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La Commissione Europea ha adottato il 22 giugno una proposta legislativa per ripristinare gli habitat danneggiati e (ri)portare natura in tutti gli ambienti, anche urbani, per contrastare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. Budget 100 miliardi di euro. Previsti vincoli per gli Stati UE e misure quali rinaturalizzazione, reimpianto di alberi, rinverdimento delle città, eliminazione dell'inquinamento. Tra gli obiettivi, 0 perdite di spazi verdi urbani entro il 2030 e poi aumento del 5% entro il 2050, copertura arborea minima del 10% in ogni città e guadagno di verde integrato in edifici e infrastrutture; stop al declino degli impollinatori entro il 2030.


Una proposta legislativa «pionieristica» per «ripristinare gli ecosistemi danneggiati e riportare la natura in tutta Europa, dai terreni agricoli e i mari alla foreste e agli ambienti urbani» entro il 2050. Ciò al fine di «evitare il collasso degli ecosistemi e prevenire i peggiori impatti dei cambiamenti climatici e della perdita di biodiversità».
È stata sintetizzata così nel comunicato stampa ufficiale della Commissione Europea (CE) una delle due proposte adottate mercoledì 22 giugno scorso per attuare le strategie cardine del Green deal europeo. (Dell’altra proposta legislativa, riguardante la riduzione dei fitofarmaci, abbiamo già scritto qua).
Questa proposta di ripristino della natura in Europa è particolarmente urgente, fa sapere la CE, dal momento che nel territorio europeo «oltre l'80% degli habitat [sono] in cattive condizioni» e «tra il 1997 e il 2011 la perdita di biodiversità ha rappresentato una perdita annua stimata tra 3.500 e 18.500 miliardi di €». E la valutazione d'impatto della normativa sul ripristino della natura ha dimostrato che i benefici del ripristino superano di gran lunga i costi: «si stima che i benefici economici del ripristino di torbiere, paludi, foreste, brughiere e sottobosco, prati, fiumi, laghi, habitat marini e alluvionali e zone umide costiere siano otto volte superiori ai costi».
Si tratta del primo atto legislativo della Commissione Europea, specifica il comunicato della CE, che «mira esplicitamente a ripristinare la natura in Europa, a riparare l'80% degli habitat europei che versano in cattive condizioni e a riportare la natura in tutti gli ecosistemi, dalle foreste e dai terreni agricoli agli ecosistemi marini, di acqua dolce e urbani. In base alla presente proposta sul ripristino della natura, saranno assegnati a tutti gli Stati membri obiettivi giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura in vari ecosistemi, a integrazione delle normative esistenti. L'obiettivo è far sì che le misure di ripristino coprano almeno il 20% delle superfici terrestri e marine dell'UE entro il 2030 e si estendano infine a tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050».  
«La normativa – si legge nel comunicato - porterà ad un livello superiore le esperienze maturate in materia di misure di ripristino della natura, quali la rinaturalizzazione, il reimpianto di alberi, il rinverdimento delle città o l'eliminazione dell'inquinamento per consentire il recupero della natura». E «il ripristino della natura – viene spiegato - non equivale alla protezione della natura e non comporta automaticamente un aumento delle aree protette. Il ripristino della natura è necessario anche nelle zone protette a causa delle loro condizioni sempre più precarie, ma non tutte le aree ripristinate devono diventare zone protette. La maggior parte di esse non lo diventerà, in quanto il ripristino non preclude l'attività economica. Il ripristino consiste nel vivere e produrre insieme alla natura, riportando una maggiore biodiversità ovunque, anche nelle zone in cui si svolge un'attività economica, come ad esempio le foreste gestite, i terreni agricoli e le città».
Il ripristino deve essere realizzato attraverso un processo inclusivo e «avrà un impatto particolarmente positivo su coloro che dipendono direttamente da una natura sana per il proprio sostentamento, compresi gli agricoltori, i silvicoltori e i pescatori». «Gli investimenti per il ripristino della natura – specifica il testo della CE - apportano un valore economico compreso tra 8 e 38 € per ogni 1 € spesograzie ai servizi ecosistemici che favoriscono la sicurezza alimentare, la resilienza degli ecosistemi e l'attenuazione dei cambiamenti climatici, nonché la salute umana. Aumenta inoltre la presenza della natura nei nostri paesaggi e nella nostra vita quotidiana, con benefici dimostrabili per la salute e il benessere nonché un valore culturale e ricreativo».
Verranno fissati obiettivi e obblighi di ripristino in un'ampia gamma di ecosistemi terrestri e marini. La massima priorità va agli «ecosistemi con il maggiore potenziale di rimozione e stoccaggio del carbonio e di prevenzione o riduzione dell'impatto delle catastrofi naturali (come le inondazioni) rivestono la massima priorità». E «la nuova normativa – precisa il comunicato - si basa sulla legislazione esistente, ma riguarda tutti gli ecosistemi senza limitarsi alle zone protette della direttiva Habitat e di Natura 2000, con l'obiettivo di avviare il percorso di recupero di tutti gli ecosistemi naturali e semi naturali entro il 2030. Beneficerà di ingenti finanziamenti dell'UE: nell'ambito del quadro finanziario pluriennale circa 100 miliardi di € sono destinati alla biodiversità e al ripristino».

Gli obiettivi proposti includono:
l'inversione del declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 e, successivamente, l'aumento di queste popolazioni;
nessuna perdita netta di spazi verdi urbani entro il 2030, un aumento del 5% entro il 2050, una copertura arborea minima del 10% in ogni città, piccola città e periferia europea e un guadagno netto di spazi verdi integrati negli edifici e nelle infrastrutture;
- negli ecosistemi agricoli, l'aumento complessivo della biodiversità e una tendenza positiva per le farfalle comuni, per l'avifauna nelle aree agricole, per il carbonio organico nei suoli minerali coltivati e per gli elementi caratteristici del paesaggio ad alta diversità sui terreni agricoli;
- il ripristino e la riumidificazione delle torbiere drenate a uso agricolo e nei siti di estrazione della torba;
- negli ecosistemi forestali, l'aumento complessivo della biodiversità e una tendenza positiva per quanto riguarda la connettività delle foreste, il legno morto, la percentuale di foreste disetanee, l'avifauna forestale e le riserve di carbonio organico;
- il ripristino degli habitat marini quali le colture marine o i fondali di sedimenti e il ripristino degli habitat di specie marine emblematiche quali delfini e focene, squali e uccelli marini;
- l'eliminazione delle barriere fluviali in modo che almeno 25.000 km di fiumi siano trasformati in fiumi a flusso libero entro il 2030.
Per contribuire al conseguimento degli obiettivi, mantenendo nel contempo una certa flessibilità in funzione delle circostanze nazionali, la normativa imporrebbe agli Stati membri di elaborare piani nazionali di ripristino, in stretta collaborazione con i ricercatori, i portatori di interessi e i cittadini. Esistono norme specifiche in materia di governance (monitoraggio, valutazione, pianificazione, rendicontazione e applicazione), che migliorerebbero anche l'elaborazione delle politiche a livello nazionale ed europeo, garantendo che le autorità considerino congiuntamente le questioni connesse della biodiversità, del clima e dei mezzi di sussistenza.
La proposta concretizza un elemento chiave del Green Deal europeo: l'impegno dell'Europa, assunto nell'ambito della strategia sulla biodiversità per il 2030, di dare l'esempio per invertire la perdita di biodiversità e ripristinare la natura. Si tratta del contributo fondamentale dell'UE ai negoziati in corso su un quadro globale per la biodiversità post-2020 che sarà adottato nell'ambito della Convenzione sulla diversità biologica COP15 di Montreal (dal 7 al 15 dicembre di quest'anno).
Come dichiarato da Virginijus Sinkevičius, Commissario responsabile per l'Ambiente, gli oceani e la pesca, alla conferenza stampa del 22 giugno scorso, «i cittadini europei sono stati chiari: esigono che l'UE agisca a favore della tutela della natura e la riportino nella loro vita. Gli scienziati sono stati chiari: non c'è tempo da perdere. Altrettanto chiara è la motivazione economica: ogni euro speso per il ripristino frutterà un utile di almeno otto euro. Questa proposta storica riguarda il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, in modo da poter vivere e prosperare insieme alla natura. Si tratta di una normativa per tutti i cittadini europei e per le generazioni future, per un pianeta sano e per un'economia sana. È un atto normativo senza precedenti a livello mondiale e ci auguriamo che possa ispirare un forte impegno internazionale per la protezione della biodiversità nella prossima COP15».
La proposta sarà esaminata dal Parlamento europeo e dal Consiglio, nell'ambito della procedura legislativa ordinaria. Dopo l’adozione, l'impatto sul terreno sarà graduale: le misure di ripristino della natura dovranno essere attuate entro il 2030.

