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La Commissione Europea ha adottato il 22 giugno una proposta legislativa per ripristinare gli habitat danneggiati e (ri)portare natura in tutti gli ambienti, anche urbani, per contrastare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. Budget 100 miliardi di euro. Previsti vincoli per gli Stati UE e misure quali rinaturalizzazione, reimpianto di alberi, rinverdimento delle città, eliminazione dell'inquinamento. Tra gli obiettivi, 0 perdite di spazi verdi urbani entro il 2030 e poi aumento del 5% entro il 2050, copertura arborea minima del 10% in ogni città e guadagno di verde integrato in edifici e infrastrutture; stop al declino degli impollinatori entro il 2030.
Una proposta legislativa «pionieristica» per «ripristinare gli ecosistemi danneggiati e riportare la natura in tutta Europa, dai terreni agricoli e i mari alla foreste e agli ambienti urbani» entro il 2050. Ciò al fine di «evitare il collasso degli ecosistemi e prevenire i peggiori impatti dei cambiamenti climatici e della perdita di biodiversità».
È stata sintetizzata così nel comunicato stampa ufficiale della Commissione Europea (CE) una delle due proposte adottate mercoledì 22 giugno scorso per attuare le strategie cardine del Green deal europeo. (Dell’altra proposta legislativa, riguardante la riduzione dei fitofarmaci, abbiamo già scritto qua).
Questa proposta di ripristino della natura in Europa è particolarmente urgente, fa sapere la CE, dal momento che nel territorio europeo «oltre l'80% degli habitat [sono] in cattive condizioni» e «tra il 1997 e il 2011 la perdita di biodiversità ha rappresentato una perdita annua stimata tra 3.500 e 18.500 miliardi di €». E la valutazione d'impatto della normativa sul ripristino della natura ha dimostrato che i benefici del ripristino superano di gran lunga i costi: «si stima che i benefici economici del ripristino di torbiere, paludi, foreste, brughiere e sottobosco, prati, fiumi, laghi, habitat marini e alluvionali e zone umide costiere siano otto volte superiori ai costi».
Si tratta del primo atto legislativo della Commissione Europea, specifica il comunicato della CE, che «mira esplicitamente a ripristinare la natura in Europa, a riparare l'80% degli habitat europei che versano in cattive condizioni e a riportare la natura in tutti gli ecosistemi, dalle foreste e dai terreni agricoli agli ecosistemi marini, di acqua dolce e urbani. In base alla presente proposta sul ripristino della natura, saranno assegnati a tutti gli Stati membri obiettivi giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura in vari ecosistemi, a integrazione delle normative esistenti. L'obiettivo è far sì che le misure di ripristino coprano almeno il 20% delle superfici terrestri e marine dell'UE entro il 2030 e si estendano infine a tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050».
«La normativa – si legge nel comunicato - porterà ad un livello superiore le esperienze maturate in materia di misure di ripristino della natura, quali la rinaturalizzazione, il reimpianto di alberi, il rinverdimento delle città o l'eliminazione dell'inquinamento per consentire il recupero della natura». E «il ripristino della natura – viene spiegato - non equivale alla protezione della natura e non comporta automaticamente un aumento delle aree protette. Il ripristino della natura è necessario anche nelle zone protette a causa delle loro condizioni sempre più precarie, ma non tutte le aree ripristinate devono diventare zone protette. La maggior parte di esse non lo diventerà, in quanto il ripristino non preclude l'attività economica. Il ripristino consiste nel vivere e produrre insieme alla natura, riportando una maggiore biodiversità ovunque, anche nelle zone in cui si svolge un'attività economica, come ad esempio le foreste gestite, i terreni agricoli e le città».
Il ripristino deve essere realizzato attraverso un processo inclusivo e «avrà un impatto particolarmente positivo su coloro che dipendono direttamente da una natura sana per il proprio sostentamento, compresi gli agricoltori, i silvicoltori e i pescatori». «Gli investimenti per il ripristino della natura – specifica il testo della CE - apportano un valore economico compreso tra 8 e 38 € per ogni 1 € speso, grazie ai servizi ecosistemici che favoriscono la sicurezza alimentare, la resilienza degli ecosistemi e l'attenuazione dei cambiamenti climatici, nonché la salute umana. Aumenta inoltre la presenza della natura nei nostri paesaggi e nella nostra vita quotidiana, con benefici dimostrabili per la salute e il benessere nonché un valore culturale e ricreativo».
