Con Brexit crollato del 38% l’export in Uk (1^ voce: agroalimentare)

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Brexit e crollo export in UK

L’allarme di Coldiretti è riferito al primo mese di Brexit e al nostro export agroalimentare nel Regno Unito, che è la prima voce delle esportazioni in Uk, pari a 3,4 miliardi di euro nel 2020. Ma le importazioni da Oltremanica, che riguardano di più altri settori, sono crollate del 70%. Il Regno Unito è il 4° sbocco di mercato per cibo e bevande made in Italy. Segnalate dall’associazione dei coltivatori diretti confische di panini nelle dogane olandesi e difficoltà sui certificati fitosanitari in Gran Bretagna, mentre già si temono problemi futuri con le etichette dei vini.


Le esportazioni made in Italy in Gran Bretagna nel mese successivo alla Brexit hanno subito uno storico crollo del 38,3% a causa di ostacoli burocratici che frenano gli scambi commerciali.
E’ il grido di allarme lanciato ieri da Coldiretti a seguito di un’analisi su dati Istat relativi al commercio estero nel gennaio 2021, il primo dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Il crollo riguarda innanzi tutto il settore agroalimentare, visto che i prodotti più esportati in GB, sottolinea Coldiretti, sono nell’ordine gli alimentari, i mezzi di trasporto, l’abbigliamento, i macchinari ed apparecchi e metalli. Anche se, viene ricordato, ancora più drammatico è il crollo delle importazioni in Italia da Oltremanica: pari a -70,3%, riguardanti soprattutto mezzi di trasporto, prodotti chimici e macchinari e apparecchi.
Le difficoltà negli scambi commerciali con la Gran Bretagna, aggiunge Coldiretti, «mettono in pericolo 3,4 miliardi di esportazioni agroalimentari Made in Italy dello scorso anno con il Paese Oltremanica che si classifica al quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese per cibo e bevande dopo Germania, Francia e Stati Uniti. Dopo il vino, con il prosecco in testa, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna ci sono i derivati del pomodoro, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi, salumi e dell’olio d’oliva e il flusso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Una voce dell’export importante che rischia di essere messo a rischio dalle tensioni alle frontiere che possono trasformarsi in ritardi, particolarmente dannosi soprattutto per i prodotti deperibili come gli alimentari».
«La conferma – continua Coldiretti – viene dai casi di confisca da parte di funzionari doganali olandesi di panini al prosciutto e altro cibo a viaggiatori e camionisti provenienti dal Regno Unito. Le criticità maggiori, per tutti i settori che esportano verso il Regno Unito, sono riscontrabili a livello di procedure doganali e sono legate all’aumento dei costi di trasporto dovuti a ritardi, maggiori controlli ed in generale alla burocrazia». E «ad essere colpiti sono soprattutto i piccoli produttori, ma difficoltà specifiche sono causa di preoccupazioni nel settore florovivaistico, legate soprattutto ai certificati fitosanitari, che complicano gli scambi in quanto manca un riconoscimento reciproco dei passaporti fitosanitari». 
«A questo si lega anche la mancanza di un accordo sui requisiti fitosanitari e sanitari (Sps) che dal 1° luglio rischia di rendere il quadro ancora più complicato perché le autorità britanniche saranno chiamate a controlli alle frontiere sempre più completi, con ritardi e burocrazia che ne consegue. Anche nel settore vitivinicolo che è la principale voce dell’export agroalimentare Made in Italy – conclude la Coldiretti – si potrebbero riscontrare difficoltà soprattutto in materia di etichettatura, con norme specifiche previste però solo ad ottobre 2022».

Redazione