L.S.

Green Deal - uso di pesticidi

Adottata dalla Commissione Europea una proposta legislativa per sostituire la Direttiva 128 del 2009 per l’uso sostenibile dei pesticidi con un regolamento con obiettivi vincolanti: ridurre del 50% l'uso e i rischi dei pesticidi chimici entro il 2030 e divieto assoluto di tutti i pesticidi nei parchi e giardini. Le reazioni critiche di alcune associazioni di agricoltori europee e italiane come Copa-Cogeca, Confagricoltura e Cia-Agricoltori Italiani. Le prossime tappe dell’iter di approvazione.

 
La Commissione Europea vuole ridurre l’uso e il rischio dei «pesticidi chimici» del 50% entro il 2030. 
La decisione è stata sancita mercoledì 22 giugno scorso quando sono state adottate due proposte legislative finalizzate all’attuazione del Green Deal: una tesa appunto a dimezzare l’uso dei fitofarmaci da qui a 8 anni circa trasformando la direttiva vigente sull’uso sostenibile dei fitofarmaci nell’Unione Europea in un regolamento che direttamente applicabile in tutti gli Stati membri; l’altra mirata al ripristino degli ecosistemi naturali danneggiati e a rischio di collasso (sulla quale vedi qua). 
Due proposte molto delicate e significative che sono state presentate in conferenza stampa da Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, per il quale «anche la riduzione dell'uso dei pesticidi contribuisce al ripristino della natura e protegge gli esseri umani che lavorano con queste sostanze chimiche», da Virginijus Sinkevičius, Commissario responsabile per l'Ambiente, gli oceani e la pesca, e dalla Commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare Stella Kyriakides, che ha dichiarato: «dobbiamo ridurre l'uso di pesticidi chimici per proteggere il suolo, l'aria e i prodotti alimentari e, in ultima analisi, la salute dei nostri cittadini. Per la prima volta, vieteremo l'uso di pesticidi nei giardini pubblici e nei parchi giochi, facendo in modo che si riduca drasticamente la nostra esposizione a questi prodotti nella vita quotidiana. La politica agricola comune sosterrà finanziariamente gli agricoltori per coprire tutti i costi delle nuove norme per un periodo di 5 anni. Nessuno sarà lasciato indietro». 
«Le nuove norme sui pesticidi chimici – si legge nell’approfondito comunicato stampa ufficiale della Commissione Europea - ridurranno l'impronta ambientale del sistema alimentare dell'UE, proteggeranno la salute e il benessere dei cittadini e dei lavoratori agricoli e contribuiranno ad attenuare le perdite economiche che stiamo già subendo a causa del degrado del suolo e della perdita di impollinatori dovuti ai pesticidi». Per realizzare tali scopi, questa nuova «proposta sull'utilizzo sostenibile dei pesticidi – si legge ancora - sostituisce la direttiva 2009/128/CE che mirava a conseguire un uso sostenibile dei pesticidi nell'UE riducendo i rischi e gli impatti dell'uso dei pesticidi sulla salute umana e sull'ambiente e promuovendo l'uso della difesa integrata. Le principali azioni della direttiva riguardavano la formazione degli utilizzatori e dei distributori, l'ispezione delle attrezzature per l'applicazione di pesticidi, il divieto di irrorazione aerea e la limitazione dell'uso di pesticidi in aree sensibili. Varie relazioni hanno evidenziato carenze nell'attuazione della direttiva, che hanno determinato una riduzione insufficiente dell'uso e del rischio dei pesticidi».
 
Entrando più nel dettaglio «la proposta odierna di ridurre l'uso di pesticidi chimici – aggiunge il comunicato della Commissione Europea - concretizza il nostro impegno ad arrestare la perdita di biodiversità in Europa. La proposta contribuirà a creare sistemi alimentari sostenibili in linea con il Green Deal europeo e la strategia “Dal produttore al consumatore”, garantendo nel contempo una sicurezza alimentare duratura e proteggendo la nostra salute». «Gli scienziati e i cittadini – continua il comunicato - sono sempre più preoccupati per l'uso dei pesticidi e per l'accumulo dei loro residui e metaboliti nell'ambiente. Nella relazione finale della “Conferenza sul futuro dell'Europa” i cittadini hanno chiesto specificamente di affrontare la questione dell'uso e del rischio dei pesticidi. Tuttavia, le norme vigenti della direttiva sull'utilizzo sostenibile dei pesticidi si sono rivelate troppo deboli e sono state attuate in modo disomogeneo. Inoltre, sono stati compiuti progressi insufficienti nell'uso della difesa integrata e di altri approcci alternativi. I pesticidi chimici danneggiano la salute umana e causano il declino della biodiversità nelle aree agricole. Contaminano l'aria, l'acqua e l'ambiente in generale». 
Ecco le «norme chiare e vincolanti» che propone la Commissione: 
- Obiettivi giuridicamente vincolanti a livello dell'UE e nazionale per ridurre del 50% l'uso e i rischi dei pesticidi chimici e l'uso dei pesticidi più pericolosi entro il 2030. Gli Stati membri fisseranno i propri obiettivi nazionali di riduzione entro parametri stabiliti per garantire il conseguimento degli obiettivi a livello dell'UE. Nuove norme rigorose concernenti un controllo degli organismi nocivi rispettoso dell'ambiente: nuove misure garantiranno che tutti gli agricoltori e altri utilizzatori professionali di pesticidi pratichino la difesa integrata, nel cui ambito, prima di poter utilizzare pesticidi chimici come misura di ultima istanza, si esaminano metodi ecologici alternativi di prevenzione e controllo degli organismi nocivi. Le misure comprendono anche l'obbligo per gli agricoltori e altri utilizzatori professionali di tenere dei registri. Inoltre, gli Stati membri devono stabilire norme specifiche per coltura che individuino le alternative da utilizzare al posto dei pesticidi chimici. 
- Divieto di tutti i pesticidi nelle aree sensibili. L'uso di tutti i pesticidi sarà vietato in luoghi quali le aree verdi urbane, compresi i parchi o giardini pubblici, i parchi gioco, le scuole, i campi ricreativi o sportivi, i sentieri pubblici e le zone protette nel rispetto delle prescrizioni di “Natura 2000” e qualsiasi area ecologicamente sensibile da preservare per gli impollinatori in pericolo. Queste nuove norme elimineranno i pesticidi chimici presenti nella nostra vita quotidiana.
Come anticipato, questa proposta della Commissione Europea trasforma la direttiva vigente in un regolamento che sarà direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. E «ciò consentirà di affrontare i problemi persistenti dovuti a un'attuazione carente e disomogenea delle norme vigenti nell'ultimo decennio. Gli Stati membri dovranno presentare alla Commissione relazioni annuali dettagliate sui progressi compiuti e sull'attuazione».
 