Verranno fissati obiettivi e obblighi di ripristino in un'ampia gamma di ecosistemi terrestri e marini. La massima priorità va agli «ecosistemi con il maggiore potenziale di rimozione e stoccaggio del carbonio e di prevenzione o riduzione dell'impatto delle catastrofi naturali (come le inondazioni) rivestono la massima priorità». E «la nuova normativa – precisa il comunicato - si basa sulla legislazione esistente, ma riguarda tutti gli ecosistemi senza limitarsi alle zone protette della direttiva Habitat e di Natura 2000, con l'obiettivo di avviare il percorso di recupero di tutti gli ecosistemi naturali e semi naturali entro il 2030. Beneficerà di ingenti finanziamenti dell'UE: nell'ambito del quadro finanziario pluriennale circa 100 miliardi di € sono destinati alla biodiversità e al ripristino».
Gli obiettivi proposti includono:
- l'inversione del declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 e, successivamente, l'aumento di queste popolazioni;
- nessuna perdita netta di spazi verdi urbani entro il 2030, un aumento del 5% entro il 2050, una copertura arborea minima del 10% in ogni città, piccola città e periferia europea e un guadagno netto di spazi verdi integrati negli edifici e nelle infrastrutture;
- negli ecosistemi agricoli, l'aumento complessivo della biodiversità e una tendenza positiva per le farfalle comuni, per l'avifauna nelle aree agricole, per il carbonio organico nei suoli minerali coltivati e per gli elementi caratteristici del paesaggio ad alta diversità sui terreni agricoli;
- il ripristino e la riumidificazione delle torbiere drenate a uso agricolo e nei siti di estrazione della torba;
- negli ecosistemi forestali, l'aumento complessivo della biodiversità e una tendenza positiva per quanto riguarda la connettività delle foreste, il legno morto, la percentuale di foreste disetanee, l'avifauna forestale e le riserve di carbonio organico;
- il ripristino degli habitat marini quali le colture marine o i fondali di sedimenti e il ripristino degli habitat di specie marine emblematiche quali delfini e focene, squali e uccelli marini;
- l'eliminazione delle barriere fluviali in modo che almeno 25.000 km di fiumi siano trasformati in fiumi a flusso libero entro il 2030.
Per contribuire al conseguimento degli obiettivi, mantenendo nel contempo una certa flessibilità in funzione delle circostanze nazionali, la normativa imporrebbe agli Stati membri di elaborare piani nazionali di ripristino, in stretta collaborazione con i ricercatori, i portatori di interessi e i cittadini. Esistono norme specifiche in materia di governance (monitoraggio, valutazione, pianificazione, rendicontazione e applicazione), che migliorerebbero anche l'elaborazione delle politiche a livello nazionale ed europeo, garantendo che le autorità considerino congiuntamente le questioni connesse della biodiversità, del clima e dei mezzi di sussistenza.
La proposta concretizza un elemento chiave del Green Deal europeo: l'impegno dell'Europa, assunto nell'ambito della strategia sulla biodiversità per il 2030, di dare l'esempio per invertire la perdita di biodiversità e ripristinare la natura. Si tratta del contributo fondamentale dell'UE ai negoziati in corso su un quadro globale per la biodiversità post-2020 che sarà adottato nell'ambito della Convenzione sulla diversità biologica COP15 di Montreal (dal 7 al 15 dicembre di quest'anno).
Come dichiarato da Virginijus Sinkevičius, Commissario responsabile per l'Ambiente, gli oceani e la pesca, alla conferenza stampa del 22 giugno scorso, «i cittadini europei sono stati chiari: esigono che l'UE agisca a favore della tutela della natura e la riportino nella loro vita. Gli scienziati sono stati chiari: non c'è tempo da perdere. Altrettanto chiara è la motivazione economica: ogni euro speso per il ripristino frutterà un utile di almeno otto euro. Questa proposta storica riguarda il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, in modo da poter vivere e prosperare insieme alla natura. Si tratta di una normativa per tutti i cittadini europei e per le generazioni future, per un pianeta sano e per un'economia sana. È un atto normativo senza precedenti a livello mondiale e ci auguriamo che possa ispirare un forte impegno internazionale per la protezione della biodiversità nella prossima COP15».
