Notizie

Con un prologo il 22 marzo sulla «ricerca per l’agricoltura biologica», al via la mostra mercato dei prodotti biologici e biodinamici Firenze Bio (23-25 marzo, Fortezza da Basso, ingresso libero). Il comparto continua a crescere in Italia: nel 2016 +13,4% di prodotti bio venduti ed ettari coltivati col metodo biologico saliti di 300 mila ettari a 1,8 milioni di ha. Marcelli (Coldiretti): le aziende agricole bio in Toscana sopra 5000 e gli ettari 130 mila. Il 23 marzo avvio di una campagna nazionale contro i pesticidi e l’assemblea delle "città del bio", il 24 incontro sui biodistretti. Un dibattito a cura di Coldiretti sul futuro dell’agricoltura bio e Cia presenta la Rete Qualità Toscana.

Una mostra mercato, aperta a tutti, sui prodotti biologici e biodinamici, soprattutto agroalimentari ovviamente, ma con spazio anche per la «cosmesi eco-bio». E arricchita da tanti eventi divulgativi e di intrattenimento, dai cooking show ai corsi di agrichef o di «cucina naturale» fino agli incontri su cibo e salute, ma costellata pure da alcuni momenti di riflessione più approfondita e per addetti ai lavori.
E’ la kermesse Firenze Bio, che si svolgerà dal 23 al 25 marzo alla Fortezza da Basso di Firenze (ingresso libero, orario 10-19), con un prologo il 22 al Teatrino Lorenese della Fortezza organizzato dall’Accademia dei Georgofili e Federbio sul tema “Ricerca e trasferimento dell’innovazione per l’agricoltura biologica”, a cui parteciperanno fra gli altri i presidenti del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) Salvatore Parlato, di Federbio Paolo Carnemolla e importanti esponenti del comparto e del mondo accademico con interventi sui vari aspetti della ricerca applicata all’agricoltura biologica, a cominciare dal fabbisogno stesso di ricerca e innovazione in tale ambito.
Un comparto, quello dell’agricoltura biologica, che è in continua crescita sia da noi che in altri Paesi del mondo. Visto che, stando ai dati forniti dagli organizzatori dell’incontro del 22 marzo, in Italia «le vendite dei prodotti certificati biologici sono cresciute del 10,3% nei primi sei mesi del 2017, dato che conferma il 13,4% registrato nei dodici mesi precedenti» e «il valore delle vendite del settore è quintuplicato rispetto al 2000 e nel 2016 l’export del bio italiano è aumentato del 15% ed è risultato pari al 5% dell’intero export agroalimentare nazionale». Tendenze di mercato a cui corrispondono anche «le scelte degli agricoltori che, nel 2016, hanno convertito al biologico 300 mila ettari portando a quota 1,8 milioni gli ettari coltivati con il metodo biologico (erano 1,5 milioni nel 2015)», con i produttori bio «passati da 45.200 nel 2015 a 55.600 nel 2016». Del resto i consumatori hanno accresciuto la «coscienza ecologica», tanto che nel 2017 ben il 78% delle famiglie italiane ha acquistato almeno un prodotto biologico (contro il 53% del 2012), per cui il trend sembra duraturo e consistente, anche se dovrà essere supportato dall’innovazione e dalla ricerca.
«Anche il mondo agricolo toscano è pienamente coinvolto nella prima edizione di Firenze Bio – ha dichiarato presentando la manifestazione Tulio Marcelli, presidente di Coldiretti Toscana - in un momento in cui le aziende agricole biologiche crescono ed hanno superato la soglia di 5.000 e la superficie destinata a biologico (e in conversione) in Toscana è di oltre 130 mila ettari. Le aziende biologiche e biodinamiche sono la punta di diamante della nostra agricoltura, in termini di sintesi tra tradizione ed innovazione spesso condotte da giovani, con livelli di formazione medio-alti ed attenti a declinare in chiave moderna i prodotti agroalimentari tradizionali».
Fra gli appuntamenti dei tre giorni di FirenzeBio di maggiore interesse per agricoltori e addetti ai lavori, sono da segnalare il 23 marzo, dalle 10 alle 13 nella Sala Verde, il convegno di apertura curato dalla Regione Toscana “Agricoltura biologica modello di sviluppo rurale”, poi dalle 14 alle 16 nello stesso luogo, l’assemblea nazionale delle “Città del bio” e alle 16, nel Teatrino Lorenese, il convegno “Cambia la terra, no ai pesticidi. Sì al biologico”, che rappresenta il lancio di una campagna nazionale contro i pesticidi. Infine, alle 17,45 nella Sala Verde, la Rete Qualità Toscana di Cia Toscana presenta il proprio “agroalimentare toscano di qualità”: un’aggregazione di imprese nata attorno al Pif (Progetto integrato di filiera) Agr-Eat. E poi, il 24 marzo, alle 10 nel Teatrino Lorenese, l’incontro “Il futuro dell’agricoltura biologica e biodinamica. Opinioni a confronto”, a cura di Apab e Coldiretti, mentre alla Sala Verde, dalle 10,30 alle 12,30, l’appuntamento con “I biodistretti della Toscana” e, alle 14,30 nella Sala Gialla, “Come si legge l’etichetta dei prodotti biologici” a cura di QCertificazioni.