Supporto alla transizione 
Un pacchetto di politiche fondamentali sosterrà gli agricoltori e altri utilizzatori nella transizione verso sistemi di produzione alimentare più sostenibili. Tra queste vengono ricordate le seguenti:
- nuove norme della Politica agricola comune (Pac) per garantire che gli agricoltori ricevano una compensazione per tutti i costi connessi all'attuazione delle nuove norme per un periodo transitorio di 5 anni;
- interventi più incisivi per ampliare la gamma di opzioni biologiche e a basso rischio sul mercato;
- attività di ricerca e sviluppo nell'ambito dei programmi Horizon dell'UE a sostegno delle nuove tecnologie e tecniche, compresa l'agricoltura di precisione;
- un piano d'azione per la produzione biologica, per conseguire gli obiettivi in materia di pesticidi della strategia "Dal produttore al consumatore".
La transizione sarà sostenuta anche dalla proposta di una rete d'informazione sulla sostenibilità agricola e dagli sviluppi del mercato legati all'agricoltura di precisione, come gli irroratori con geo-localizzazione e le tecniche di riconoscimento degli organismi nocivi.
 
Azioni sul fronte internazionale globale
La Commissione Europea «proporrà a breve, per la prima volta in assoluto, una misura che dia seguito al suo impegno di tenere conto di considerazioni ambientali a livello mondiale al momento di decidere in merito ai livelli massimi di residui negli alimenti». In altri termini, «gli alimenti importati contenenti residui misurabili di sostanze vietate dovrebbero essere gradualmente banditi nell'UE. Ciò contribuirà a creare un circolo virtuoso e incoraggerà i paesi terzi a limitare o vietare l'uso di questi pesticidi, già vietati nell'UE».
Inoltre la Commissione Europea «consulterà a breve gli Stati membri e i paesi terzi su una misura volta a ridurre a zero i residui di tiametoxam e clotianidin, due sostanze che notoriamente contribuiscono in misura significativa al declino mondiale degli impollinatori» e che non sono più autorizzate nell'UE. Una volta adottata la misura, gli alimenti importati contenenti residui misurabili di queste due sostanze potranno, dopo un determinato periodo transitorio, non essere più commercializzati nell'UE.
 
Le prossime tappe dell’iter di approvazione della proposta 
La proposta sarà esaminata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria. Dopo l’adozione, l'impatto sul terreno sarà graduale in quanto gli obiettivi in materia di pesticidi dovrebbero essere conseguiti entro il 2030.
 
 
Le reazioni critiche di alcune associazioni degli agricoltori
 
Copa-Cogeca
La rappresentanza unitaria degli agricoltori e delle cooperative agricole in seno all’Unione Europea, Copa-Cogeca, ha sintetizzato la critica alla proposta della Commissione Europea con questo titolo: «obiettivi di riduzione obbligatori ma con limitate risposte sui modi per raggiungerli sul campo». «La revisione della direttiva sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (SU - 2009/128/CE) – si legge nel comunicato diffuso in inglese il 22 giugno - era molto attesa dalla comunità agricola dell'UE» e Copa-Cogeca «si aspettava un approccio equilibrato che presentasse non solo obiettivi già noti ma anche soluzioni e alternative precise per raggiungere questi obiettivi. Ma la proposta pubblicata oggi, che si è trasformata da direttiva in regolamento, ancora non risponde a tali istanze, e ciò in un contesto internazionale sempre più pressante di fronte alla sfida globale della sicurezza alimentare».
«La comunità agricola europea – aggiunge il comunicato - sostiene l'obiettivo globale di ridurre i prodotti fitosanitari. Per fare ciò, agli agricoltori e alle cooperative agricole europee devono essere messi a disposizione strumenti sicuri, efficaci e convenienti» che ancora non sono stati sviluppati dalla scienza. «È essenziale che agli agricoltori europei siano concessi periodi transitori ragionevoli durante i quali possano essere introdotti sul mercato nuovi prodotti alternativi, con speciale riguardo per le coltivazioni minori».
Più nello specifico, Copa-Cogeca afferma che «gli agricoltori attualmente applicano la gestione integrata degli organismi nocivi nei loro campi e accolgono favorevolmente l’armonizzazione del quadro proposta dalla Commissione nella sua revisione normativa, nonostante l’onere amministrativo che può generare. Tuttavia, la mancanza di alternative adeguate ai prodotti chimici di sintesi per la protezione delle piante sta spingendo gli agricoltori a fare affidamento su autorizzazioni di emergenza che, sebbene incoraggiate dalla Commissione Europea, non sono sempre concesse dalle autorità nazionali in modo tempestivo». 
«Mancano solo 8 anni alla scadenza del 2030 – prosegue Copa-Cogeca - e ci vogliono in media dai 10 ai 15 anni per alcuni dei mezzi a basso rischio previsti (ad esempio il biocontrollo) per raggiungere il mercato. In questo contesto, è della massima importanza attuare una reale semplificazione, accelerazione e differenziazione della registrazione dei PPP (Prodotti per la Protezione delle Piante) a basso impatto e delle soluzioni di controllo dei parassiti alternative alle procedure chimiche. Il Copa e la Cogeca prendono atto dell'intenzione della Commissione europea di integrare gli obiettivi per lo sviluppo di metodi fitosanitari alternativi alla chimica di sintesi entro il 2030 nei loro piani d'azione nazionali. Ciò può aumentare la disponibilità in modo tempestivo e conveniente per gli agricoltori di soluzioni per la protezione delle colture a basso impatto ed efficaci».
«Tuttavia – afferma Copa-Cogeca - questa proposta manca gravemente di una cornice che neutralizzi gli effetti collaterali negativi e garantisca la competitività e resilienza del settore agricolo dell'UE prima di fissare un obiettivo giuridicamente vincolante. Ciò non è realistico e potrebbe essere molto dannoso per la continuità delle attività agricole nell'UE. A maggior ragione perché in altri continenti alle comunità agricole non verranno imposte le stesse regole».
 
Confagricoltura
È una sonora bocciatura quella del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti alla proposta della Commissione Europea «per ridurre l’uso di prodotti fitosanitari nella UE fino ad una percentuale del 50% rispetto alla media del periodo 2015-2017» con «a livello di singoli Stati membri, una riduzione minima del 35%».
«Per quanto riguarda l’agricoltura – ha dichiarato il 22 giugno Giansanti - l’agenda strategica della Commissione Europea dovrebbe essere aggiornata. La pandemia e la guerra in Ucraina hanno chiaramente indicato che la salvaguardia del potenziale produttivo è un fattore strategico».
«La proposta della Commissione – ha detto Giansanti – si basa sulla strategia delineata nella comunicazione ‘From Farm to Fork’. Una strategia che, secondo tutte le valutazioni indipendenti effettuate, porterà ad una riduzione delle produzioni agricole, ad un aumento delle importazioni e dei prezzi al consumo». «Nella sua proposta – ha aggiunto - la Commissione riconosce che ci saranno conseguenze sotto il profilo dei costi di produzione e dei prezzi al consumo che dovrebbero essere compensate con i fondi della politica agricola comune (PAC). Un ulteriore taglio, quindi, alle risorse finanziarie per la competitività e l’efficienza delle imprese agricole che producono per il mercato».
Il progetto legislativo della Commissione europea passa ora all’esame del Parlamento europeo e del Consiglio. «Lavoreremo – ha concluso Giansanti - per ottenere tutti i profondi adattamenti necessari per continuare a garantire, grazie alle più avanzate soluzioni tecnologiche, produzioni sicure e di qualità. E sostenibili sotto il profilo ambientale e della protezione delle risorse naturali».
 
Cia – Agricoltori Italiani
Sulla stessa linea d’onda, il comunicato stampa del 23 giugno di Cia – Agricoltori Italiani, in cui si parla di tagli degli agrofarmaci «poco realistici» e di «mancanza di alternative efficaci» e di «transizione troppo veloce» che «mette a rischio la sostenibilità economica delle aziende». Per cui si chiede di «accelerare gli iter autorizzativi dei prodotti alternativi agli agrofarmaci, che ancora scontano eccessive lentezze burocratiche».
Cia sottolinea il forte stress del sistema agroalimentare in un momento di grave crisi geopolitica, in cui gli agricoltori sono anche alle prese con gli effetti drammatici del climate change. Ed è importante per Cia che la Commissione Ue abbia come obiettivo prioritario la resilienza del settore agricolo imponendo un principio di reciprocità sulle regole fitosanitarie ai Paesi terzi, per evitare dumping commerciali e garantire trasparenza al consumatore. 
Tuttavia Cia ribadisce di sostenere l'obiettivo globale di riduzione degli agrofarmaci, come testimoniato dal progetto con Ibma mirato ad ampliare la diffusione e la sperimentazione delle tecniche di biocontrollo per la difesa integrata delle colture. Lo scopo è costruire un nuovo modello operativo funzionale a tutto il mondo agricolo, che risponda in maniera incisiva agli obiettivi di sostenibilità richiesti dal Green Deal. Infine si chiede a Bruxelles un maggior sostegno all’innovazione e la celere definizione di una proposta legislativa sulle nuove tecniche genomiche finalizzate alla maggiore resistenza ai parassiti e agli effetti del climate change.
 

