Cinara cupressi, un’insidia per l’albero simbolo della Toscana

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Il prof. Maurizio Giuntini, docente dell’Istituto agrario Anzillotti di Pescia, che con questo articolo inizia una collaborazione con Floraviva in qualità di esperto botanico, spiega come si manifestano gli attacchi dell’afide Cinara ai cipressi e quali sono i trattamenti più efficaci per contrastarlo.

giuntini maurizioAd inizio di aprile di quest’anno, il Servizio Fitopatologico della Regione Toscana emetteva un comunicato con cui indicava che molti degli alberi che caratterizzano la nostra regione, i cipressi, erano colpiti da un forte attacco da parte dell’afide “Cinara cupressi”. Adesso, i danni causati dall’afide risultano particolarmente evidenti: le chiome mostrano dei disseccamenti più o meno estesi, che talvolta interessano la totalità della pianta. Usualmente gli attacchi di questi insetti non comportano la morte della pianta, in quanto i cipressi sono capaci di rigenerare la chioma ricacciando nuova vegetazione dalle gemme avventizie. Pertanto, come indicato dal Servizio Fitopatologico della Regione Toscana, “è bene evitare di programmare immediati abbattimenti delle piante danneggiate e seguirne l’evoluzione per verificarne le reali capacità di ripresa”.
Non è la prima volta che ci troviamo di fronte ad intensi attacchi da parte di questo parassita. Già tra il 1976 e il 1978 i cipressi dell'Italia centro-meridionale e insulare furono interessati da un'epidemia afidica, che arrivò fino in Toscana, dove danneggiò considerevolmente il patrimonio cupressicolo regionale. Stessa cosa si è ripetuta nel 2003 nel Friuli Venezia Giulia.
Questi cicli epidemici sono da ricollegarsi soprattutto ai fattori climatici. Infatti il susseguirsi di  estati fresche e inverni miti ha facilitato la sopravvivenza degli individui estivanti e di quelli svernanti.

Come si sviluppa l’infestazione
L'afide del cipresso misura intorno ai 3 mm di lunghezza ed è dotato di un apparato boccale pungente-succhiante. Questo  afide  si  riproduce  per  partenogenesi, senza l'intervento dei maschi; una femmina adulta di questa specie può partorire fino a 50 figlie in un periodo di 15-20 giorni. Il ciclo annuale in Toscana è di 10-12 generazioni. L'afide si insedia di preferenza su rametti ben lignificati, formando in primavera dense colonie a manicotto nelle zone più interne. Pungendo i tessuti, al fine di nutrirsi, immette saliva tossica nei tessuti vegetali causando la necrosi dei vasi conduttori della linfa elaborata. La conseguente produzione di melata da parte di questi piccoli insetti favorisce l'arrivo di patogeni opportunisti come la fumaggine, che riducendo la capacità fotosintetica della chioma contribuisce a peggiorare ulteriormente le condizioni sanitarie della pianta. All'inizio dell'estate, quando la temperatura si innalza e si raggiunge il massimo dell'infestazione, la linfa non riesce a raggiungere gli apici fogliari per la già citata necrosi dei tessuti conduttori, per cui si ha un improvviso disseccamento della zona terminale dei rametti su parte o sull'intera chioma della pianta.
Da considerare che l'indebolimento causato dall’infestazione rende i cipressi più esposti anche all'attacco degli Scolitidi, vettori del cancro.
Col progredire della stagione, le colonie tendono a spostarsi verso l'esterno della chioma. Durante l'estate e l'inverno le colonie sono meno numerose; in tali periodi gli individui si riparano sotto le cortecce o addirittura nel terreno, al colletto o sulle grosse radici.

Metodi di contrasto
Gli attacchi di Cinara possono essere contenuti solo con interventi tempestivi da effettuarsi nel mese di marzo, o al massimo ai primi di aprile, prima che si evidenzino i danni, utilizzando aficidi specifici. L'efficacia del trattamento è legata a una accurata irrorazione di tutta la chioma, soprattutto dei rametti interni. Altra tecnica da adottare in sostituzione di trattamenti chimici è quella che prevede l’irrorazione delle piante con getti di acqua ad alta pressione con aggiunta di sapone indirizzati all’interno delle chiome. Ricerche condotte nell’ambito della lotta biologica (Montalva & Barta, 2013) pare abbiano individuato un fungo patogeno, il “Neozygites osornensis”, capace di causare epidemie mortali nelle  popolazioni  di  questi  afidi; sono comunque ancora in  corso di studio le applicazioni con tale mezzo di lotta.
Affinché i trattamenti abbiano successo, occorre colpire le prime colonie di afidi che si insediano sulla pianta dopo lo svernamento. I trattamenti più tardivi, quelli fatti dopo la comparsa dei disseccamenti, risultano sempre meno efficaci o addirittura inutili. Infatti, con l'aumentare della temperatura, gli afidi scendono nel terreno per ripararsi dai caldi dell'estate. Per questo motivo, quando sono visibili i primi disseccamenti, la gran parte degli afidi non è più presente sulla chioma delle piante, per cui ogni trattamento risulta inutile.
Va sottolineato che, prima di decidere l'effettuazione di un intervento insetticida, è opportuno compiere un'attenta ricognizione, in quanto le pullulazioni dell'afide non sono così frequenti, prevedibili e scontate. La presenza dell'afide può essere rilevata scuotendo le piante, facendo così cadere l'insetto su di un foglio o un telo bianco sottostante.

Maurizio Giuntini