L.S.

A mettere in luce questa esigenza Antonella Pontrandolfi, del Centro Agricoltura e Ambiente di Roma del Crea, sentita a Firenze a metà febbraio. La ricercatrice ha chiesto anche previsioni stagionali per l’agricoltura: benché non precisissime, danno punti di riferimento per programmare.

 
Il Governo ha stanziato nei giorni scorsi circa 10,5 milioni di euro da investire nella ricerca in agricoltura. Tra gli scopi dei progetti di ricerca che si vogliono sostenere è compresa la mitigazione dell’impatto dei cambiamenti climatici (vedi).
Riguardo a tale obiettivo, alcune indicazioni di ricerche utili da intraprendere sono state date a Floraviva da Antonella Pontrandolfi, ricercatrice del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), e precisamente del Centro di ricerca Agricoltura e Ambiente di Roma, sentita il 15 febbraio a Firenze all’Accademia dei Georgofili a margine del convegno “La gestione del rischio in agricoltura” (vedi). Pontrandolfi, che è intervenuta con una relazione intitolata “Ricerca e innovazione per la gestione del rischio in agricoltura: sviluppi metodologici e strumenti di supporto” e preparata insieme a Giovanni Cappelli e Fabrizio Giuntoli, ha ricordato che il concetto di calamità naturale è collegato alla gravità degli impatti, che non dipendono solo dagli estremi climatici (eventi con frequenza e/o intensità nettamente superiori alle medie), ma anche dalla esposizione e vulnerabilità dei sistemi agricoli colpiti. Pertanto il rischio climatico, inteso come rischio di calamità naturale, va gestito sia attraverso la riduzione dell’esposizione (parti soggette a impatti avversi) e della vulnerabilità (predisposizione ad essere danneggiati dagli impatti) dei sistemi, sia attraverso la risposta che viene data subito dopo che è avvenuta la calamità.
«Tengo molto al concetto di esposizione e vulnerabilità – ha detto a Floraviva Antonella Pontrandolfi -. Cioè se non si fa un’analisi dei sistemi agricoli, come si fa a proporre una soluzione piuttosto che un’altra? La vulnerabilità è dei sistemi, non del tempo atmosferico. Il tempo incide sull’esposizione delle aree a certi eventi, ma poi è il sistema ad essere più o meno in grado di reagire. Le faccio l’esempio della siccità: se si hanno adeguati strumenti di programmazione dell’uso dell’acqua e impianti irrigui, si è meno vulnerabili alla siccità, indipendentemente che la siccità ci sia o meno». Dunque per la ricercatrice del Crea ci vogliono più dati sulle condizioni di esposizione e vulnerabilità dei sistemi agricoli. In particolare, bisogna «approfondire l’impatto degli eventi estremi su colture che a noi interessano di più, oltre ai cereali, e che sono la vite e l’olivo e in generale le arboree da frutta, perché sono fondamentali per la nostra economia agricola nazionale» e «a parità di evento, ci sono produzioni che, proprio perché hanno un alto valore aggiunto, perdono di più, ad esempio a parità di pioggia il vigneto subisce un danno molto maggiore rispetto ad un campo di frumento, per cui è fondamentale mettere a disposizione di questi settori degli studi che consentano di simulare come si comporterebbe la produzione in caso di eventi estremi».
Un’altra esigenza prioritaria messa in evidenza da Antonella Pontrandolfi «è riuscire ad arrivare a previsioni stagionali per l’agricoltura, perché le previsioni a 10/15 giorni non sono sufficienti per programmare bene o per prevedere i problemi. Sulle previsioni stagionali non c’è tantissimo in giro: le fanno un po’ i francesi, c’è il Consorzio Lamma in Toscana che se ne occupa. Naturalmente non sono come le previsioni a 5 giorni. Però averle per tutto il territorio nazionale, almeno sulle aree agricole principali, sarebbe importante».
 
