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Floraviva si trasforma per la quinta volta in mostra mercato nella bella cornice agreste dell’Istituto tecnico agrario Anzilotti di Pescia il 13 e 14 aprile 2013. In mostra i prodotti della terra di oltre 80 espositori anche da fuori Toscana. Iscrizioni aperte fino al 22 marzo. Andrea Vitali, editore di www.floraviva.it, cita lo slogan coniato per la manifestazione: “chi semina in_formazione raccoglie qualità”.

Più di ottanta espositori provenienti anche da oltre i confini della nostra regione per una ricca vetrina di prodotti enogastronomici tipici, fiori, piante da interno e da esterno, abbigliamento, libri, arredo giardino, macchinari e attrezzi da giardinaggio, e altro ancora. Con grande spazio riservato naturalmente alle imprese locali, in primis al fiore all'occhiello del settore florovivaistico della Valdinievole, del Pistoiese e della Lucchesia. Ma anche la possibilità di visitare mostre temporanee e installazioni artistiche realizzate dagli studenti e dagli insegnati dell’Istituto. Il tutto in una splendida cornice agreste di oliveti, vigneti e giardini erbosi.

L'Istituto tecnico agrario statale Dionisio Anzilotti di Pescia, in provincia di Pistoia, organizza nei giorni sabato 13 e domenica 14 aprile 2013, nella villa settecentesca in cui ha sede, la quinta edizione della manifestazione Floraviva, una mostra mercato dei prodotti della terra e dell’artigianato che prende il nome proprio da questa rivista web, www.floraviva.it, il cui editore, Andrea Vitali, titolare della società di comunicazione diADE, ha di nuovo concesso in prestito gratuito all’Istituto il proprio marchio. Nella convinzione che, citando lo slogan coniato da diADE proprio per questa edizione, che “chi semina in_formazione raccoglie qualità”.

La mostra mercato, a cui è ancora possibile iscriversi fino al 22 marzo (posti disponibili permettendo), sarà aperta al pubblico, con ingresso gratuito, il sabato dalle 10 alle 19 e la domenica dalle 9 alle 19. La sede dell’Istituto Anzilotti è comodamente raggiungibile in auto (uscita al casello autostradale di Chiesina Uzzanese) o in treno (la stazione è a quindici minuti di cammino dalla scuola, ed è disponibile in loco un servizio taxi). La presenza di numerosi stand gastronomici offre la possibilità di consumare cibi e bevande alla mostra.

“Nel 2008 quando nacque la manifestazione e poco prima la rivista web – ricorda Andrea Vitali - la stessa contava pochi clik per giorno, mi ricordo che guardando le statistiche dicevo ai mie collaboratori ‘se non fosse per i clik che facciamo noi per gli aggiornamenti non avremmo nemmeno una statistica’. Oggi contiamo 350 lettori al giorno, con delle punte di 600 e da 700 a 1200 pagine lette”.

“C’è ancora moltissimo da fare – aggiunge - soprattutto qui a Pescia dove si stenta a capire il valore strategico e competitivo di un mezzo così adatto alla nostra area. Agricoltura, ortoflorovivaismo e l’indotto, energie rinnovabili, arte e cultura, enogastronomia, sport e turismo. Proprio come quello che il visitatore ritrova nell’esposizione presso l’Anzilotti. Tutto in stile green per avere informazioni e per darne ai nostri potenziali clienti, un mezzo che raccorda sinergicamente tutte le potenzialità del nostro territorio e le porta fuori. Insomma un “mezzo” che serve al territorio per comunicare e non per fare chiacchiere da salotto”.

Buongiorno,
mentre stavo seduto, scomodo, al mio posto in aereo per andare al Salon Vegetal ad Angers in Fracia, mi è caduto l'occhio su un articolo che parla di una Top manager di NY che molla tutto per aprire un negozio di fiori, il McQueens.co.uk.
Ha fatto successo la signora, dopo una lunga ed immancabile gavetta come tutti.
Ha sfondato, dice l’articolo, grazie a delle vetrine sempre particolari ed allettanti è diventata un guro della moda dei fiori.