Lorenzo Sandiford

mercato dei fiori di Pescia

Il presidente della Regione Toscana Giani: con questo contributo straordinario «veniamo incontro alla richiesta di aiuto del commissario prefettizio di Pescia De Cristofaro, perché è un’attività economica importante», ma non è proprietà regionale e «in futuro alla manutenzione dell’immobile dovrà pensarci il Comune». De Cristofaro: «i soldi della Regione indispensabili per avviare la messa in sicurezza ed evitare il possibile sequestro», un altro milione lo metterà il Comune. Il consigliere regionale Niccolai, membro della Commissione Agricoltura, «il Mefit sembrava spacciato, in soli 2 mesi grazie al progetto credibile di De Cristofaro e all’impegno di Giani ha una seconda possibilità» e sul futuro del Mefit dice: è necessario definire un piano «con impegni precisi» e che sia «credibile».

 
«Stamani nell’approvazione della Variazione di Bilancio, che ha come oggetto principale la sistemazione dei conti della sanità, abbiamo previsto anche altri interventi fra cui lo stanziamento di 2 milioni di euro per realizzare interventi strutturali urgenti al mercato di Pescia. È una necessità che mi è stata fatta presente dal Commissario De Cristofaro e dal consigliere Niccolai. Ne abbiamo parlato in Giunta e nonostante il sacrificio, perché si tratta di un immobile che è di proprietà comunale e non regionale, abbiamo previsto questo contributo, perché è indubbio che altrimenti il mercato dei fiori sarebbe a rischio di chiusura e non potevamo sottrarci a questo sforzo».
È quanto dichiarato oggi a Firenze dal presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, nella sede della Giunta regionale di Palazzo Strozzi Sacrati poco prima che iniziasse la sua conferenza stampa insieme al vice prefetto Vittorio De Cristofaro, commissario a Pescia dal 1° febbraio 2022, e al consigliere regionale pesciatino Marco Niccolai, membro della commissione Agricoltura, per illustrare le ragioni di questo contributo straordinario a favore del Mercato dei fiori di Pescia, uno dei mercati all’ingrosso di piante e fiori più grandi d’Italia, ma anche opera ingegneristica di rilevante interesse storico-artistico. 
L’odierno finanziamento di 2 milioni si somma ai 3 milioni di euro già messi a disposizione dalla Regione nel 2016. Un altro milione ce lo metterà il Comune, come assicurato dal vice prefetto Vittorio De Cristofaro, che ha ringraziato il presidente Giani e il consigliere regionale Marco Niccolai per la disponibilità e quanto fatto in soccorso di questa struttura mercatale - detta Mefit dal nome dell’azienda speciale comunale che la gestisce: "Mercato dei fiori della Toscana" – che è stata progettata negli anni Settanta e sorge vicino alla stazione ferroviaria, contraddistinguendosi architettonicamente per sei maestosi doppi pennoni posti su due lati opposti e sostenuti da tiranti in acciaio e grandi vetrate. Un mercato che conta la superficie coperta senza pilastri più ampia d’Italia, un quadrato di oltre un ettaro che ospita il salone delle contrattazioni, a cui si aggiungono lateralmente 89 magazzini per una superficie quasi identica, 55 box per 1900 metri quadrati, serre per 1.875 e un’area a verde per 25.500, oltre agli uffici, i parcheggi e l’area di carico e scarico. Una struttura attivissima, ma che necessitava di un adeguamento strutturale, non più rinviabile. 
«I soldi messi dalla Regione sono indispensabili – ha spiegato il viceprefetto Vittorio De Cristofaro - per avviare la messa in sicurezza dello stabile e quindi evitare il possibile sequestro da parte dell’autorità giudiziaria per pericolo». Il termine ultimo imposto dalla procedura già avviata è il 22 giugno: dopo quella data i vigili del fuoco avranno 60 giorni per fare un sopralluogo ed altri 30 per riferire all’autorità giudiziaria. Ma se i lavori saranno già partiti – i tempi ci sono – sequestro e chiusura potranno essere evitati. Come poi precisato a margine della conferenza stampa da De Cristofaro a Floraviva, il progetto complessivo di adeguamento strutturale del mercato dei fiori, oltre ai 3,5 milioni già spesi in passato (3 milioni della Regione e 500 mila euro del Comune di Pescia), è di circa ulteriori 8,8 milioni di euro. Con i tecnici e con l’avallo dei vigili del fuoco erano state concordate le misure minime per arrivare alla messa in sicurezza e a norma per quanto riguarda l’antincendio: ammontano a una spesa di 4,8 milioni di euro. Adesso, grazie al contributo della Regione e all’ulteriore milione del Comune, si hanno a disposizione 3,1 milioni di euro che consentono di fare gli interventi di messa in sicurezza e di avviare i lavori dell’anti-incendio. Cosa che dovrebbe evitare un sequestro da parte dell’autorità giudiziaria e quindi la chiusura del mercato. Sui successivi passi non si è espresso, visto che il suo incarico terminerà il 7 luglio prossimo.
«Si tratta di un’attività economica importante per il territorio pesciatino ma non solo per Pescia – ha sottolineato il presidente Giani in conferenza – e per questo abbiamo deciso di intervenire prontamente al fine di scongiurarne la chiusura anche se, lo voglio ricordare, la Regione non ha alcuna competenza o titolarità oramai sulla struttura. La sua chiusura sarebbe stata però un danno economico e sociale di rilievo regionale». Il mercato all’ingrosso è infatti un punto di riferimento per centinaia di produttori di piante e fiori, di commercianti e trasportatori: in tutto circa quattromila addetti. L’intervento sull’edificio, che sarà realizzato grazie al contributo della Regione, servirà a renderlo da subito di nuovo sicuro e quindi successivamente idoneo rispetto alle mutate norme in materia di sicurezza ed antincendio, oltre a supplire alla manutenzione ordinaria straordinaria che negli ultimi anni non è stata realizzata. 
«Due mesi fa - ha commentato il consigliere Marco Niccolai, presidente della Commissione Aree interne e membro della Commissione Agricoltura, che si è speso molto come intermediario fra De Cristofaro e Giani -  il mercato era spacciato, oggi può guardare al futuro: grazie al lavoro che in soli due mesi dall’insediamento ha fatto il commissario prefettizio, che ha definito il progetto in modo serio e credibile e ce l’ha presentato, evitiamo uno shock e un disastro economico e sociale che avrebbe riguardato tutto il territorio della provincia di Pistoia, colpendo peraltro un hub fondamentale per il commercio dei fiori in Italia». «Ringrazio il presidente Giani e la giunta – ha continuato Niccolai - che, in un momento non certo semplice per i bilanci delle Regioni, al primo momento utile, sono riusciti a mettere in campo le risorse necessarie in questa corsa contro il tempo per consentire al Comune guidato dal dottor De Cristofaro di potersi presentare in modo credibile agli organi di controllo dello Stato che dovranno verificare la situazione». «Dal provvedimento dei vigili del fuoco, che c’è stato a giugno 2021, a Pescia si sono persi sette mesi inutilmente – ha detto Niccolai -: in due mesi siamo riusciti a mettere in campo un intervento, grazie alla serietà e alla credibilità delle proposte che il dottor De Cristofaro ha avanzato e che la Regione ha concretamente recepito».   
Ma, come ha rimarcato più di una volta il presidente Eugenio Giani, «in futuro alla manutenzione dell’immobile dovrà pensarci l’amministrazione comunale».
 