Lorenzo Sandiford

Un’anticipazione di come potrebbero essere il mestiere di fiorista e il negozio di fiori nel 2020 sarà proposta dal Salon du Végétal 2018, la fiera del florovivaismo in calendario a Nantes dal 19 al 21 giugno. L’inedito concept di boutique fioreria 2020 è firmato da Manuel Rucar del laboratorio di tendenze Chlorosphère: ampia possibilità di scelta ai clienti e look complessivo molto di tendenza.


«Più vicino al cliente, più artigianale, più autentico, più in sintonia con l'idea di natura del consumatore? A che cosa assomiglierà un negozio di fiori ideale nel 2020? Scopri questo nuovo modello di boutique per i fioristi francesi al Salon du Végétal dal 19 al 21 giugno 2018».
Si apre così un recente comunicato del salone internazionale del florovivaismo e di tutta la filiera del verde di Nantes. In esso viene presentata una delle proposte di richiamo per i fioristi in programma nella prossima edizione. Un progetto a cura di Manuel Rucar del laboratorio di tendenze Chlorosphère, a cui gli organizzatori del Salon du Végétal hanno chiesto di immaginare un nuovo modello di negozio di fiori o boutique fioreria per i fioristi francesi. Si tratta di uno strumento concreto, fanno sapere dal Salon, «completamente in sintonia con le tendenze attuali e future del commercio al dettaglio» e «basato sulle aspettative dei consumatori e i trend evolutivi della società», un «modello innovativo appositamente progettato per i visitatori dell’area Fleuriste» della fiera.
Innanzi tutto, è la prima boutique fioreria di finzione che si può copiare. Perché dietro questo concept innovativo non c’è nessuna marca, trasmissione o franchise. Un’opportunità quindi da cogliere al volo per prendere ispirazione, copiare, fotografare. «Questo negozio è stato realizzato – si legge nel comunicato - da professionisti del layout e del commercio per offrirvi una nuova visione da esplorare liberamente».
Al centro del modello ci saranno davvero i fiori. Il principio ispiratore di questo negozio per fioristi è infatti valorizzare l’artigianato lasciando possibilità di scelte ai clienti. Per fare ciò, viene spiegato, hanno suddiviso lo spazio in due parti: una parte self-service per il cliente e una parte che mette l'artigiano con i suoi fiori al centro della relazione. Come da un gelataio o un pasticcere, il cliente effettua una selezione (guidata da suggerimenti) e l'artigiano fiorista compone su richiesta una creazione floreale originale secondo i gusti del cliente.
Il tema scelto è “bohèmien chic”. Infatti, dal momento che questo è uno dei temi più ricorrenti negli eventi floreali, perché non orientare lo stile del negozio proprio su questa domanda dei clienti? Inoltre è una delle principali tendenze per il 2018-2019 nel campo della decorazione e delle piante (vedi paragrafo finale del nostro articolo). Per rafforzare questo tema, l’insegna (Lily Rose, natura creativa), i mobili (di legno chiaro), l'arredamento (bohémien), i prodotti (molto naturali) e le vetrine saranno accuratamente selezionati in un look complessivo molto di tendenza.