Io nella vetrina da guru dei fiori ci metterei dei dolcetti come questi:

Sceso dall’aereo ho ricevuto una chiamata da parte di un amico che mi chiedeva un aiuto per valutare le opportunità per aprire un nuovo negozio: di fiori.

Percorrendo la serpentina dei corridoi della Fiera di Angers, con in testa questo desiderio mondiale di aprire un negozio di fiori, mi sono saltate all’occhio le novità proposte al Salon Vegetal.

Sempre le solite cose, ma vale la pena farvele vedere.
Primo premio anche qui, dopo che ha vinto anche ad Essen, la Verbena x Lanai® Twister Red di SYNGENTA bella bella così come sono belle tutte le verbene bicolore a fogliame scuro e se resistenti a tutte le malattie che colpiscono le verbene compreso il colpo di secco estivo meglio!

 

Salvia x jamensis Viole de Loire ‘Barsal’ – questa Salvia è interessante, si sempre una salvia a fiore blu di ottimo vigore ma l’ha ibridata BARRAULT HORTICULTURE SARL un mio cliente e quindi merita una mia menzione speciale!
 
 
 
 

 

 

Vaccinium corymbosum ‘Pink Lemonade’
Simpatico?
 

 

 

 

Bougainvillea x ‘Flame’
Nuovissima?


 

 

 

 

Clematis Success® Lavender.
Io queste vorrei  venderle!
 

 

 

 

Dianthus x Scent First® Memories
bel garofanino bianco!

 

  
Cliccando QUI potete vedere tutte le immagini delle innovazioni premiate al Salon Vegetal.
Poi nello spazio innovazioni ho trovato uno 'STICKI POUS' che sono delle cartoline postali vegetali.
Bellissima idea di Echasseriau Chloé e Lejeune Morgane, due studentesse! Brave!

In dai miei clienti francesi ho fatto il punto della situazione su alcune colture:
Ho visitato un produttore di Ipomoea che rifornisce tutti quelli che lavorano con le municipalità.

Anche in Francia come in Italia   vende talee in erba di Ipomoea, sia le varietà di Suntory:
   
 
che quelle tradizionali:

Anche le Oxalis sono un prodotto sempre meno da amatore e sempre più conosciuti dai consumatori.
In particolare:
 
Visitando alcuni garden center francesi ho poi notato quanto sono (ancora) importanti le margherite.
Le margherite quelle italiane, soprattutto nei vasi di dimensioni grandi ma anche in vasi piccini, restano uno dei principali prodotti di esportazione!
Ecco i preferiti:

 

Argyranthemum: la seleazione Daisy Crazy di PLA resta una buona scelta per vasi grandi. Va nuova varietà Border pink assicura ottimi risultati!

 

 

 

 

Gazania: restando sempre nella genetica gestista da PLA le Gazania SunBathers® con la Totonaca in testa, restano tra le più interessanti. Il grande vigore di questa pianta ci permette di avere un prodotto finito anche in vasi di grandi dimensioni.

 

 



 

Venidium: quattro varietà disponibili in assortimento da Cohen.
Un amico italiano mi ha detto "ecchisselipija a casa nostra questi?" non so ma ai francesi piace...  

 

 

 

 

Euryops Sonnenschein: classico, giallo, semplice! La differenza in questo caso la fa la qualità del materiale!

 



Matteo Ragni

Flora Toscana e floricoltori pesciatini rappresentati dal Comicent

Da due importanti soggetti della floricoltura pesciatina, l’esperta cooperativa Flora Toscana e la debuttante ad Essen Associazione Florovivaisti di Pescia, soddisfazione per Ipm Germany. Luca Quilici, responsabile produzione della cooperativa, cita alcune novità presentate: le Antiche Camelie toscane dell’800, un nuovo eucalyptus e le certificazioni, fra cui la GlobalGap. I Florovivaisti di Pescia sottolineano il buon impatto su «garden medio-grandi» e «buyer di grandi catene», e la rilevanza delle modalità di presentazione dei prodotti.