La proposta sarà esaminata dal Parlamento europeo e dal Consiglio, nell'ambito della procedura legislativa ordinaria. Dopo l’adozione, l'impatto sul terreno sarà graduale: le misure di ripristino della natura dovranno essere attuate entro il 2030.
L.S.
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- Scritto da Andrea Vitali
Adottata dalla Commissione Europea una proposta legislativa per sostituire la Direttiva 128 del 2009 per l’uso sostenibile dei pesticidi con un regolamento con obiettivi vincolanti: ridurre del 50% l'uso e i rischi dei pesticidi chimici entro il 2030 e divieto assoluto di tutti i pesticidi nei parchi e giardini. Le reazioni critiche di alcune associazioni di agricoltori europee e italiane come Copa-Cogeca, Confagricoltura e Cia-Agricoltori Italiani. Le prossime tappe dell’iter di approvazione.
Sulla stessa linea d’onda, il comunicato stampa del 23 giugno di Cia – Agricoltori Italiani, in cui si parla di tagli degli agrofarmaci «poco realistici» e di «mancanza di alternative efficaci» e di «transizione troppo veloce» che «mette a rischio la sostenibilità economica delle aziende». Per cui si chiede di «accelerare gli iter autorizzativi dei prodotti alternativi agli agrofarmaci, che ancora scontano eccessive lentezze burocratiche».
Lorenzo Sandiford
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- Scritto da Andrea Vitali
Il presidente della Regione Toscana Giani: con questo contributo straordinario «veniamo incontro alla richiesta di aiuto del commissario prefettizio di Pescia De Cristofaro, perché è un’attività economica importante», ma non è proprietà regionale e «in futuro alla manutenzione dell’immobile dovrà pensarci il Comune». De Cristofaro: «i soldi della Regione indispensabili per avviare la messa in sicurezza ed evitare il possibile sequestro», un altro milione lo metterà il Comune. Il consigliere regionale Niccolai, membro della Commissione Agricoltura, «il Mefit sembrava spacciato, in soli 2 mesi grazie al progetto credibile di De Cristofaro e all’impegno di Giani ha una seconda possibilità» e sul futuro del Mefit dice: è necessario definire un piano «con impegni precisi» e che sia «credibile».
L.S.
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- Scritto da Andrea Vitali
Il 24 marzo in un convegno presso l’Accademia dei Georgofili di Firenze il bilancio del progetto “Autofitoviv”, che ha avuto come capofila l’Associazione Vivaisti Italiani. Sono stati sperimentati, sotto la guida di ricercatori di Cnr, Crea e Università di Firenze e di Pisa, nei vivai di due aziende leader del distretto vivaistico di Pistoia i migliori metodi di autocontrollo fitosanitario per identificare tempestivamente organismi nocivi e le più aggiornate strategie di difesa fitosanitaria alternative all’uso di prodotti chimici di sintesi. Fra i risultati alcuni spiragli per la lotta alle infestanti senza erbicidi anche nelle coltivazioni in pieno campo tramite colture di copertura fra i filari analoghe a quelle spesso adottate in olivicoltura e viticoltura. Il presidente di AVI Magazzini: «un percorso avviato molto importante e le soluzioni sperimentate saranno affinate e riproposte, ma c’è bisogno di ulteriori verifiche e adattamenti al quotidiano aziendale». La sintesi di tutte le relazioni dei ricercatori protagonisti del progetto e l’elenco delle attività svolte nei vivai di Vannucci Piante e Innocenti e Mangoni Piante. [Nella foto in alto visita aziendale: tappa davanti a una trappola Cross-vane]
L’impiego di trappole posizionate nei piazzali di carico per il rilevamento tempestivo di insetti - da cui non sono emerse presenze di organismi nocivi da quarantena - quale metodo di autocontrollo per rispondere al problema del possibile arrivo di organismi nocivi alieni nei vivai pistoiesi attraverso gli scambi commerciali. Il metodo della confusione sessuale (mating disruption) contro la tignola orientale del pesco (Grapholita molesta) che ha consentito di ridurre da 7 a 1 i trattamenti chimici per evitarne i danni.