Redazione

Presentata ieri dal Mibact, nella 2^ Giornata nazionale del paesaggio, la Carta omonima contenente le linee strategiche per far sì che la qualità del paesaggio italiano diventi centrale in tutte le politiche pubbliche e di sviluppo. Fra le proposte, incentivi ai Comuni impegnati nel consumo 0 di suolo, dotare tutto il Paese di piani paesaggistici quali Costituzioni dei territori, sostegno stabile alle attività agricole di manutenzione di contesti paesaggistici identitari o di recupero di quelli degradati, promozione del paesaggio italiano come brand per un turismo sostenibile.  

 
«Alcune sintetiche indicazioni programmatiche a chi avrà la responsabilità di condurre il nostro Paese nei prossimi decenni», imperniate su «tre obiettivi strategici e per ciascuno di essi alcune azioni», fra le quali prima di tutto la promozione, con una visione di lungo periodo, dell’«attenzione alla qualità del paesaggio in tutte le politiche pubbliche che incidono sul territorio». Ma anche l’affermazione della centralità dei Piani paesaggistici e dell’importanza della riqualificazione del paesaggio come strumento per il contrasto al degrado sociale; e un ruolo pure per l’agricoltura, soprattutto nella manutenzione dei paesaggi più belli e nel recupero di quelli più degradati.
Questa, in sintesi, la “Carta nazionale del paesaggio” presentata ieri a Roma dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact) nell’ambito della seconda Giornata Nazionale del Paesaggio e firmata anche da esponenti del Ministero delle politiche agricole, degli enti territoriali e locali, di Wwf, Fai, Italia Nostra, Legambiente e Ordine degli architetti. 
Un documento curato dall’Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio che, come ha spiegato Ilaria Borletti Buitoni, che presiede l’osservatorio in quanto sottosegretario di stato al Mibact, «nasce come conclusione di un lungo percorso di lavoro e di riflessione racchiuso negli Stati Generali del Paesaggio del 26 e 27 ottobre 2017» e ha «l’obiettivo o quanto meno la speranza che il paesaggio italiano venga finalmente messo al centro di tutte le politiche pubbliche, e non solo di quelle di tutela come fino ad ora è stato». Una finalità che significa, oltre a dare «piena attuazione ai valori fondamentali espressi nell’art. 9 della Costituzione (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”)», saper coniugare «tutela e valorizzazione del paesaggio con forme compatibili di sviluppo durevole, equo e diffuso». 
Nella convinzione che, come asserito nel preambolo della Carta, «assumere la qualità del paesaggio come fondamento dello scenario strategico per lo sviluppo del nostro Paese, nel mondo contemporaneo ormai globalizzato, è una grande opportunità oltre ad essere la risposta necessaria che le istituzioni e la politica dovrebbero assicurare ai cittadini rispetto alla domanda di ambienti di vita quotidiana capaci di contribuire al benessere individuale e collettivo» e che «i paesaggi italiani costituiscono uno straordinario fattore di identità per i territori e i loro abitanti», anche se «la lettura delle sue trasformazioni […] è però troppo spesso la prova di come il paesaggio sia stato modificato in modo casuale, improvvido, in assenza di una visione organica scevra da qualsiasi ragionevole riflessione sulla vita delle persone, sulle reali previsioni di crescita demografica e senza alcuna valutazione dei danni permanenti che si sarebbero prodotti, assegnando al nostro Paese un sinistro primato in termini di abusivismo, cementificazione delle coste, degrado urbano e consumo di suolo».
Per invertire questa tendenza, la Carta identifica tre obiettivi e alcune azioni per raggiungerli. Eccone una sintesi.
1) Promuovere nuove strategie per governare la complessità del paesaggio
«In un paese come l’Italia, in cui gli ambiti urbani, naturali e agricoli, nuovi o storici, sono strettamente connessi fra loro – premette la Carta nazionale del paesaggio -, l’azione di tutela paesaggistica si innesta nelle diverse politiche pubbliche, di settore e di governo del territorio, legate all’ambiente, all’agricoltura, alle infrastrutture, alla pianificazione. Per governare i cambiamenti del paesaggio e gestirne la complessità occorrono, quindi, una visione condivisa di lungo periodo e una gamma di strumenti diversi, non solo normativi e procedurali, che attraversino tutte le politiche pubbliche i cui effetti ricadano sul paesaggio». 
Azione 1.A) - “Promuovere, con una visione di lungo periodo, l’attenzione alla qualità del paesaggio in tutte le politiche pubbliche che incidono sul territorio”.