Dall’esperta cooperativa Flora Toscana all’Associazione Florovivaisti di Pescia, debuttante alla manifestazione, arrivano commenti positivi sulla loro recente partecipazione alla fiera internazionale delle piante IpmEssen Germany, svoltasi dal 22 al 25 gennaio scorsi. La «più interessante ed importante a livello europeo per quanto riguarda la vasetteria», come spiega Luca Quilici, responsabile produzione della cooperativa pesciatina leader a livello nazionale nella commercializzazione di prodotti florovivaistici.
Flora Toscana e l’Associazione Florovivaisti di Pescia  - che partecipava con cinque aziende (Ammazzini Piante, Società Agricola Nannini, Vivai Cinelli, Del Ministro GiampieroOlea Europea Nursery, Vivai Rosellini) -  rappresentavano i due terzi della pattuglia floricola proveniente dalla Valdinievole (anzi di più, visto che se non si conta l’Associazione le imprese erano 8). Pattuglia che a sua volta equivaleva a quasi un quarto della rappresentanza a Ipm del florovivaismo pistoiese.
Quali sono gli elementi di soddisfazione messi in luce dai due importanti soggetti della filiera della floricoltura di Pescia?
Luca Quilici ha rimarcato che l’interesse suscitato e i numerosi contatti presi durante l’ultima edizione di Essen sono probabilmente da legare «al fatto che Flora Toscana propone sempre diverse novità». Così, in questa circostanza, è stato presentato un progetto, molto legato al territorio e ancora in fase iniziale, centrato sul recupero del «patrimonio di antiche camelie dell'800 toscano». A rendere particolarmente interessante il progetto, osserva Quilici, è anche il fatto che «la coltivazione delle camelie […] viene effettuata utilizzando protocolli di produzione più naturali possibili rispetto agli standard ordinari». Tra le altre novità presentate da Flora Toscana, Quilici cita anche «una nuova varietà di eucalyptus a foglia larga».
«In generale a livello espositivocommenta il responsabile produzione di Flora Toscana - viene prestata sempre più attenzione al pubblicizzare il possesso di certificazioni che garantiscano il consumatore della qualità del prodotto e del rispetto di diversi parametri, sia legislativi che ambientali». E a questo proposito può essere ricordata l’ennesima certificazione ottenuta di recente dalla cooperativa di Pescia: la GlobalGApOpzione 2 per «le buone pratiche agricole riconosciute a livello internazionale», che garantisce ai consumatori sia «eccellenza e qualità del prodotto» che «produzioni rispettose dell’ambiente nonché della salute e sicurezza dei lavoratori».
Dal 2013 Flora Toscana commercializzerà le seguenti produzioni certificate GlobalGap. Alla voce “Fiori e Fogliame Reciso”: Achillea, Agrifoglio, Aralia, Aspidistra, Bocche di Leone, Brassica, Calla, Carthamus, Crisantemo, Dianthus Barbatus, Gerbera, Ilex verticillata, Lilium Asiatico, Lilium Orientale, Lilium L.A., Limonium, Lisianthus, Peonia, Ranuncolo, Ruscus, Solidago e Violacciocca. Tra le “Piante in Vaso”: Agapanthus, Aulax, Banksia, Calla, Camelia, Correa, Dryandra, Eucalyptus Gelsemium, Grevillea, Hardenbergia, Isopogon, Lagerstroemia, Leucadendron Leucospermum, Limonium, Loropetalum, Proteacee, Peonia, Ranuncoli, Telopea e Waxflower.
Sull’andamento di questa edizione di Ipm Germany, Quilici conclude dicendo che «per quanto ci riguarda abbiamo visto un poco più di fermento rispetto all'anno passato, Essen è sempre una fiera viva, al contrario di molte altre, e fra qualche settimana potremmo dare anche una valutazione più completa sulla consistenza dei contatti avuti».
Altrettanto positivo, ma di taglio diverso trattandosi di un debutto alla fiera tedesca, il comunicato dell’Associazione Florovivaisti di Pescia, che vede nella partecipazione ad eventi come questo l’occasione per recuperare «il dinamismo che per tanti anni aveva contraddistinto il nostro territorio della Valdinievole» e che poi «si era un po’ assopito». L’opportunità di «provare a cambiare il nostro modo di condurre ma soprattutto confrontarsi tra aziende e mettere sul tavolo le nostre conoscenze individuali» permettendo «al nostro territorio di affrancarsi dalle grandi aziende pistoiesi, a cui tutti noi riconosciamo il merito di aver trasformato quelle che erano semplici aziende vivaistiche di produzione in realtà di dimensioni industriali».
«L’impressione avuta nel partecipare per la prima volta alla più importante manifestazione a livello europeo del nostro settorescrivono i Florovivaisti di Pescia - è stata quella di capire che anche a piccole/medie aziende come sono le nostre non possa fare che bene». Nel senso di metterci in condizione «d’intuire in anticipo le tendenze, di capire meglio cosa il mercato vuole e, non da ultimo, di riuscire ad avere un’efficiente organizzazione aziendale per poter supportare al meglio le richieste informative su prodotti e logistica di trasporti».
«Abbiamo avuto un riscontro di primo impatto superiore alle nostre aspettative – concludono i Florovivaisti di Pescia -, i nostri prodotti hanno colpito molti operatori, sia che si trattasse di garden medio/grandi, che buyers di grandi catene […]. Abbiamo offerto diverse soluzioni di presentazione del prodotto e questo è stato uno spunto […] a cui daremo seguito anche nelle prossime manifestazioni».