Quali prospettive di rilancio dopo il salvataggio della struttura?
Al termine della conferenza stampa, abbiamo posto a Marco Niccolai la questione delle due principali sfide che attendono comunque il Mercato dei fiori di Pescia, una volta scongiurata la chiusura grazie all’impegno del Commissario De Cristofaro e della Giunta regionale: il piano di valorizzazione e/o business plan della struttura del mercato dei fiori e l’eventuale accesso a fondi nazionali, alla luce anche della valenza interregionale del mercato.
Come muoversi per avviare il piano di valorizzazione? «È centrale innanzi tutto – ha risposto Niccolai - che il Comune definisca, assieme alle forze del territorio, un progetto che dia sostenibilità economica a questa struttura nel futuro». Un progetto multifunzionale? «Mi pare inevitabile – ha detto – ma deve essere elaborato un business plan che preveda impegni precisi». Nell’accordo di programma del 2016 era previsto che la Regione desse un supporto nella realizzazione del piano di valorizzazione: lo farà? «La Regione, come ha dimostrato anche oggi con questo contributo, di fronte a proposte serie e credibili fa la sua parte. La qualità e credibilità delle proposte sono fondamentali per gli interventi della Regione, che amministra soldi di tutti i cittadini. Dopo questo intervento di soccorso c’è un’altra opportunità per il mercato: il Comune non dovrà sprecarla».
Il mercato dei fiori di Pescia può ambire ad ottenere sostegni economici anche di livello governativo, visto il ruolo che gioca nel commercio di piante e fiori nazionale? Fra i tanti bandi legati al PNRR non si potranno individuare opportunità? «Il tema secondo me è definire prima le funzioni e definire dei progetti correlati alle funzioni. Le risorse si individuano in rapporto a quello che ci vuoi fare, non viceversa».
 

L.S.

Il 24 marzo in un convegno presso l’Accademia dei Georgofili di Firenze il bilancio del progetto “Autofitoviv”, che ha avuto come capofila l’Associazione Vivaisti Italiani. Sono stati sperimentati, sotto la guida di ricercatori di Cnr, Crea e Università di Firenze e di Pisa, nei vivai di due aziende leader del distretto vivaistico di Pistoia i migliori metodi di autocontrollo fitosanitario per identificare tempestivamente organismi nocivi e le più aggiornate strategie di difesa fitosanitaria alternative all’uso di prodotti chimici di sintesi. Fra i risultati alcuni spiragli per la lotta alle infestanti senza erbicidi anche nelle coltivazioni in pieno campo tramite colture di copertura fra i filari analoghe a quelle spesso adottate in olivicoltura e viticoltura. Il presidente di AVI Magazzini: «un percorso avviato molto importante e le soluzioni sperimentate saranno affinate e riproposte, ma c’è bisogno di ulteriori verifiche e adattamenti al quotidiano aziendale». La sintesi di tutte le relazioni dei ricercatori protagonisti del progetto e l’elenco delle attività svolte nei vivai di Vannucci Piante e Innocenti e Mangoni Piante. [Nella foto in alto visita aziendale: tappa davanti a una trappola Cross-vane]

L’impiego di trappole posizionate nei piazzali di carico per il rilevamento tempestivo di insetti - da cui non sono emerse presenze di organismi nocivi da quarantena - quale metodo di autocontrollo per rispondere al problema del possibile arrivo di organismi nocivi alieni nei vivai pistoiesi attraverso gli scambi commerciali. Il metodo della confusione sessuale (mating disruption) contro la tignola orientale del pesco (Grapholita molesta) che ha consentito di ridurre da 7 a 1 i trattamenti chimici per evitarne i danni.
Sono soltanto due esempi delle varie sperimentazioni e dei risultati del progetto del Gruppo Operativo Autofitoviv sulle “Buone pratiche per l’autocontrollo e la gestione fitosanitaria sostenibile nel vivaismo ornamentale” presentati ieri all’Accademia dei Georgofili di Firenze nel convegno conclusivo dell’iniziativa. Un progetto, avviato nel 2019 e giunto a conclusione ora, che è stato finanziato dalla Regione Toscana nell’ambito del PSR 2014-2020 e che ha visto come capofila l’Associazione Vivaisti Italiani (AVI), come partner aziendali due imprese leader del distretto vivaistico pistoiese socie di AVI quali Vannucci Piante e Innocenti e Mangoni Piante, come partner scientifici l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante (CNR-IPSP), il CREA Difesa e Certificazione, il CREA Orticoltura e Florovivaismo, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali dell’Università di Firenze e il Dipartimento in Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, con il Lab Center for Generative Communication del PIN - Polo Universitario Città di Prato impegnato nella formazione e comunicazione e l’Accademia dei Georgofili nell’attività convegnistica e d’informazione.
russumagazzini«Il progetto – ha spiegato aprendo i lavori Riccardo Russu, già direttore del Servizio Fitosanitario Regionale - ha avuto origine da un'intuizione maturata negli anni 2014-2015, in cui si avvertiva la necessità di un coinvolgimento diretto delle imprese vivaistiche nelle azioni di monitoraggio, controllo e sorveglianza delle loro produzioni, al fine di evitare o limitare la diffusione di organismi nocivi sul territorio del distretto vivaistico pistoiese. Nel 2015 veniva siglato un protocollo d’intesa tra la Regione Toscana ed il Distretto vivaistico pistoiese con la partecipazione dell'Associazione Vivaisti Italiani, allo scopo di avviare un processo di partecipazione delle imprese vivaistiche all'attività di autocontrollo fitosanitario sia nelle fasi di coltivazione, che di importazione di vegetali da ricoltivare in azienda. Tenuto conto dell'esperienza di autocontrollo, avviata nell'anno 2015 in fase sperimentale ed autogestita dai vivaisti, il progetto Autofitoviv ha permesso il coinvolgimento sia delle imprese già consapevoli degli effetti positivi di questa attività, che del  mondo scientifico toscano, per collaudare nuove metodologie e verificarne i risultati».

