Capitanio (Anve) e Stanghini (Associazione Vivaisti Italiani). Sentito a margine Mati, presidente del Distretto ornamentale di Pistoia. Approfondimenti con il presidente del comitato scientifico Renato Ferretti («nelle tecnologie c’è tanto da innovare» e pure nella selezione degli «alberi che riducono di più gli inquinanti») e con il responsabile del tavolo di filiera Alberto Manzo, per il quale «il settore ornamentale è esposto ai patogeni, quindi bene ha fatto il ministro a ricordare l’importanza dei controlli» ed è positivo il nuovo ddl sul florovivaismo (la cui discussione alla Camera dovrebbe iniziare entro fine anno) nel quale è previsto un articolo specifico sulla creazione di OP florovivaistiche, a suo avviso aggregazioni utili anche per intercettare finanziamenti comunitari.

La filiera florovivaistica, l’«economia che ruota intorno al verde», è «un mondo ancora troppo poco conosciuto che qui si ritrova e che nel nostro Paese conta numeri importanti: oltre 100 mila addetti, 27 mila aziende, oltre 2,5 miliardi di euro, circa 29 mila ettari di superficie agricola occupata, la ricchezza di biodiversità di cui anche voi siete custodi. Numeri, ma soprattutto un fare che si traduce in ricerca, innovazione, cura e tutela del territorio, rigenerazione del paesaggio, rete importante di competenze e di saperi per città a misura di vita per le bambine e i bambini, ma anche per le persone anziane».
Questo l’inizio del videomessaggio del ministro delle politiche agricole Teresa Bellanova proiettato durante l’incontro inaugurale di Flormart il 26 settembre mattina, subito dopo la conclusione del convegno di apertura sul tema “Verde e salute. Le piante per il benessere delle città. La natura è la soluzione”. Un convegno e un incontro che sono stati l’occasione per fare il punto sulla situazione del settore florovivaistico, che, come ha ricordato il presidente di Promex Roberto Boschetto, ha registrato nell’ultimo anno un incremento dell’export di quasi il 4%, passando da 577 a 599 milioni di euro, grazie soprattutto al +15,6% di alberi e piante da esterno.
Il ministro Bellanova, dopo aver ricordato l’importanza del bonus verde per stimolare la risistemazione di giardini privati ma anche balconi e terrazze, ha sottolineato che «il ministero attribuisce un ruolo strategico» al florovivaismo e che «ci sono delle politiche avviate negli anni scorsi che noi intendiamo proseguire e rafforzare: salvaguardia del reddito, tutela sui mercati internazionali, ricerca». «Per me – ha dichiarato - difendere la nostra agricoltura deve significare tutelare i nostri prodotti e le nostre eccellenze anche da competitor scorretti, e deve poter significare rafforzare i controlli alle frontiere, perché l’ingresso di merci contraffatte o scarsamente controllate non si traduca in danni a volte incalcolabili». «Non consentiremo – ha aggiunto - speculazioni di nessun tipo sulla qualità del nostro vivaismo da parte di competitor esteri. La qualità del vostro lavoro non si discute. Così come sono consapevole che serve aumentare la sicurezza e i controlli per proteggere le nostre attività dall’ingresso dall’estero di patogeni. Il mio obiettivo è lavorare insieme a tutti voi più e meglio per sostenere e rafforzare questo settore, perché a questo segmento possano guardare con fiducia le generazioni più giovani, in considerazione delle grandi potenzialità, alcune ancora in parte inespresse, e per l’importante ruolo che può rivestire per la riduzione dell’impatto ambientale».
Su quest’ultimo punto verteva il convegno, nel quale è intervenuto Francesco Ferrini, rinomato docente di Arboricoltura dell’Università di Firenze. Uno dei principali benefici della piante su cui si è soffermato è la purificazione dell’aria dal particolato e dai metalli pesanti. Il particolato fine, il PM2,5, è un vero killer globale: si calcola che dal 2010 al 2050 raddoppieranno nel mondo i morti causati da queste particelle inquinanti. Ma una barriera di alberi larga da 20 a 180 metri può ridurre le emissioni di particolato dal 50 al 75%. Nel Regno Unito è stato stimato che il beneficio della cattura delle particelle inquinanti da parte del “sistema verde” è compreso tra 7 e 20 sterline per abitante. «Se assumiamo per l’Italia un beneficio di 20 euro per abitante – ha affermato Ferrini – il totale è pari a oltre 1 miliardo di euro di spese sanitarie risparmiate già oggi grazie al verde esistente».