Lorenzo Sandiford

Agrinsieme Cia Confagricoltura Alleanza delle cooperative agroalimentari

Non c’è Coldiretti ma "solo" Cia e Confagricoltura nel coordinamento tra organizzazioni degli agricoltori e Alleanza delle cooperative agroalimentari nato oggi a Roma con il nome “Agrinsieme”. Il modello di rappresentanza è quello del Copa-Cogeca, l’interlocutore unitario di tutte le sigle del settore agroalimentare ai tavoli istituzionali europei. Primo coordinatore Giuseppe Politi, presidente di Cia, che resterà in carica per un anno. Gli obiettivi e le quattro linee di intervento del programma di lavoro. Il commento di Coldiretti: «siamo soddisfatti che la rappresentanza agricola si restringa a due voci». Le risposte di Cia a tre domande di Floraviva.

Un momento di aggregazione fra una parte importante dei protagonisti della filiera agricola e agroalimentare italiana: due delle tre maggiori organizzazioni degli agricoltori quali Cia e Coldiretti, e l’Alleanza delle cooperative agroalimentari. Una risposta concreta alla tanto spesso invocata esigenza di unità, con il paradossale corollario però di una possibile sottile linea di separazione all’interno della rappresentanza dell’agricoltura, con Cia e Confagricoltura insieme e Coldiretti che se ne va per conto suo.
Ieri è nato a Roma Agrinsieme, «il coordinamento associativo per lo sviluppo agricolo agroalimentare» che «rappresenta le aziende e le cooperative di Cia, Confagricoltura e Alleanza delle cooperative italiane (che a sua volta ricomprende Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative e Legacoop Agroalimentareed ha come fine principale «la definizione di politiche che, attraverso l’affermazione di un ruolo strategico dell’agricoltura, garantiscano redditività alle imprese ed alle cooperative agricole, proiettandole verso il mercato più ampio dell’intero comparto agroalimentare». Al termine della riunione dei consigli direttivi delle cinque organizzazioni è stato sottoscritto l’accordo interassociativo che vita ad Agrinsieme. Contestualmente, è stato nominato coordinatore del nuovo soggetto il presidente nazionale di Cia, Giuseppe Politi, che resterà in carica per la durata di un anno come previsto dal documento congiunto.
Come hanno affermato nella successiva conferenza stampa i leader delle cinque associazioni, vale a dire, oltre a Politi, i presidenti di Confagricoltura Mario Guidi, di Fedagri Confcooperative (e dell’Alleanza delle cooperative italiane) Maurizio Gardini, di Legacoop agroalimentare Giovanni Luppi, di Agci Agrital Gianpaolo Buonfiglio, «una parte assai significativa del mondo della rappresentanza agricola unifica le strategie e si propone come interlocutore nei confronti della politica». «Il modello organizzativohanno aggiunto - è quello del Copa-Cogeca, il momento di raccordo europeo tra tutte le sigle del settore agricolo e cooperativo dei Paesi membri, che è interlocutore unitario della Commissione e del Parlamento della Ue». Inoltre, hanno sottolineato i presidenti, Agrinsieme costituisce «un momento di discontinuità rispetto alle logiche della frammentazione che spesso hanno caratterizzato il mondo agricolo» e integra «storie e patrimoni di valori che non vengono annullati, ma esaltati in una strategia unitaria fortemente orientata al futuro»: è pertanto «un reale valore aggiunto rispetto a quanto le organizzazioni hanno realizzato e continueranno a realizzare autonomamente».