giuranna marchionne
Come ricordato dalla coordinatrice di Autofitoviv Francesca Giurranna e poi illustrato da Ilaria Marchionne del Lab Center diretto dal Prof. Luca Toschi, il progetto prevedeva tra l’altro 2 corsi di formazione tecnici e 1 di comunicazione, oltre ad alcune visite nelle aziende coinvolte nella sperimentazione, per fare conoscere ad altri vivaisti i metodi e le tecniche applicati. In tutto 42 ore per 52 partecipanti nelle tre edizioni di ciascuno dei due corsi tecnici e 24 ore per 23 partecipanti nelle due edizioni di quello di comunicazione, mentre i partecipanti alle 4 visite sono stati 38 per 12 ore di attività.
A tirare le somme del progetto e del convegno di ieri, dopo le relazioni di tutti i ricercatori coinvolti nel progetto [vedi sotto una sintesi delle relazioni], è stato il Dott. Emilio Resta, responsabile scientifico di Autofitoviv per AVI. Resta ha innanzi tutto ricordato che il progetto aveva due finalità principali: A) contenere e gestire il problema della «introduzione inconsapevole di organismi alloctoni con lo scambio commerciale di materiale vivaistico», che significa «ridurre l’impatto ecologico sull’ecosistema, economico a carico della comunità, ma anche sanitario visto che generalmente questo comporta una maggiore necessità dell’utilizzo del mezzo chimico»; B) proporre «metodi alternativi di provata efficacia scientifica» alla gestione fitosanitaria dei vivai basata su «strategie di difesa con formulati di sintesi», in modo da ridurre l’impatto sull’ambiente.
restaEmilio Resta ha poi riferito alcuni risultati delle sperimentazioni effettuate, che si aggiungono ai due citati all’inizio di questo testo. A proposito del problema nematodi, ha sottolineato che nell’analisi effettuata sui substrati più utilizzati nelle coltivazioni in contenitore del distretto vivaistico pistoiese non sono stati rilevati nematodi fitoparassiti (dannosi), ma nematodi saprofiti (innocui) in abbondanza e predatori utili a controllare i nematodi fitoparassiti; mentre invece dall’analisi del suolo nelle coltivazioni in pieno campo è risultata una discreta incidenza di nematodi fitoparassiti. Un altro risultato riferito da Resta riguarda i metodi di monitoraggio adottati per oidi e ruggini, che hanno consentito di identificare i relativi picchi: per l’oidio a maggio e giugno, per le ruggini nei mesi di luglio, settembre e marzo. «Queste indicazioni – ha detto – sono utili per collocare in modo corretto i trattamenti fitoterapici preventivi tesi a contrastare l’infezione primaria». Infine, riguardo a quella che è la problematica maggiore del vivaismo ornamentale, cioè la presenza di piante infestanti che richiedono l’uso di erbicidi come il glifosate, sono stati innanzi tutto studiati metodi e prodotti naturali in grado di rendere ancora più efficaci i pacciamanti legnosi già utilizzati nelle coltivazioni in vaso. Inoltre si è capito che una strada per risolvere il problema dell’eliminazione delle infestanti nelle coltivazioni in pieno campo potrebbe essere quella dell’utilizzo di colture di copertura (cover crops) «in grado di limitare lo sviluppo delle infestazioni», che possono essere utili «anche come casa per gli impollinatori e per tanti antagonisti di parassiti delle piante».
magazziniautofitoviv«Il percorso avviato con Autofitoviv – ha commentato il presidente di AVI Luca Magazzini - è molto importante dal punto di vista tecnico e le sperimentazioni e le soluzioni che sono emerse avranno modo di essere affinate e riproposte all’interno delle aziende, ma non è una cosa che si possa fare dall’oggi al domani. C’è bisogno di riflettere sui metodi, ottimizzarli, farli stare in piedi sia dal punto di vista dei risultati che della sostenibilità economica. Quindi un giudizio positivo, ma c’è bisogno di un ulteriore percorso di verifica e ottimizzazione nel quotidiano aziendale».
Al convegno era presente anche il Prof. Francesco Ferrini, attuale presidente del Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia, che ha evidenziato «l’importanza di questi progetti, perché se l’imprenditoria è supportata dal sistema pubblico e dalla ricerca allora diventa davvero vincente».
Per ulteriori informazioni sul progetto visitare il sito web autofitoviv.eu

Sintesi delle relazioni dei ricercatori protagonisti di Autofitoviv

garganiElisabetta Gargani (CREA DC) nella sua relazione “Ottimizzazione gestione fitosanitaria: Alien Pest, dopo aver ricordato che il precoce ritrovamento di insetti esotici è una priorità assoluta, ha illustrato le trappole installate nei piazzali di carico e scarico dei vivai delle aziende partner per il monitoraggio: «Theysohn, Multi-funnel e Cross-vane, innescate con attrattivi generici (alfa pinene e alcool) e specifici (feromoni per Ips) e controllate una volta al mese». Le sue conclusioni sono che i sistemi di monitoraggio impiegati, tramite l’uso della tecnica del multi-lure trapping (combinazione di differenti attrattivi generici e feromoni specifici), hanno consentito di intercettare tempestivamente fitofagi (di 18 identità tassonomiche) presenti anche solo sporadicamente. Ma nessuna specie aliena è stata rinvenuta. Infine ha ricordato che sono state elaborate per i vivaisti delle schede puntuali per identificare e gestire gli organismi esotici, con particolare riguardo per gli insetti dannosi.
Nella successiva relazione, su “Ottimizzazione gestione fitosanitaria: Acari”, Sauro Simoni (CREA DC) ha spiegato di essersi concentrato, fra gli acari che possono creare problemi ai vivai, sugli eriofidi, che «hanno sviluppato un’alta specificità e complesse relazioni con le piante ospiti: le conifere, il cipresso in particolare»; e nello specifico soprattutto su Trisetacus juniperinus, che ha gravemente colpito cipressi in vivaio in varie parti del Paese. Tra i risultati, la conferma che la varietà di cipresso Cupressus sempervirens ‘Totem’ è meno suscettibile agli eriofidi rispetto a Cupressus sempervirens ‘Pyramidalis’ e, come indicazione sullo status dei vivai studiati, il riscontro di una positiva presenza di gruppi di acari diversi (biodiversità). 
landiPoi Silvia Landi, che ha lavorato con Beatrice Carletti, (CREA DC), ha trattato la “Definizione di protocolli adeguati di campionamento di suolo e terricci per l’individuazione dei nematodi fitoparassiti e la messa a punto di metodi di controllo con prodotti a basso impatto ambientale”. Riguardo al monitoraggio dei terricci e del suolo, è risultato che i terricci più utilizzati nei vivai pistoiesi non costituiscono un fattore di rischio di introduzione di nematodi fitoparassiti (dannosi) e che le piante coltivate per l’intero ciclo produttivo nei substrati hanno mostrato una bassa infestazione. Però l’incidenza di nematodi fitoparassiti è risultata più alta nelle piante coltivate in terreno e ancor più quando le stesse, una volta zollate, sono state trasferite per la definitiva coltivazione in contenitore. Ha raccomandato, pertanto, riguardo ai metodi di difesa (cioè contenimento) in vaso dei nematodi fitoparassiti su piante provenienti da zolla, di campionare sempre i suoli prima dell’impianto e in caso di alta presenza di nematodi fitoparassiti di ricorrere alla biofumigazione con brassicacee (sovescio o interramento delle loro farine). «I prodotti naturali ad oggi sul mercato – ha detto - sono risultati poco efficaci» e fra di essi l’unico con qualche prospettiva pare l’Azadiractina.
haegiNella relazione su “La gestione fitosanitaria in vivaio: rilevamento di Phytophthora spp. nel suolo e nelle acque di irrigazione” Anita Haegi (CREA DC) ha prima spiegato che la «prevenzione di marciumi radicali e del colletto causati da Phytophthora spp. deve partire dall’utilizzo di materiali esenti da questo patogeno» e poi ha reso noto che nei vivai analizzati «i terricci a base di torba sono risultati esenti da Phytophthora spp., quelli di cocco in un caso ne hanno manifestato presenza. Tuttavia, è da verificare se la contaminazione possa essere avvenuta con l’acqua utilizzata per reidratare i panetti di cocco disidratati». Rispetto all’analisi delle acque irrigue, il fatto che la presenza sia stata riscontrata all’interno del circuito idrico di un vivaio solo in alcuni punti dovrebbe stimolare le aziende a fare prevenzione.
luchiIl lavoro “Messa a punto di metodi speditivi per il controllo di organismi nocivi in ingresso e monitoraggio per oidi e ruggini” di Nicola Luchi, Alberto Santini e la collaborazione di Giorgio Incrocci (CNR-IPSP) è stato presentato da Luchi. A proposito di metodi molecolari per diagnosticare precocemente la presenza di organismi nocivi sulle piante in ingresso nei vivai, sono stati ottimizzati alcuni protocolli diagnostici basati sull’amplificazione isotermica del DNA (LAMP) attraverso appositi strumenti portatili e sulla PCR quantitativa per alcune specie nocive tra cui Phytophthora ramorum, Xylella fastidiosa e Ceratocystis platani su piante ospiti. Riguardo al monitoraggio di oidi e ruggini, sono state usate trappole captaspore in vari punti dei vivai e poi si sono effettuate analisi del DNA, attraverso nuovi protocolli in grado di quantificare simultaneamente l’oidio (genere Erysiphe) e ruggini (genere Tranzschelia) nello stesso campione (duplex real-time PCR). Questi metodi hanno permesso l’identificazione dei periodi di maggiore sporulazione di tali patogeni, che consentono di limitare l’uso di antiparassitari ai periodi in cui sono davvero necessari.
sacchetti“Controllo di fitofagi chiave delle colture ornamentali mediante l’impiego di mezzi sostenibili” era il titolo del lavoro svolto da Patrizia Sacchetti con Marzia Cristiana Rosi (Università di Firenze – DAGRI). Come illustrato dalla Prof.ssa Sacchetti, due attività svolte nei vivai partner sono state particolarmente interessanti: 1) L’applicazione sperimentale nei confronti della Grapholita molesta della tecnica del Mating Disruption (confusione sessuale) per la protezione di Prunus laurocerasus e Photinia, accompagnata da un numero di trattamenti insetticidi ridotto al minimo, ha dato ottimi risultati, con una percentuale di piante infestate inferiore rispetto alle aree di controllo trattate nel modo tradizionale coi mezzi chimici di sintesi. 2) L’impiego di nematodi o funghi entomopatogeni contro gli attacchi di Otiorhynchus spp. alle radici di Prunus laurocerasus ha permesso la totale eliminazione dei trattamenti chimici diretti contro quest’insetto.  
caciniSonia Cacini (CREA OF) ha tenuto una relazione sulla “Messa a punto di sistemi di monitoraggio dedicati alla gestione fitosanitaria del vivaio”, lavoro svolto con Beatrice Nesi e Daniele Massa (CREA OF). Due le azioni in cui si è articolata la sua attività: 1) installazione di sensori per la verifica delle condizioni climatiche al fine di correlarle ai picchi di sporulazione per oidi e ruggini, oltre ai cicli di afidi e tignola del pesco; 2) caratterizzazione fisica e chimica dei substrati colturali e dell’acqua irrigua. Grazie all’azione 1 e alle correlazioni ricavate si sono potuti mettere a punto dei sistemi di alert ad hoc per i patogeni fungini da un lato e per gli insetti dall’altro. Come spiegato da Sonia Cacini, queste reti di monitoraggio microclimatico sono un ottimo supporto al controllo fitosanitario  del vivaio e consentono una gestione razionale di acqua e fitofarmaci. Tuttavia, soprattutto a fronte della convivenza di sistemi colturali diversi e specie vegetali con esigenze differenti, sono costosi sia per l’acquisto e manutenzione della sensoristica che per la gestione dei servizi di raccolta ed elaborazione dei dati. Forse potrebbero essere adottate a livello di consorzi aziendali a seguito di apposite progettazioni di reti di stazioni meteo condivise.
benvenutiInfine Stefano Benvenuti (Università di Pisa-DiSAAA-a) è intervenuto sulla “Gestione sostenibile della flora infestante nell’attività vivaistica”. Dopo aver ricordato fra l’altro che contro le malerbe l’erbicida chiave, oggetto di particolari criticità ambientali, è ancora il glifosate, ha spiegato che «le prospettive di valorizzazione agronomica del fenomeno dell’allelopatia [la competizione chimica o antagonismo radicale fra piante tramite il rilascio nel terreno di sostanze che inibiscono la crescita delle piante concorrenti vicine, ndr] hanno ispirato alcune sperimentazioni dedicate al contesto vivaistico. L’idea di utilizzare un materiale pacciamante con tale attitudine è stata intrapresa con diversificate sostanze allelopatiche. Risultati promettenti sono stati inoltre ottenuti con acido acetico e/o oli essenziali utilizzati come erbicidi naturali».
Per ulteriori approfondimenti, le relazioni delle attività di Autofitoviv si trovano in un opuscolo scaricabile pubblicato nella pagina dedicata ad Autofitoviv del sito dei Georgofili qua. E un report di presentazione delle linee di ricerca all’inzio del progetto era stato pubblicato qua.