Sono soltanto due esempi delle varie sperimentazioni e dei risultati del progetto del Gruppo Operativo Autofitoviv sulle “Buone pratiche per l’autocontrollo e la gestione fitosanitaria sostenibile nel vivaismo ornamentale” presentati ieri all’Accademia dei Georgofili di Firenze nel convegno conclusivo dell’iniziativa. Un progetto, avviato nel 2019 e giunto a conclusione ora, che è stato finanziato dalla Regione Toscana nell’ambito del PSR 2014-2020 e che ha visto come capofila l’Associazione Vivaisti Italiani (AVI), come partner aziendali due imprese leader del distretto vivaistico pistoiese socie di AVI quali Vannucci Piante e Innocenti e Mangoni Piante, come partner scientifici l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante (CNR-IPSP), il CREA Difesa e Certificazione, il CREA Orticoltura e Florovivaismo, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali dell’Università di Firenze e il Dipartimento in Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, con il Lab Center for Generative Communication del PIN - Polo Universitario Città di Prato impegnato nella formazione e comunicazione e l’Accademia dei Georgofili nell’attività convegnistica e d’informazione.«Il progetto – ha spiegato aprendo i lavori Riccardo Russu, già direttore del Servizio Fitosanitario Regionale - ha avuto origine da un'intuizione maturata negli anni 2014-2015, in cui si avvertiva la necessità di un coinvolgimento diretto delle imprese vivaistiche nelle azioni di monitoraggio, controllo e sorveglianza delle loro produzioni, al fine di evitare o limitare la diffusione di organismi nocivi sul territorio del distretto vivaistico pistoiese. Nel 2015 veniva siglato un protocollo d’intesa tra la Regione Toscana ed il Distretto vivaistico pistoiese con la partecipazione dell'Associazione Vivaisti Italiani, allo scopo di avviare un processo di partecipazione delle imprese vivaistiche all'attività di autocontrollo fitosanitario sia nelle fasi di coltivazione, che di importazione di vegetali da ricoltivare in azienda. Tenuto conto dell'esperienza di autocontrollo, avviata nell'anno 2015 in fase sperimentale ed autogestita dai vivaisti, il progetto Autofitoviv ha permesso il coinvolgimento sia delle imprese già consapevoli degli effetti positivi di questa attività, che del mondo scientifico toscano, per collaudare nuove metodologie e verificarne i risultati».
Come ricordato dalla coordinatrice di Autofitoviv Francesca Giurranna e poi illustrato da Ilaria Marchionne del Lab Center diretto dal Prof. Luca Toschi, il progetto prevedeva tra l’altro 2 corsi di formazione tecnici e 1 di comunicazione, oltre ad alcune visite nelle aziende coinvolte nella sperimentazione, per fare conoscere ad altri vivaisti i metodi e le tecniche applicati. In tutto 42 ore per 52 partecipanti nelle tre edizioni di ciascuno dei due corsi tecnici e 24 ore per 23 partecipanti nelle due edizioni di quello di comunicazione, mentre i partecipanti alle 4 visite sono stati 38 per 12 ore di attività.