Il nuovo coordinamento «lavorerà per la diffusione di strumenti di collaborazione tra imprese agricole e tra i diversi soggetti della filiera agroalimentare, agroindustriale e della distribuzione». Il programma economico in corso di stesura riguarderà in prima battuta i settori dei cereali, del pomodoro, degli agrumi e della zootecnia. La strategia sindacale di Agrinsieme «avrà una ricaduta anche sulle politiche locali e settoriali, dal momento che si realizzeranno coordinamenti territoriali e per singole filiere produttive».
È stata definito un primo programma di lavoro, che è articolato nelle seguenti quattro linee di intervento prioritarie: 1) «politiche di rafforzamento dell’impresa» (sostegno all’aggregazione, rilancio di ricerca e trasferimento dell’innovazione, sostegno al ricambio generazionale; definizione di strumenti per il credito; 2) «una sistematica azione di semplificazione burocratica» (riordino degli e unificazione delle competenze a tutti i livelli territoriali, semplificazione del meccanismo dell’Agea, Agenzia delle erogazioni in agricoltura); 3) «politiche di corretta gestione delle risorse naturali (suolo ed acqua)» (riassetto territoriale e salvaguardia del paesaggio, sviluppo delle biomasse e della “chimica verde”); 4) «aggiornamento del quadro normativo di riferimento» (miglioramento della “infrastruttura giuridica” di settore a livello europeo, nazionale e regionale).
Agrinsieme, come si diceva, rappresenta una fetta importante del settore. Basti pensare che Cia e Confagricoltura valgono 900 mila aziende e oltre il 50% sia dell’intero valore della produzione agricola che della superficie agricola nazionale, senza dimenticare le 8 mila sedi di assistenza sul territorio. Mentre l’Alleanza delle cooperative italiane del settore agroalimentare: 5100 cooperative, 720 mila soci produttori, 34,2 miliardi di euro di fatturato, pari al 24% del fatturato agroalimentare italiano.
Ma manca una componente importante, quella rappresentata da Coldiretti. Come mai? Alla domanda posta da Floraviva Coldiretti nazionale ha risposto, tramite l’ufficio stampa di Roma, soltanto con la seguente, laconica dichiarazione: «siamo soddisfatti che la rappresentanza agricola si restringa a due voci; noi andiamo avanti con i nostri obiettivi».
Abbiamo provato a chiarire tale questione pure con Cia nazionale, che esprime il primo coordinatore di Agrinsieme e che attraverso l’ufficio stampa ha così risposto alle domande di Floraviva:
Agirete sempre insieme da ora in poi ai tavoli istituzionali o rimarranno degli ambiti di autonomia? E se questi ambiti di autonoma iniziativa rimarranno, in particolare fra voi e Confagricoltura, in cosa consisteranno?
«Pur ribadendo le singole autonomie, oggi è stato siglato un documento che contiene quelle linee guida su cui ci sarà un'azione comune. Come lo snellimento della burocrazia e politiche fiscali incentivanti per il settore primario. Ma anche a livello di programma economico, per esempio, si procederà sul territorio a iniziative unitarie, partendo da cereali, pomodoro, agrumi e zootecnia».
Come mai non si è aggregata a voi Coldiretti?
«La Coldiretti si è di fatto autoesclusa con un programma economico che va in altra direzione. Comunque non si è pensato a intrusioni a esclusioni. Anche ora Agrinsieme non è un coordinamento chiuso».
Eppure, anche nel recente passato, su alcuni temi, ad esempio la cosiddetta “legge Salva Olio”, Cia e Coldiretti sono sembrate più vicine fra loro che non a Confagricoltura, che anzi ha criticato vari aspetti di quel testo.
«Le organizzazioni del coordinamento Agrinsieme mantengono le proprie autonomie su alcune tematiche specifiche. Ma questo non inficia la portata storica di tale accordo che ci permette su alcuni grandi temi di avere maggior peso politico, economico e di rappresentanza».