L.S. 

Elenco delle prove condotte presso le due aziende partner:

autofitovivcampo2

Vannucci Piante
- prove per la caratterizzazione fisica dei terricci prelevati nella sede operativa di Piuvica (Quarrata), ma comuni a tutti i vivai esterni della stessa azienda;
- prove tese a indagare la presenza di nematodi fitoparassiti nei terricci di invasatura;
- prove tese a indagare la presenza di nematodi fitoparassiti nel pacciamante, a base di scaglie di legno di latifoglie, utilizzato a copertura della superficie dei vasi per il contenimento delle infestanti;
trappola Multifunnel- installazione nei piazzali di carico, presso la sede operativa di Piuvica, di trappole “Multifunnel” [nella foto accanto], “Theysohn” e “Cross-vane” per l’individuazione di insetti alieni;
- installazione, presso la sede operativa di Piuvica, di n° 3 captaspore per il monitoraggio dell’evoluzione di spore di oidio e ruggini durante l’anno;
- verifiche floristiche, tese a verificare la tipologia delle infestanti presenti nei contenitori e nelle aiuole di coltivazione, presso la sede operativa di Piuvica e il vivaio di Valenzatico (Quarrata);
- prove di monitoraggio di acari, condotte dal partner CREA DC, su conifere presso i vivai di Valenzatico (Quarrata) e Pontelungo (Pistoia);
- prove sperimentali sulla lotta a Grapholita molesta con la tecnica della mating disruption nei vivai di San Biagio (Pistoia), Ferruccia (Agliana) e S. Pantaleo (Pistoia);
- prove sperimentali sull’adozione della mating disruption contro Zeuzera pyrina, nel vivaio di San Pantaleo (Pistoia);
- prove sperimentali di formulati con effetto nematocida nei vivai di Bonelle (Pistoia) e Ponte Stella (Serravalle Pistoiese);
- prove sperimentali tese a individuare l’efficacia di formulati a base di nematodi entomopatogeni per la lotta a Otiorhynchus, su piante in contenitore nei vivai di San Biagio (Pistoia) e Piuvica (Quarrata);
- prove sperimentali nel vivaio di Piuvica (Quarrata), su piante di palme, tese al monitoraggio dello sfarfallamento di Paysandisia archon attraverso trappole adesive, formate da strisce colorate che simulano la struttura cromatica delle ali dell’altro sesso.

Innocenti e Mangoni Piante
- prove per la caratterizzazione fisica dei terricci utilizzati nel vivaio di Pistoia per la propagazione e successiva invasatura delle giovani piante e presso la sede di Chiazzano per la coltivazione della tipologia standard;
- prove tese a indagare la presenza di nematodi fitoparassiti nei vari terricci di invasatura;
- prove tese a indagare la presenza di Phytophthora spp. nei terricci di radicazione delle talee presso il vivaio di Pistoia;
- prove tese a indagare la presenza di Phytophthora spp. nell’acqua utilizzata per la radicazione delle talee che per quella destinata all’intera irrigazione del vivaio di Pistoia e presente nel lago di stoccaggio;
- prove tese a indagare la presenza di Phytophthora spp. nell’acqua proveniente dai pozzi che in quella proveniente dal torrente Brana, entrambe destinate al riempimento del lago di stoccaggio nel vivaio di Pistoia;
- prove sperimentali applicando la tecnica del mating disruption su Zeuzera pyrina, nel vivaio di piena terra, in località Oste, nel comune di Montemurlo;
trappola Theysohn- installazione nei piazzali di carico di trappole “Multifunnel” e “Theysohn” [in foto] per l’individuazione di insetti alieni presso la sede di Chiazzano;
- installazione di n° 2 captaspore, per il monitoraggio dell’evoluzione delle spore di oidio durante l’anno, presso il vivaio di piena terra in località Oste, nel comune di Montemurlo;
- prove sperimentali di impiego di olii essenziali per il contenimento delle malerbe su strato pacciamante, distribuito sulla superficie dei contenitori, destinati alla coltivazione di giovani piante, presso il vivaio di Pistoia;
- prove di monitoraggio sull’eriofide del cipresso, condotte dal partner CREA DC nel vivaio di Pistoia e nel vivaio di Chiazzano.

Tarlo asiatico eradicazione focoloaio

Il Servizio Fitosanitario Regionale, con il sostegno scientifico del CREA e in collaborazione con l’Associazione Vivaisti Italiani, ha definitivamente eradicato il focolaio dell’Anoplophora chinensis identificato nel 2017 in 10 vivai e 40 giardini privati dell’area distrettuale pistoiese. Successo convalidato dagli ispettori della Commissione Europea a gennaio. Circa 15 mila piante distrutte e danni per 1 milione di euro indennizzati dalla Regione. La storia e l’aiuto degli Sniffer Dog svizzeri.