A tirare le somme del progetto e del convegno di ieri, dopo le relazioni di tutti i ricercatori coinvolti nel progetto [vedi sotto una sintesi delle relazioni], è stato il Dott. Emilio Resta, responsabile scientifico di Autofitoviv per AVI. Resta ha innanzi tutto ricordato che il progetto aveva due finalità principali: A) contenere e gestire il problema della «introduzione inconsapevole di organismi alloctoni con lo scambio commerciale di materiale vivaistico», che significa «ridurre l’impatto ecologico sull’ecosistema, economico a carico della comunità, ma anche sanitario visto che generalmente questo comporta una maggiore necessità dell’utilizzo del mezzo chimico»; B) proporre «metodi alternativi di provata efficacia scientifica» alla gestione fitosanitaria dei vivai basata su «strategie di difesa con formulati di sintesi», in modo da ridurre l’impatto sull’ambiente.Emilio Resta ha poi riferito alcuni risultati delle sperimentazioni effettuate, che si aggiungono ai due citati all’inizio di questo testo. A proposito del problema nematodi, ha sottolineato che nell’analisi effettuata sui substrati più utilizzati nelle coltivazioni in contenitore del distretto vivaistico pistoiese non sono stati rilevati nematodi fitoparassiti (dannosi), ma nematodi saprofiti (innocui) in abbondanza e predatori utili a controllare i nematodi fitoparassiti; mentre invece dall’analisi del suolo nelle coltivazioni in pieno campo è risultata una discreta incidenza di nematodi fitoparassiti. Un altro risultato riferito da Resta riguarda i metodi di monitoraggio adottati per oidi e ruggini, che hanno consentito di identificare i relativi picchi: per l’oidio a maggio e giugno, per le ruggini nei mesi di luglio, settembre e marzo. «Queste indicazioni – ha detto – sono utili per collocare in modo corretto i trattamenti fitoterapici preventivi tesi a contrastare l’infezione primaria». Infine, riguardo a quella che è la problematica maggiore del vivaismo ornamentale, cioè la presenza di piante infestanti che richiedono l’uso di erbicidi come il glifosate, sono stati innanzi tutto studiati metodi e prodotti naturali in grado di rendere ancora più efficaci i pacciamanti legnosi già utilizzati nelle coltivazioni in vaso. Inoltre si è capito che una strada per risolvere il problema dell’eliminazione delle infestanti nelle coltivazioni in pieno campo potrebbe essere quella dell’utilizzo di colture di copertura (cover crops) «in grado di limitare lo sviluppo delle infestazioni», che possono essere utili «anche come casa per gli impollinatori e per tanti antagonisti di parassiti delle piante».
«Il percorso avviato con Autofitoviv – ha commentato il presidente di AVI Luca Magazzini - è molto importante dal punto di vista tecnico e le sperimentazioni e le soluzioni che sono emerse avranno modo di essere affinate e riproposte all’interno delle aziende, ma non è una cosa che si possa fare dall’oggi al domani. C’è bisogno di riflettere sui metodi, ottimizzarli, farli stare in piedi sia dal punto di vista dei risultati che della sostenibilità economica. Quindi un giudizio positivo, ma c’è bisogno di un ulteriore percorso di verifica e ottimizzazione nel quotidiano aziendale».
Al convegno era presente anche il Prof. Francesco Ferrini, attuale presidente del Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia, che ha evidenziato «l’importanza di questi progetti, perché se l’imprenditoria è supportata dal sistema pubblico e dalla ricerca allora diventa davvero vincente».
Per ulteriori informazioni sul progetto visitare il sito web autofitoviv.eu.
Sintesi delle relazioni dei ricercatori protagonisti di AutofitovivElisabetta Gargani (CREA DC) nella sua relazione “Ottimizzazione gestione fitosanitaria: Alien Pest”, dopo aver ricordato che il precoce ritrovamento di insetti esotici è una priorità assoluta, ha illustrato le trappole installate nei piazzali di carico e scarico dei vivai delle aziende partner per il monitoraggio: «Theysohn, Multi-funnel e Cross-vane, innescate con attrattivi generici (alfa pinene e alcool) e specifici (feromoni per Ips) e controllate una volta al mese». Le sue conclusioni sono che i sistemi di monitoraggio impiegati, tramite l’uso della tecnica del multi-lure trapping (combinazione di differenti attrattivi generici e feromoni specifici), hanno consentito di intercettare tempestivamente fitofagi (di 18 identità tassonomiche) presenti anche solo sporadicamente. Ma nessuna specie aliena è stata rinvenuta. Infine ha ricordato che sono state elaborate per i vivaisti delle schede puntuali per identificare e gestire gli organismi esotici, con particolare riguardo per gli insetti dannosi.