Fra gli strumenti per attuarla, a) «la Costituzione di un luogo permanente di confronto politico e di esame preventivo tra i Ministeri le cui azioni incidono sulle trasformazioni del paesaggio coinvolgendo le Amministrazioni centrali e gli Enti territoriali»; b) «coinvolgimento del Mibact nella predisposizione di politiche nazionali, piani e programmi di rilevanza strategica, dei documenti di programmazione economica e della produzione normativa, i cui effetti ricadano sul paesaggio»; c) «adeguamento degli strumenti operativi di monitoraggio e condivisione dei dati tra i Ministeri (Ambiente, Agricoltura, Infrastrutture, Sviluppo economico, Istruzione, Giustizia, Mibact), le articolazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e gli Istituti di ricerca (Istat, Ispra, Cnr, Crea ecc.)»; d) «approvazione di una legge quadro per invertire la tendenza al consumo di suolo che garantisca un adeguato monitoraggio degli usi e delle trasformazioni del territorio, prevedendo anche l’istituzione di premialità e incentivi a favore di Regioni e Comuni virtuosi che si impegnino a raggiungere l’obiettivo europeo di consumo zero nel 2050»; e) «abbandono delle politiche dei condoni e delle sanatorie degli abusi pregressi»; f) «ridefinizione - riconducendole ai soli casi strettamente necessari, e temporalmente definiti - delle diffuse forme di deroga alla tutela paesaggistica finora applicate a estesi territori in relazione a emergenze naturali o politiche di settore e introduzione di un monitoraggio dei loro effetti».
Azione 1.B) – “Assicurare la centralità e la preminenza del Piano paesaggistico come Costituzione del territorio”.
Fra gli strumenti per attuarla, a) «approvazione in tutte le Regioni dei piani come previsti dal Codice dei Beni culturali e del paesaggio, quali strumenti fondamentali di pianificazione del territorio, garantendone l’efficacia nel tempo» e b) «rafforzamento delle strutture ministeriali centrali e periferiche competenti in materia di paesaggio affinché sia reso effettivo l’obbligo, previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, di dotare tutto il territorio di Piani paesaggistici, strumenti essenziali per la gestione dei vincoli e della pianificazione del territorio».
2) Promuovere l’educazione e la formazione alla cultura e alla conoscenza del paesaggio
«Il paesaggio rappresenta la parte del patrimonio culturale più estesa e compiuta: il paesaggio è cultura – è scritto nella Carta -. Consapevolezza e coinvolgimento sono indispensabili per la salvaguardia dei beni comuni e il riconoscimento di una responsabilità collettiva è fondamentale per prevenire il degrado dei contesti urbani, rurali e naturali, per proteggere il patrimonio storico-artistico e per arginare il rischio idrogeologico di un territorio fragile come quello italiano».
Azione 2.A) - “Promuovere la cultura del paesaggio quale bene comune per la creazione di una coscienza civica diffusa”.
Azione 2.B) – “Promuovere le tematiche del paesaggio nella formazione universitaria e postuniversitaria, e prevedere percorsi di aggiornamento sulle trasformazioni del paesaggio per l’istituzione di figure specialistiche, in particolare per la Pubblica Amministrazione”
3) Tutelare e valorizzare il paesaggio come strumento di coesione, legalità, sviluppo sostenibile e benessere, anche economico 
La Carta, «in linea con il Piano strategico del turismo approvato dal Governo nel 2017, considera il paesaggio una straordinaria opportunità di sviluppo economico anche per le attività artigianali e agro-silvo-pastorali, che grazie alla varietà dei paesaggi italiani producono beni materiali esclusivi e distintivi, in cui si ritrovano perfettamente integrati concetti di tutela e valorizzazione».
Azione 3.A) – “Assumere la qualità del paesaggio come scenario strategico per lo sviluppo del Paese e promuovere la riqualificazione del paesaggio come strumento per il contrasto al degrado sociale e alla illegalità”.
Azione 3.B) – “Contrastare l’abusivismo”.
Azione 3.C) – “Prevedere politiche e azioni finalizzate alla valorizzazione del paesaggio rurale, agrario, forestale e naturale”.
Due gli strumenti prefigurati a tal fine: a) «sostegno stabile negli investimenti alle attività agro-alimentari che garantiscano la manutenzione di contesti paesaggistici identitari e il recupero dei paesaggi abbandonati»; b) «promozione del paesaggio italiano come brand, in linea con il Piano strategico del turismo, per un’offerta destinata a un turismo sostenibile e diffuso sul territorio».
 