Fra gli intervenuti alla tavola rotonda finale del convegno, intitolata “Il sistema degli operatori pubblici e privati: protagonisti a confronto”, c’erano Leonardo Capitanio, presidente di Anve – Associazione nazionale vivaisti esportatori, e Gilberto Stanghini, vicepresidente dell’Associazione vivaisti italiani. Capitanio ha fra l’altro messo in evidenza che l’Italia è la numero uno in Europa per la produzione di piante e che è caratterizzata da importanti poli vivaistici che andrebbero valorizzati. Mentre tra i punti toccati da Stanghini vi è stata l’osservazione che le aziende più importanti di Pistoia sono concentrate sull’export, anche perché fino ad oggi le città non hanno avuto molta voglia di investire nel verde.
Il presidente del Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia Francesco Mati, sentito da Floraviva dopo l’incontro, ha detto che bisogna «portare il dialogo sul verde e sulla qualità del verde sulle piazze, perché possa essere recepito dal basso» e che si deve «cominciare a fare una progettazione politica sul medio e lungo termine». «Diventa indispensabile per tutte le realtà vivaistiche nazionali – ha aggiunto - riuscire a fare attuare una legge sulla programmazione della produzione», perché le piante hanno spesso un ciclo produttivo non inferiore a 5 anni, spesso superiore, per cui «occorre programmare di più».
A Renato Ferretti, presidente del comitato tecnico-scientifico di Flormart 2019, abbiamo chiesto innanzi tutto quali sono gli elementi di maggiore novità del 70° Flormart dal punto di vista tecnico. «Sicuramente – ha risposto - sono legati a una maggiore propensione alla tematica dell’utilizzazione del verde, sia in termini di espositori che in termini di proposta convegnistica e workshop. Poi senz’altro lo sforzo di proiezione internazionale sia con la visita del gruppo di giornalisti della stampa specializzata internazionale sia con i buyer provenienti da diversi Paesi. Ma anche un’apertura su altri filoni, come quello delle piante officinali con l’Erbale Forum e dell’innovazione con il Flormart Future Village». Su quest’ultimo fronte che cosa attenderci in termini di vera innovazione, cioè «due passi avanti», per usare le parole del direttore Luca Veronesi (vedi nostra intervista)? «Io credo che lo sforzo maggiore sul piano dell’innovazione – ci ha risposto - debba esser fatto anche dalle aziende che tradizionalmente sono al Flormart, aziende che producono le piante, che producono le attrezzature e le tecnologie. Qualcosa si vede, perché per esempio già quest’anno c’è un’azienda, la Peruzzo, che ha presentato due trinciaerba semoventi, uno a propulsione con motore idrico, l’altro completamente elettrico, radiocomandati. Per cui questa è una bella innovazione, non solo dal punto di vista motoristico ma anche per il fatto che si possono comandare a distanza e quindi non c’è l’operatore a bordo e si può andare su pendenze impegnative senza correre rischi. Queste, secondo me, sono le cose da fare. E nelle tecnologie sicuramente c’è tanto da innovare. Ma anche nel settore delle piante, perché il convegno di stamattina dimostra che non basta piantare un albero. Ora è di moda dire si pianta un albero, tutti per qualsiasi cosa piantano un albero. E’ importante, tutto è importante. Però è più importante piantare gli alberi giusti. Quindi se vogliamo ridurre gli inquinanti bisogna sapere quali sono gli alberi che riducono di più gli inquinanti. Vanno selezionati, vanno coltivati, devono essere pronti per essere messi a dimora nei grandi parchi. Quindi anche da questo punto di vista secondo me c’è bisogno di un’innovazione, che ha necessità di una ricerca universitaria ma anche di una sperimentazione in campo da parte delle aziende ed è questa l’innovazione maggiore che dovranno affrontare».