Nella successiva relazione, su “Ottimizzazione gestione fitosanitaria: Acari”, Sauro Simoni (CREA DC) ha spiegato di essersi concentrato, fra gli acari che possono creare problemi ai vivai, sugli eriofidi, che «hanno sviluppato un’alta specificità e complesse relazioni con le piante ospiti: le conifere, il cipresso in particolare»; e nello specifico soprattutto su Trisetacus juniperinus, che ha gravemente colpito cipressi in vivaio in varie parti del Paese. Tra i risultati, la conferma che la varietà di cipresso Cupressus sempervirens ‘Totem’ è meno suscettibile agli eriofidi rispetto a Cupressus sempervirens ‘Pyramidalis’ e, come indicazione sullo status dei vivai studiati, il riscontro di una positiva presenza di gruppi di acari diversi (biodiversità). Poi Silvia Landi, che ha lavorato con Beatrice Carletti, (CREA DC), ha trattato la “Definizione di protocolli adeguati di campionamento di suolo e terricci per l’individuazione dei nematodi fitoparassiti e la messa a punto di metodi di controllo con prodotti a basso impatto ambientale”. Riguardo al monitoraggio dei terricci e del suolo, è risultato che i terricci più utilizzati nei vivai pistoiesi non costituiscono un fattore di rischio di introduzione di nematodi fitoparassiti (dannosi) e che le piante coltivate per l’intero ciclo produttivo nei substrati hanno mostrato una bassa infestazione. Però l’incidenza di nematodi fitoparassiti è risultata più alta nelle piante coltivate in terreno e ancor più quando le stesse, una volta zollate, sono state trasferite per la definitiva coltivazione in contenitore. Ha raccomandato, pertanto, riguardo ai metodi di difesa (cioè contenimento) in vaso dei nematodi fitoparassiti su piante provenienti da zolla, di campionare sempre i suoli prima dell’impianto e in caso di alta presenza di nematodi fitoparassiti di ricorrere alla biofumigazione con brassicacee (sovescio o interramento delle loro farine). «I prodotti naturali ad oggi sul mercato – ha detto - sono risultati poco efficaci» e fra di essi l’unico con qualche prospettiva pare l’Azadiractina.
Nella relazione su “La gestione fitosanitaria in vivaio: rilevamento di Phytophthora spp. nel suolo e nelle acque di irrigazione” Anita Haegi (CREA DC) ha prima spiegato che la «prevenzione di marciumi radicali e del colletto causati da Phytophthora spp. deve partire dall’utilizzo di materiali esenti da questo patogeno» e poi ha reso noto che nei vivai analizzati «i terricci a base di torba sono risultati esenti da Phytophthora spp., quelli di cocco in un caso ne hanno manifestato presenza. Tuttavia, è da verificare se la contaminazione possa essere avvenuta con l’acqua utilizzata per reidratare i panetti di cocco disidratati». Rispetto all’analisi delle acque irrigue, il fatto che la presenza sia stata riscontrata all’interno del circuito idrico di un vivaio solo in alcuni punti dovrebbe stimolare le aziende a fare prevenzione.
Il lavoro “Messa a punto di metodi speditivi per il controllo di organismi nocivi in ingresso e monitoraggio per oidi e ruggini” di Nicola Luchi, Alberto Santini e la collaborazione di Giorgio Incrocci (CNR-IPSP) è stato presentato da Luchi. A proposito di metodi molecolari per diagnosticare precocemente la presenza di organismi nocivi sulle piante in ingresso nei vivai, sono stati ottimizzati alcuni protocolli diagnostici basati sull’amplificazione isotermica del DNA (LAMP) attraverso appositi strumenti portatili e sulla PCR quantitativa per alcune specie nocive tra cui Phytophthora ramorum, Xylella fastidiosa e Ceratocystis platani su piante ospiti. Riguardo al monitoraggio di oidi e ruggini, sono state usate trappole captaspore in vari punti dei vivai e poi si sono effettuate analisi del DNA, attraverso nuovi protocolli in grado di quantificare simultaneamente l’oidio (genere Erysiphe) e ruggini (genere Tranzschelia) nello stesso campione (duplex real-time PCR). Questi metodi hanno permesso l’identificazione dei periodi di maggiore sporulazione di tali patogeni, che consentono di limitare l’uso di antiparassitari ai periodi in cui sono davvero necessari.
“Controllo di fitofagi chiave delle colture ornamentali mediante l’impiego di mezzi sostenibili” era il titolo del lavoro svolto da Patrizia Sacchetti con Marzia Cristiana Rosi (Università di Firenze – DAGRI). Come illustrato dalla Prof.ssa Sacchetti, due attività svolte nei vivai partner sono state particolarmente interessanti: 1) L’applicazione sperimentale nei confronti della Grapholita molesta della tecnica del Mating Disruption (confusione sessuale) per la protezione di Prunus laurocerasus e Photinia, accompagnata da un numero di trattamenti insetticidi ridotto al minimo, ha dato ottimi risultati, con una percentuale di piante infestate inferiore rispetto alle aree di controllo trattate nel modo tradizionale coi mezzi chimici di sintesi. 2) L’impiego di nematodi o funghi entomopatogeni contro gli attacchi di Otiorhynchus spp. alle radici di Prunus laurocerasus ha permesso la totale eliminazione dei trattamenti chimici diretti contro quest’insetto.