L.S.

Maurizio Martina si è dimesso lasciando la guida dell’agricoltura al presidente del consiglio Paolo Gentiloni. Fra gli ultimi atti dell’ex ministro: 120,4 milioni di euro di finanziamenti per interventi nei settori delle infrastrutture irrigue (110 milioni) e della ricerca (10,4 milioni).

Il neo segretario reggente del Pd Maurizio Martina ha deciso ieri di dedicarsi a tempo pieno al suo partito, dimettendosi dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf). Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha accettato le sue dimissioni e ha assunto l’interim dell’agricoltura.
Fra gli ultimi atti di Martina alla guida del Mipaaf va segnalato lo stanziamento, effettuato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri, di 120,4 milioni di euro, a valere sulla dotazione 2018 del Fondo investimenti per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, per interventi sulle infrastrutture irrigue e a sostegno della ricerca in agricoltura, in particolare, come ha dichiarato Martina, «la ricerca pubblica per la lotta al cambiamento climatico».
Al settore della bonifica e dell'irrigazione sono stati assegnati circa 110 milioni di euro, destinati a progetti di rilevanza strategica per il raggiungimento di obiettivi di risanamento ambientale di territori ad alta valenza agricola, di difesa del suolo e di prevenzione del dissesto idrogeologico. Inoltre, il Fondo ha destinato risorse specifiche per il contrasto di alcune situazioni emergenziali nella cosiddetta "Terra dei Fuochi" e nelle Province di Verona e Padova, interessate dall'inquinamento da PFAS.
Alla ricerca, invece, sono stati destinati 10,4 milioni di euro, da investire in progetti volti al miglioramento della produttività dell'intero settore agroalimentare, alla salvaguardia della biodiversità degli agro-ecosistemi e alla mitigazione dell'impatto dei cambiamenti climatici.  Tra questi, particolare rilevanza assumono gli investimenti tecnologici e infrastrutturali dei laboratori scientifici che permetteranno il potenziamento delle attività di studio e ricerca lungo le filiere italiane di produzione; dalla qualità (genetica e fitosanitaria) dei materiali per la propagazione, alla ottimale gestione delle tecniche colturali, alla sicurezza igienico-sanitaria delle produzioni, nonché all'individuazione dell'esatta origine territoriale del prodotti agroalimentari.

Redazione