 
La piana pistoiese è tornata ad essere a tutti gli effetti un’area indenne da uno degli insetti alieni più dannosi per le piante: il tarlo asiatico.
Il focolaio dell’Anoplophora chinensis, questo il suo nome scientifico, è stato eradicato dopo quattro anni di intenso lavoro del Servizio Fitosanitario della Regione Toscana, con il sostegno scientifico del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l'analisi della Economia Agraria) sostenuto anche dai vivaisti.
Il successo, il primo di questa portata in Italia, è stato convalidato anche dagli ispettori della Commissione Europea che a gennaio, dopo aver visitato il territorio colpito, hanno comunicato ufficialmente l’approvazione delle procedure attivate e confermato di fatto la validità delle azioni intraprese dal Servizio Fitosanitario Regionale.
A vincere questa battaglia hanno contribuito gli “Sniffer dog”, cani da fiuto debitamente addestrati per il rilevamento di larve di Anoplophora chinensis all’interno delle piante ospiti.
«L’eradicazione di questo pericoloso insetto – ha dichiarato l’assessora toscana all’agroalimentare Stefania Saccardi - è sicuramente un evento di grande soddisfazione raggiunto con un enorme impegno e coinvolgimento della Regione Toscana, in particolare del Servizio Fitosanitario Regionale, di CREA, del Distretto vivaistico-ornamentale pistoiese e delle associazioni dei vivaisti pistoiesi oltre che della popolazione locale. Un successo riconosciuto anche dalla Commissione Europea che, testimoniando la validità e la cura tenace che abbiamo impiegato, riconosce l’impegno e la qualità dell’intervento che risulta per la sua portata unico in Italia. La battaglia non finisce qua. Abbiamo al momento messo al sicuro il distretto vivaistico ma l’attenzione rimane alta e il lavoro di controllo costante e intenso».
«Sono ormai 5 anni che le aziende del distretto si sono occupate del problema – ha detto Luca Magazzini, presidente dell’Associazione Vivaisti Italiani, soggetto referente del Distretto vivaistico di Pistoia -. Io ricordo ancora i primi giorni in cui erano stati fatti questi ritrovamenti e c’è stata per fortuna una forte comunicazione fra le aziende e l’apparato del Servizio Fitosanitario Regionale. E sostanzialmente tutti a tappeto, veramente a tappeto, abbiamo perlustrato non solo le nostre superfici aziendali ma anche quelle di coloro che non erano in grado di farlo e che erano in stato di mezzo abbandono. E questo ha consentito già all’inizio un primo controllo massivo delle superfici interessate e quindi credo di poter affermare che anche gli operatori non sono stati con le mani in mano e questo è importante».

«In un primo momento – ha aggiunto Magazzini - c’è stato un danno d’immagine. E a livello europeo c’erano stati dei dubbi sulla nostra capacità dal punto di vista qualitativo delle produzioni. Però è stato un primo periodo, poi alla prova dei fatti, vedendo che noi facevamo i controlli quotidiani sulle nostre produzioni grazie anche al Servizio Fitosanitario che sistematicamente certifica ogni singola pianta prima che lasci le nostre aziende è andata discretamente bene. Tra l’altro l’Associazione Vivaisti Italiani si è fatta carico anche di integrare i giardini dei privati interessati dal problema: i privati non si rendevano conto di avere il problema, noi invece vedendolo abbiamo eradicato le piante e le abbiamo sostituite. C’è stato anche questo impegno non da poco nel corso del tempo».
«L’Anoplophora è arrivata da noi probabilmente nei tronchi, perché colpisce nel tronco – ha spiegato il prof. Francesco Ferrini, presidente del Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia dall’anno scorso -. Ma c’è un’altra specie di Anoplophora che colpisce invece le branche ed è quella che adesso hanno in America e che ci auguriamo tutti che non arrivi da noi. Per cui si tratta di continuare a controllare non solo il materiale legnoso che arriva direttamente, ma anche i pallet che vengono fatti proprio a partire dalle branche. Questo lavoro del Servizio Fitosanitario in collaborazione con il Distretto e l’Associazione Vivaisti Italiani è stato importantissimo anche per impedire che il tarlo si diffondesse nel patrimonio arboreo delle nostre città, fuori dei vivai».
 
Che cosa è il tarlo asiatico
Indicato dall’Unione Europea tra i 20 organismi nocivi più pericolosi proprio a causa del potenziale impatto ambientale ed economico, contrariamente ai “parenti” autoctoni, questo insetto è capace di aggredire piante sane.
Buca la corteccia degli alberi per deporvi le uova (di solito una settantina) da cui si sviluppano larve lunghe sino a 5 centimetri che scavano vere e proprie gallerie dentro tronchi, rami e radici, divorando le piante dall'interno.
Proprio per questa sua pericolosità, la normativa europea prevede che, in caso di rinvenimento di un focolaio, debbano essere distrutte tutte le piante infette e le altre presenti entro 100 metri. Deve inoltre essere bloccata  la movimentazione di tutte le piante presenti nel raggio di due chilometri dal focolaio.
La sua presenza è dunque particolarmente temuta nei comprensori vivaistici, dove può provocare danni ingenti per gli attacchi sulle piante e la conseguente limitazione al commercio.
 
I danni che ha procurato a Pistoia
Sono state oltre 15mila le piante distrutte nel pistoiese dal 2017. Si trattava di aceri, ma anche di carpini, platani, rose e lauroceraso, queste perlopiù le specie che il tarlo ha colpito.
Le piante erano presenti in 10 vivai  e in 40 giardini. Ingenti i danni, che la Regione Toscana ha indennizzato con uno stanziamento di quasi 1 milione di euro (su cui sarà fatta domanda di rimborso alla Commissione Europea), mentre parte delle piante rimosse nei giardini privati sono state sostituite a titolo gratuito dalle associazioni dei vivaisti pistoiesi.
 
La storia
L’insetto fu rinvenuto nell’ottobre del 2017, durante le ordinarie attività di controllo presso uno dei 930 vivai presenti nel territorio pistoiese, distante appena cinque chilometri dal centro di Pistoia.
Immediatamente dopo aver avuto la conferma ufficiale che si trattava proprio di questo pericolosissimo patogeno, Il Servizio Fitosanitario Regionale ha adottato all’interno dell’area delimitata (ovvero l’area dove l’insetto è stato fisicamente trovato) e nella adiacente area di sorveglianza, tutte le misure fitosanitarie necessarie alla sua totale eliminazione. Il primo passo è stata la distruzione delle piante infette e di quelle presenti nei cento metri da queste ed il blocco della movimentazione di tutte le piante sensibili a carico di ben 127 vivai presenti nella zona circostante il focolaio, dell’estensione di quasi 500 ettari.
Successivamente è iniziata una fase che tecnicamente viene definita di “monitoraggio”. Le attività sono state realizzate secondo quanto previsto dalla normativa fitosanitaria (Decisione 2012/138/UE), ed hanno comportato per tutto il Servizio Fitosanitario un enorme impegno lavorativo.
A partire dal 2018 fino al 2021, su un’area di 1.200 ettari, gli ispettori fitosanitari hanno effettuato un controllo intensivo delle piante sensibili, affiancando alle ispezioni visive, trappole con feromoni per la cattura degli insetti adulti e cani appositamente addestrati per il rilevamento di larve di Anoplophora chinensis all’interno delle piante ospiti. Fortunatamente non è stato rinvenuto nessun altro insetto.
 
Gli "Sniffer dog"
Tra Austria, Germania e Svizzera, ci sono circa un centinaio di cani che hanno ottenuto la certificazione per riconoscere l'Anoplophora. Di questi, circa una trentina lavora e solo una decina lo fa a livello internazionale. Il loro servizio è molto richiesto in Svizzera, Germania, Francia e appunto Italia.
In Italia, oltre che a Pistoia, hanno lavorato in Piemonte, dove sono stati scoperti due nuovi focolai di tarlo asiatico.
 

L.S.