Sonia Cacini (CREA OF) ha tenuto una relazione sulla “Messa a punto di sistemi di monitoraggio dedicati alla gestione fitosanitaria del vivaio”, lavoro svolto con Beatrice Nesi e Daniele Massa (CREA OF). Due le azioni in cui si è articolata la sua attività: 1) installazione di sensori per la verifica delle condizioni climatiche al fine di correlarle ai picchi di sporulazione per oidi e ruggini, oltre ai cicli di afidi e tignola del pesco; 2) caratterizzazione fisica e chimica dei substrati colturali e dell’acqua irrigua. Grazie all’azione 1 e alle correlazioni ricavate si sono potuti mettere a punto dei sistemi di alert ad hoc per i patogeni fungini da un lato e per gli insetti dall’altro. Come spiegato da Sonia Cacini, queste reti di monitoraggio microclimatico sono un ottimo supporto al controllo fitosanitario del vivaio e consentono una gestione razionale di acqua e fitofarmaci. Tuttavia, soprattutto a fronte della convivenza di sistemi colturali diversi e specie vegetali con esigenze differenti, sono costosi sia per l’acquisto e manutenzione della sensoristica che per la gestione dei servizi di raccolta ed elaborazione dei dati. Forse potrebbero essere adottate a livello di consorzi aziendali a seguito di apposite progettazioni di reti di stazioni meteo condivise.
Infine Stefano Benvenuti (Università di Pisa-DiSAAA-a) è intervenuto sulla “Gestione sostenibile della flora infestante nell’attività vivaistica”. Dopo aver ricordato fra l’altro che contro le malerbe l’erbicida chiave, oggetto di particolari criticità ambientali, è ancora il glifosate, ha spiegato che «le prospettive di valorizzazione agronomica del fenomeno dell’allelopatia [la competizione chimica o antagonismo radicale fra piante tramite il rilascio nel terreno di sostanze che inibiscono la crescita delle piante concorrenti vicine, ndr] hanno ispirato alcune sperimentazioni dedicate al contesto vivaistico. L’idea di utilizzare un materiale pacciamante con tale attitudine è stata intrapresa con diversificate sostanze allelopatiche. Risultati promettenti sono stati inoltre ottenuti con acido acetico e/o oli essenziali utilizzati come erbicidi naturali».
Per ulteriori approfondimenti, le relazioni delle attività di Autofitoviv si trovano in un opuscolo scaricabile pubblicato nella pagina dedicata ad Autofitoviv del sito dei Georgofili qua. E un report di presentazione delle linee di ricerca all’inzio del progetto era stato pubblicato qua.
L.S.
Elenco delle prove condotte presso le due aziende partner:
Vannucci Piante
- prove per la caratterizzazione fisica dei terricci prelevati nella sede operativa di Piuvica (Quarrata), ma comuni a tutti i vivai esterni della stessa azienda;
- prove tese a indagare la presenza di nematodi fitoparassiti nei terricci di invasatura;
- prove tese a indagare la presenza di nematodi fitoparassiti nel pacciamante, a base di scaglie di legno di latifoglie, utilizzato a copertura della superficie dei vasi per il contenimento delle infestanti;- installazione nei piazzali di carico, presso la sede operativa di Piuvica, di trappole “Multifunnel” [nella foto accanto], “Theysohn” e “Cross-vane” per l’individuazione di insetti alieni;
- installazione, presso la sede operativa di Piuvica, di n° 3 captaspore per il monitoraggio dell’evoluzione di spore di oidio e ruggini durante l’anno;
- verifiche floristiche, tese a verificare la tipologia delle infestanti presenti nei contenitori e nelle aiuole di coltivazione, presso la sede operativa di Piuvica e il vivaio di Valenzatico (Quarrata);
- prove di monitoraggio di acari, condotte dal partner CREA DC, su conifere presso i vivai di Valenzatico (Quarrata) e Pontelungo (Pistoia);
- prove sperimentali sulla lotta a Grapholita molesta con la tecnica della mating disruption nei vivai di San Biagio (Pistoia), Ferruccia (Agliana) e S. Pantaleo (Pistoia);
- prove sperimentali sull’adozione della mating disruption contro Zeuzera pyrina, nel vivaio di San Pantaleo (Pistoia);
- prove sperimentali di formulati con effetto nematocida nei vivai di Bonelle (Pistoia) e Ponte Stella (Serravalle Pistoiese);
- prove sperimentali tese a individuare l’efficacia di formulati a base di nematodi entomopatogeni per la lotta a Otiorhynchus, su piante in contenitore nei vivai di San Biagio (Pistoia) e Piuvica (Quarrata);
- prove sperimentali nel vivaio di Piuvica (Quarrata), su piante di palme, tese al monitoraggio dello sfarfallamento di Paysandisia archon attraverso trappole adesive, formate da strisce colorate che simulano la struttura cromatica delle ali dell’altro sesso.