Lorenzo Sandiford

 

Oreste Gerini a Olea 2012 Pescia Istituto agrario Anzilotti

A Olea 2012, all’Istituto agrario Anzilotti di Pescia il 7 dicembre, sono intervenuti Maurizio Servili e Luciana Baldoni, coordinatori del PROGETTO CHE HA PORTATO A UN nuovo «sistema di rintracciabilità evoluto» dell’origine degli oli, presentato ufficialmente da Unaprol due giorni prima a Roma. Oreste Gerini, direttore dell’Icqrf DI FIRENZE, ha comunicato che i controlli anti frode nel 2011 in Toscana sono stati 450. Servili spiega perché crede nella valorizzazione della filiera olivicola tramite l’alta qualità, in linea con la recente bozza di decreto ministeriale per l’istituzione del Sistema di qualità nazionale (Sqn) Olio Extra Vergine di Oliva, che fissa parametri fisico-chimici più stringenti per gli oli italiani di qualità superiore. E sull’olivicoltura “bio” sottolinea che non aggiunge niente dal punto di vista qualitativo e chimico all’olio, a parità di altre condizioni.

«E’ un modello che serve a lanciare delle allerte su prodotti che vengono considerati italiani ma che magari italiani non sono. Quindi è un sistema che mettendo insieme analisi chimiche più analisi molecolari e rielaborandole con un sistema statistico evoluto un’attribuzione ed evidenzia l’alta o bassa probabilità che l’olio provenga realmente dalla zona che viene dichiarata».
Così Maurizio Servili, in margine all’edizione 2012 di Olea il 7 dicembre all’Istituto tecnico agrario Dionisio Anzilotti di Pescia, ha sintetizzato a Floraviva in cosa consiste il «sistema di rintracciabilità evoluto» elaborato da un gruppo di ricercatori dell’Università e del Cnr di Perugia, da lui coordinati insieme a Luciana Baldoni (anche lei presente a Olea 2012) e a Luciano Cruciani, che è stato presentato ufficialmente due giorni prima a Roma presso il Comando Carabinieri Politiche Agricole. Il sistema, realizzato nell’ambito di un progetto di Unaprol (il Consorzio olivicolo italiano) con un cofinanziamento del Ministero delle politiche agricole, mette insieme, come spiegato nel comunicato di Unaprol del 5 dicembre, «nuovi metodi di analisi per distinguere l’origine e le diverse varietà (cultivar), presenti negli oli extra vergine di oliva».
«In praticasi legge nel comunicato - hanno affiancato la rintracciabilità dei documenti a quella di alcuni macro e micro componenti contenuti nell’olio extra vergine di oliva che permettono di stabilire l’origine genetica e geografica degli oli di oliva. Dall’analisi di tali composti, sviluppata su un numero rilevante di campioni di sicura origine nazionale, è stato elaborato un modello statistico in grado di validare con buona approssimazione la provenienza nazionale dell’olio». «La ricerca Unaprol–Mipaafsi legge ancora - in particolare ha permesso di sviluppare un metodo di analisi molecolare dell’olio basato sull’impiego di marcatori Dna. Attraverso questa procedura si è in grado di distinguere varietà di olivo non italiane dei Paesi dai quali vengono importate grandi quantità di olio. Il metodo è stato applicato su diversi campioni di origine italiana consentendo di accertare l’assenza di contaminazione con varietà provenienti da Spagna Grecia e Tunisia. Il progetto […] ha permesso inoltre di implementare un sistema di gestione (G.I.S.) in grado di fornire in tempo reale, in risposta ad una interrogazione con un campione incognito, la rispondenza, con diversi gradi di attendibilità, sulla provenienza del prodotto».