Infine, abbiamo sentito il responsabile del tavolo tecnico della filiera florovivaistica presso il Mipaaf Alberto Manzo, che in primo luogo ha rimarcato che «il ministro ha affermato che questo settore è centrale nell’economia agricola del nostro paese». Manzo, in risposta a una nostra osservazione sulla volontà mostrata da Bellanova nel suo videomessaggio di difendere anche a livello comunicativo e d’immagine il florovivaismo italiano danneggiato dalle speculazioni a seguito della Xylella, si è così espresso: «la criticità del settore florovivaistico è che si occupa di piante ornamentali e, per ragioni di mercato, ha bisogno di novità continue ed è quindi esposto a importazioni da paesi terzi di nuove specie vegetali o specie che offrano un elemento di novità ai consumatori. Il problema è che troppo spesso quelle specie celano all’interno dei possibili patogeni. E questo è stato il caso della Xylella, batterio in cui, come è stato dimostrato dagli studiosi, la sottospecie che ha colpito la Puglia (Gallipoli primo focolaio del batterio) riguardava una pianta di oleandro, probabilmente importata nel 2010, proveniente dal Costa Rica, paese del Centro America che è un grande esportatore di piante ornamentali (come l'oleandro): 43 milioni nel solo 2012. Quindi il settore ornamentale può veicolare questi problemi. Ecco perché il ministro ha fatto bene a ricordare l’importanza dei controlli e di una gestione attiva di queste situazioni per limitare le problematiche. Poi è vero anche che su qualche organo di stampa è stato scritto che la Xylella è arrivata da noi tramite un Paese europeo che commercializza molte piante… questo non lo si può dimostrare, so solo che si fa fatica in questo mondo globalizzato a gestire tali emergenze e soprattutto a controllare e gestire la grande quantità di piante che entrano nel territorio nazionale. Quindi ha detto bene il ministro». «Bisogna investire in comunicazione e promozione – ha continuato Alberto Manzo - e far conoscere la nostra eccellenza. Inoltre, come ha ricordato il presidente di Anve Leonardo Capitanio nel convegno iniziale, noi esportiamo tantissime piante, il che può essere positivo ma anche negativo. Nel senso che contribuiamo meno nelle nostre città e queste possono costituire invece un incentivo, un volano ulteriore per il nostro settore, domandiamoci il motivo». Soprattutto è la domanda interna, sia pubblica che privata, a scarseggiare o no? «Sì». Ma Alberto Manzo ha voluto soffermarsi, prima ancora che glielo chiedesse il cronista di Floraviva, anche sul nuovo ddl sul florovivaismo. Quali sono i suoi aspetti principali? «La cosa importante è che si parla di contratti agrari. Si parla di OP [Organizzazioni di Produttori, vale a dire aggregazioni di aziende di un settore per certi scopi, ndr]. Non abbiamo infatti ancora una OP del settore florovivaistico come c’è invece nell’ortofrutta ed in altri comparti agricoli. Ciò è molto grave, perché le OP servono ad aggregare le aziende e a intraprendere percorsi virtuosi che permettano di ricevere dei fondi dall’Unione europea, che noi quindi non utilizziamo per questo settore». «Il problema di questo settore – ha chiosato - è che non è un settore coeso. Se venissero introdotte alcune delle misure previste dal ddl che spero inizi la discussione alla Commissione Agricoltura della Camera entro la fine dell’anno, allora mi auguro che con le indicazioni concrete della legge, magari appostando dei fondi nella legge stessa, possano fornire un pochino di spinta in più al settore». Ma il problema non è di livello europeo? «Nella DG Agri [Direzione generale per l’agricoltura e lo sviluppo rurale della Commissione europea, ndr] – dice Manzo - si parla di ortofrutta e florovivaismo. Nel 2013 scrissi una lettera ufficiale alla DG Agri per creare un comitato di gestione esclusivo per il florovivaismo, ma mi hanno detto che costava troppo e non l’hanno voluto fare. Cioè la Commissione europea non l’ha voluto». Un freno? «Sicuramente, ma noi le OP le possiamo creare, c’è un regolamento che le prevede. Dipende da noi se vogliamo farle o meno. E sicuramente un’OP porterebbe incentivi economici. Il problema ribadisco è che le aziende del settore non si vogliono aggregare».

Lorenzo Sandiford