Innocenti e Mangoni Piante
- prove per la caratterizzazione fisica dei terricci utilizzati nel vivaio di Pistoia per la propagazione e successiva invasatura delle giovani piante e presso la sede di Chiazzano per la coltivazione della tipologia standard;
- prove tese a indagare la presenza di nematodi fitoparassiti nei vari terricci di invasatura;
- prove tese a indagare la presenza di Phytophthora spp. nei terricci di radicazione delle talee presso il vivaio di Pistoia;
- prove tese a indagare la presenza di Phytophthora spp. nell’acqua utilizzata per la radicazione delle talee che per quella destinata all’intera irrigazione del vivaio di Pistoia e presente nel lago di stoccaggio;
- prove tese a indagare la presenza di Phytophthora spp. nell’acqua proveniente dai pozzi che in quella proveniente dal torrente Brana, entrambe destinate al riempimento del lago di stoccaggio nel vivaio di Pistoia;
- prove sperimentali applicando la tecnica del mating disruption su Zeuzera pyrina, nel vivaio di piena terra, in località Oste, nel comune di Montemurlo;- installazione nei piazzali di carico di trappole “Multifunnel” e “Theysohn” [in foto] per l’individuazione di insetti alieni presso la sede di Chiazzano;
- installazione di n° 2 captaspore, per il monitoraggio dell’evoluzione delle spore di oidio durante l’anno, presso il vivaio di piena terra in località Oste, nel comune di Montemurlo;
- prove sperimentali di impiego di olii essenziali per il contenimento delle malerbe su strato pacciamante, distribuito sulla superficie dei contenitori, destinati alla coltivazione di giovani piante, presso il vivaio di Pistoia;
- prove di monitoraggio sull’eriofide del cipresso, condotte dal partner CREA DC nel vivaio di Pistoia e nel vivaio di Chiazzano.
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Il Servizio Fitosanitario Regionale, con il sostegno scientifico del CREA e in collaborazione con l’Associazione Vivaisti Italiani, ha definitivamente eradicato il focolaio dell’Anoplophora chinensis identificato nel 2017 in 10 vivai e 40 giardini privati dell’area distrettuale pistoiese. Successo convalidato dagli ispettori della Commissione Europea a gennaio. Circa 15 mila piante distrutte e danni per 1 milione di euro indennizzati dalla Regione. La storia e l’aiuto degli Sniffer Dog svizzeri.

«In un primo momento – ha aggiunto Magazzini - c’è stato un danno d’immagine. E a livello europeo c’erano stati dei dubbi sulla nostra capacità dal punto di vista qualitativo delle produzioni. Però è stato un primo periodo, poi alla prova dei fatti, vedendo che noi facevamo i controlli quotidiani sulle nostre produzioni grazie anche al Servizio Fitosanitario che sistematicamente certifica ogni singola pianta prima che lasci le nostre aziende è andata discretamente bene. Tra l’altro l’Associazione Vivaisti Italiani si è fatta carico anche di integrare i giardini dei privati interessati dal problema: i privati non si rendevano conto di avere il problema, noi invece vedendolo abbiamo eradicato le piante e le abbiamo sostituite. C’è stato anche questo impegno non da poco nel corso del tempo».
L.S.