Ed è proprio di alcuni aspetti di questo complesso sistema di analisi degli oli d’oliva che hanno parlato Maurizio Servili (Università di Perugia) e Luciana Baldoni (Cnr di Perugia) nei loro interventi all’incontro presso l’Istituto Anzilotti di Pescia (vedi anche nostro articolo “La ‘Tracciabilità e rintracciabilità degli oli’ a Olea 2012”), intitolati rispettivamente: “Tecnologie e biotecnologie degli alimenti: la qualità e la rintracciabilità analitica dell’olio”, “Riconoscimento della composizione varietale degli oli extravergine di oliva mediante test del DNA”. Incontro che, come ha ricordato la preside dell’Istituto Siriana Becattini aprendo i lavori, è un appuntamento fisso che ogni anno la scuola dedica a temi riguardanti il mondo dell’olivicoltura e dell’olio, che sono centrali per l’economia pesciatina. E che aveva fra i relatori anche Fabrizio Filippi, presidente del Consorzio per la tutela dell'Olio Extravergine di Oliva Toscano IGP, che ha presentato “L’esperienza e le prospettive dell’Igp toscano”, e Oreste Gerini, direttore dell’ufficio fiorentino dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) del Ministero delle politiche agricole.
Quest’ultimo, sentito dopo il suo intervento intitolato “Le frodi nel settore degli oli di oliva”, in cui aveva illustrato la ricca e fantasiosa casistica di trucchi, infrazioni e reati commessi in questo ambito, ha fatto sapere che nel 2011 in Toscana sono stati effettuati 450 controlli che hanno portato a una ventina di contestazioni di infrazioni amministrative, mentre a livello nazionale i controlli sono stati 5825 e le contestazioni circa 600. «L’olio – ha commentato Oreste Gerini - in Toscana, dopo il vino, è il settore più controllato. E di illeciti ne vengono trovati tanti, però soprattutto documentali. Dal punto di vista analitico grandi elementi non ci sono. Naturalmente ci sono stati i casi recenti di cronaca». «Il settore oleario – ha spiegato - è da sempre un settore in cui le frodi sono state molte. Attualmente sono ancora presenti sicuramente la frode della deodorazione, ossia l’eliminazione di cattivi odori e sapori, la frode della colorazione di oli di semi con clorofilla; e poi soprattutto ci sono le frodi sulla diversa origine del prodotto rispetto a quella dichiarata». A ciò vanno aggiunte le molte «etichette borderline», che «però non sono frodi»: «sono etichette assolutamente regolari e dovrebbe essere la cultura del consumatore a permettergli di capire quello che dice l’etichetta relativamente all’origine dell’olio e quello che magari invece è solo un marchio commerciale».
«L’analisi molecolare degli olici ha spiegato Luciana Baldoni semplificando i contenuti della sua relazioneè basata sul principio che nell’olio si conserva il Dna delle varietà da cui è stato estratto. E quindi analizzando quel Dna è possibile risalire a quali sono le varietà che sono state impiegate per farlo o, nel caso di frodi e quindi di miscelazioni con oli di altre specie, anche accertare appunto la presenza di queste altre specie. E’ una tecnologia in evoluzione: sono stati messi a punto già i protocolli per estrarre il Dna dall’olio. Si riesce ad estrarre Dna anche da oli rettificati, filtrati, deodorati, ecc., anche se in quantità veramente minime, e il Dna è molto frammentato. Non si possono utilizzare i marcatori che sono stati impiegati per la caratterizzazione della varietà. Quindi bisogna fare un progetto specifico per identificare nuovi marcatori che siano adatti per questo scopo e che devono essere varietà-specifici o specie-specifici».
Luciana Baldoni ha poi ricordato in cosa consiste il progetto Olviva: «un progetto interregionale che ha coinvolto quasi tutte le regioni olivicole, tranne l’Abruzzo, l’Emilia Romagna e il Veneto, che prevedeva diverse attività. E, per quanto riguarda questo aspetto dell’identificazione delle varietà, l’identificazione con marcatori SSR o con microsatelliti delle 200 e oltre varietà italiane principali». Si è arrivati cioè a «una banca dati con una scheda per ciascuna varietà e questa scheda è stata registrata al Ministero dell’agricoltura nel registro nazionale delle varietà». Baldoni ha osservato che delle oltre 500 varietà di olivi identificate in Italia con vari metodi fino ad ora, che fanno che l’Italia abbia il 42% del patrimonio varietale olivicolo del mondo, almeno 200 potrebbero essere interessanti a fini produttivi. «Oggi il 95% della produzione nazionale viene fatta con 10 varietà, ma in un’ottica di valorizzazione delle varietà locali penso che si potrebbe pensare a circa 200 varietà».
