A Interpoma 2012 lo stato dell’arte della “Mela nel Mondo”

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Interpoma 2012 tour

Nella prima giornata del congresso internazionale “La Mela nel Mondo”, durante Interpoma 2012, in corso fino a domani alla Fiera di Bolzano, sono stati illustrati i dati sul consumo internazionale: in calo dal 2000 ad oggi, soprattutto in Europa. L’efficienza dell’industria della mela è però migliorata. Nessuna azienda toscana fra gli espositori, anche se, spiega il direttore della Cia di Arezzo (maggior centro di melicoltura regionale), molti nostri produttori sono presenti ai convegni per aggiornarsi.

Produzione, commercializzazione e consumo di mele nel mondo, con la presentazione dell’Apple World Report 2012 da parte dell’americano Desmond O’Rourke della Belrose Inc., ieri; la stanchezza del terreno e le malattie da reimpianto oggi. Sono i temi affrontati nelle prime due giornate del congresso internazionale “La Mela nel Mondo”, a cura di Kurth Werth in collaborazione con le organizzazioni frutticole altoatesine, che rappresenta il cuore convegnistico di Interpoma, la biennale della melicoltura in corso dal 15 al 17 novembre alla Fiera di Bolzano. Manifestazione organizzata dal Consorzio Mela Alto Adige e giunta alla ottava edizione, dopo un 2010 in cui si registrarono 14 mila visitatori da 60 Paesi, con numeri di tutto rispetto e una vocazione sempre più internazionale: 374 aziende in esposizione provenienti da 17 nazioni. Domani, giornata conclusiva, si parlerà invece delle novità nel campo della ricerca varietale e del miglioramento genetico.
Nel suo intervento Desmond O’Rourke ha presentato dati che mostrano come tra il 2000 e il 2010 il consumo di mele sia calato in tutto il mondo, ma in particolare in Europa, dove i consumatori più anziani tendono a preferire altri tipi di frutta quali mango, papaia e ananas, mentre i più giovani sono restii a consumare mele. «Il mercato – ha detto O’Rourke - deve fare i conti con la recessione che ha colpito i paesi industrializzati e con il conseguente calo della popolazione dovuto allo stallo delle nascite e al rallentamento dell’immigrazione». Il potere economico si sta spostando da ovest a est, ma, secondo gli analisti, in prospettiva, l’economia dei paesi BRICS non offre le garanzie che si speravano fino a poco tempo fa. In questo contesto molti rivenditori si trovano in difficoltà, anche perché negli anni precedenti la crisi avevano ampliato anche in maniera “aggressiva” i loro spazi di vendita e adesso si trovano a dover chiudere o ridimensionare i negozi.
Anche la produzione delle mele si sta muovendo sempre più verso la coltivazione intensiva, capace di produrre, raccogliere e imballare la merce in un’unica filiera. Cambiano le varietà di mele coltivate e c’è una costante ricerca per creare nuove varietà, anche se la qualità superiore rispetto alle vecchie specie è difficile da dimostrare. In questo momento i rivenditori vorrebbero comprare nuove varietà a cui hanno accesso esclusivo, perché il loro principale obiettivo è quello di differenziarsi dagli altri rivenditori. E l’industria mela (non i rivenditori) deve sostenere i costi di sviluppo di nuove varietà in un momento in cui il consumo continua a calare.
Ad ogni, modo, rispetto a dieci anni fa l’industria della mela ha fatto importanti passi in avanti: l’efficienza è migliorata notevolmente nei frutteti, nella raccolta e nell’imballaggio. I negozi sono più grandi e meglio organizzati. C’è una grande diversità di varietà e la qualità è migliorata. La più grande debolezza è invece la mancanza di un approccio globale e professionale alla crescente domanda di mele fresche.
Un aiuto arriva dalle nuove tecnologie. Sebbene sia ancora difficile quantificare quanto gli strumenti di diffusione sociale delle informazioni come Facebook e Twitter possano influenzare positivamente il mercato delle mele, altre scienze mostrano risultati assolutamente positivi: l'ingegneria genetica sta cercando di migliorare le sostanze nutritive nella frutta e fare in modo che le piante siano più resistenti ai parassiti e alle malattie. Allo stesso tempo, robotica e automazione consentono il monitoraggio remoto di sviluppo della coltura, una raccolta delicata della frutta, lo spostamento di mele a macchina in movimento.
Secondo quanto è emerso nel corso della prima giornata di congresso, nell’immediato futuro il settore della mela dovrà affrontare alcune sfide, in primis cercare di arrestare la diminuzione del consumo pro capite. Per fare questo servono migliori informazioni sulle preferenze dei consumatori e una miglior comunicazione, sia con i vecchi media che con i nuovi. Sarà necessario aprire le porte alle nuove tecnologie, perché molte di queste possono ridurre i costi, migliorare la qualità, proteggere l’ambiente e servirà un’aggressione ai mercati non tradizionali come Cina, India, Indonesia, Tailandia, Malesia, Russia e Medio Oriente, dove l’importazione di mele è in continua crescita, anche se i prezzi restano bassi. Ma questi mercati vanno anche studiati, per poter adottare strategie di marketing vincenti.
A Interpoma 2012 non sono presenti fra gli espositori aziende di produzione toscane, ma, come ci ha detto Giorgio Del Pace, direttore della Cia di Arezzo, che con il territorio della Valdichiana è il maggiore centro di melicoltura regionale, i nostri produttori «ci vanno come visitatori, per seguire i convegni e tenersi aggiornati sulle innovazioni del settore». Il fatto è, spiega Del Pace, che da una parte le aziende toscane «non hanno dimensioni produttive tali da poter competere con i colossi del settore presenti a Interpoma», dall’altra «la maggior parte della produzione di mele toscane viene assorbita dal mercato regionale».
Del Pace ci ha comunicato poi alcuni dati ricavati dal censimento Istat del 2010 che, raffrontati anche con quelli forniti da Interpoma, aiutano a farsi un’idea delle forze in campo. Mentre l’Alto Adige, che è di gran lunga la regione con la maggiore produzione di mele in Italia, ha 18 mila ettari di superficie dedicata alla melicoltura, in Toscana si arriva in tutto a poco più di 900 ettari, con Arezzo appunto a fare la parte del leone grazie ai suoi circa 450 ettari (la seconda provincia è Pisa con 87 ettari, seguita da Firenze con 86).
Ciò non toglie che la qualità della produzione toscana sia di ottimo livello. Con in particolare nell’aretino, come ci ha spiegato Del Pace, la produzione orientata verso le seguenti varietà: la Golden (che nella Valdichiana, grazie alle sue sembianze, viene detta «la rugginosa» ed è «particolarmente dolce e succosa») nella misura del 45%, la Stayman pari al 25%, la Fuji al 20% e il resto suddiviso fra altre varietà.

Lorenzo Sandiford