E su questo tema della valorizzazione e difesa dell’olivicoltura italiana - caratterizzata da una biodiversità e una qualità mediamente molto più alte (come confermato anche dalla composizione chimica dei nostri oli extra vergine) ma anche da costi di produzione assai maggiori che nel resto del mondoabbiamo fatto alcune domande a Maurizio Servili.
Come possiamo difenderci dall’espansione dell’olivicoltura intensiva spagnola o nord-africana?
«La strategia nostra – ha risposto Servili - è quella di proteggere le produzioni nazionali, o meglio la qualità delle produzioni nazionali. L’unico elemento che differenzia ormai l’Italia dal resto del mondo è il fatto che mediamente l’olio italiano ha una qualità superiore rispetto all’olio che viene importato da altri Paesi. Quindi dobbiamo munirci di sistemi sia giuridici che analitici che ci permettano di proteggere le produzioni di qualità». E a questa esigenza una risposta proprio il sistema di rintracciabilità evoluto elaborato dalla sua equipe.
Riguardo poi alla possibilità di far leva sulla ricchezza di cultivar dell’Italia, Servili ha osservato: «già si fa leva su ciò, per chi è in condizione di farlo, perché si lavora sulle dop, sui monovarietali, c’è molto interesse sugli oli monovarietali, un po’ a modello del vino. Perché i monovarietali hanno il vantaggio che in effetti queste differenze che noi abbiamo visto si esaltano, perché se si fanno le miscele, i blend, si tende invece ad avvicinare le posizioni […]. Quindi il monovarietale è la via per l’alta differenziazione del prodotto».
Servili dunque crede nella strategia dell’alta qualità. «E’ l’unica opportunità – dice - perché i costi di produzione in Italia sono minimo tre volte quelli spagnoli, e quindi quattro-cinque volte quelli del sud del Mediterraneo. E quindi su questo non c’è storia. Sulla qualità la storia c’è, perché mettendo insieme alta qualità e differenze e quindi biodiversità, si riescono a produrre prodotti unici che gli altri Paesi non sono più in condizioni di fare. E quindi venduti a prezzi più alti. Questo è il gioco che dobbiamo portare avanti. Anche perché l’olio extra vergine italiano, quello che va sul mercato, saranno 2 milioni di quintali d’olio al massimo, ma proprio a mettere tutto sul mercato quello che non è autoconsumo. Significa che su una produzione [mondiale, ndr] che è di 3 milioni di tonnellate è niente, è una nicchia. E quindi potrebbe essere la nicchia, come nel mercato dell’auto abbiamo la nicchia delle super car, che le pagano però di più di quanto si pagano le auto di serie».
Del resto questa sembra una strada intrapresa anche dal Ministero delle politiche agricole. Che proprio a fine novembre ha fatto passi importanti in tale direzione con la pubblicazione della bozza di decreto ministeriale per l’istituzione del Sistema di qualità nazionale (Sqn) Olio Extra Vergine di Oliva riconosciuto ai sensi dell’art. 22, paragrafo 2 del Reg. (CE) n. 1974/2006: un sistema volontario, con relativo marchio, che dovrà contraddistinguere gli oli di oliva extra vergine italiani di qualità superiore (nel sito web del Mipaaf sono consultabili decreto e disciplinare, con l’importantissima tabella delle proprietà che esplicita i limiti dei parametri fisico-chimici più significativi, più stringenti di quelli dei normali extra vergine: vedi nel verbale).
Sui vantaggi o meno dell’olivicoltura bio, ecco il pensiero di Servili: «dal punto di vista qualitativo» e «della composizione chimica dell’olio» non ci sono differenze fra tecniche biologiche e convenzionali; «a parità di varietà, a parità di ambiente e a parità di stadio di maturazione del frutto danno, lo stesso prodotto». Le differenze sorgono solo «dal punto di vista dell’impatto ambientale della coltura, perché le coltivazioni biologiche comportano comunque una riduzione dell’uso dei pesticidi, dei fitofarmacialmeno dovrebbero -, e una riduzione dei concimi inorganici».

Lorenzo Sandiford