Cappellini (Anve): prima i marchi nazionali del florovivaismo!

Intervista al presidente dell’Associazione nazionale vivaisti esportatori sulla proposta di un marchio per il distretto vivaistico di Pistoia. Per Marco Cappellini al vivaismo ornamentale è più adatto un marchio di processo, come quello nazionale VivaiFiori, a cui presto si potranno agganciare assicurazioni sulle fitopatie. In generale è favorevole anche al marchio di prodotto Piante e Fiori d’Italia, più idoneo per le aziende floricole. L’ideale sarebbe «un unico ente che gestisce prodotto e processo».     

 
All’inaugurazione di Euroflora 2018, la scorsa settimana a Genova, in margine dell’incontro fra l’Associazione nazionale vivaisti esportatori (Anve), il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf) e una delegazione cinese dell’Expo dell’orto-florovivaismo Pechino 2019 (vedi nostro articolo), Floraviva ha potuto intervistare Marco Cappellini, presidente di Anve, sulla proposta di dare vita a un marchio del distretto vivaistico ornamentale di Pistoia venuta fuori dall’incontro “Vivaismo, la fabbrica del verde” organizzato il 18 aprile dal Tirreno e subito accolta favorevolmente dal presidente di Cia – Agricoltori Italiani Toscana Centro (Firenze – Pistoia – Prato) Sandro Orlandini, che però non ha voluto sbilanciarsi ancora sull’esatta tipologia di marchio su cui puntare (vedi nostro articolo). 
Accanto a lui c’era Alberto Manzo, il funzionario del Mipaaf che da anni ha il ruolo di coordinatore del tavolo del settore florovivaistico (vedi ultima intervista), che ha voluto soltanto ricordare che «il Mipaaf fin dal 2011 ha promosso lo sviluppo del marchio VivaiFiori, che è stato finanziato con un progetto Ismea, e si tratta di un marchio privato, importante che sta per partire finalmente dopo tanti anni (si riferisce all’avvio delle certificazioni, perché il marchio è già definito e c’è già l’associazione che lo gestisce, ndr). Un marchio di processo condiviso dal tavolo tecnico di filiera».
Le risposte di Marco Cappellini sono interessanti e rilevanti non solo per il suo ruolo nazionale in quanto presidente di Anve, che è un’associazione che rappresenta il florovivaismo italiano all’estero sedendo a tutti i tavoli internazionali, e più nello specifico quale vice presidente del marchio di processo VivaiFiori, ma anche in quanto espressione del mondo vivaistico del distretto pistoiese (in particolare dell’azienda Tesi Group).
Che cosa ne pensa della proposta di fare un marchio per il distretto vivaistico di Pistoia? Bisogna puntare su un marchio pistoiese oppure nazionale o regionale? E, seconda domanda, come lo facciamo questo marchio, cioè di che tipologia?
«Ho letto della proposta e si parla di certificare, di dare un marchio. Ma bisogna fare un passo indietro. A livello nazionale è una strada che stiamo, insieme ad altri soggetti, già percorrendo: stiamo portando avanti un’associazione, già costituita e attiva, ne parlava poc’anzi Alberto Manzo, denominata VivaiFiori, la quale certifica il processo nel settore florovivaistico (vedi nostro articolo). Esiste poi un’altra associazione nazionale, Piante e Fiori d’Italia, che ha presentato recentemente il disciplinare e il regolamento inerenti la certificazione e quindi il marchio di prodotto…» (vedi nostro articolo). 
…di origine…
«…sì. Ma facevo questa premessa perché ho letto che su Pistoia si vuole pensare che sia strategicamente importante realizzare un marchio di prodotto. Ecco la ragione del distinguo fra processo e prodotto. Vedo un marchio di processo più affine al settore vivaistico ed un marchio di prodotto più indicato per il settore floricolo in genere». 
Come mai?
«Per varie ragioni. Me ne vengono in mente due su due piedi. Prima: nella gran parte delle aziende floricole (lo dico per conoscenza diretta come a.d. di Floramiata) è interessante il marchio di prodotto, poiché la pianta nasce in azienda, attraverso la talea, il meristema, il seme, e al termine del suo ciclo produttivo viene venduta. Siamo quindi in presenza di un percorso completo. Questo nella gran parte delle aziende vivaistiche ornamentali, non avviene. Cioè l’azienda parte dalla talea o dall’acquisizione di una piccola pianta, alla quale far fare diversi cicli di accrescimento con diverse operazioni colturali al fine di dare alla pianta quel valore aggiunto, peculiare del distretto pistoiese; questo è riconoscibile in una certificazione o marchio di processo. Seconda ragione: il vivaismo pistoiese (che nell’export è intorno al 40% dell’export globale italiano) opera in gran parte con una tipologia di clientela, che, in generale, pur apprezzando il prodotto certificato e quindi garantito in qualità, preferisce non evidenziarne la provenienza. Ragione per cui un prodotto a marchio “piante di Pistoia” potrebbe non essere un valore aggiunto». 
Chiarito questo, qual è la sua posizione?
«Quindi, personalmente e in rappresentanza della mia associazione, sono assolutamente favorevole a che ci sia un marchio, una certificazione a livello nazionale sia di processo che di prodotto, evidenziandone bene le differenze sostanziali. Ritengo che quella di processo possa inserirsi con maggiore interesse sul territorio pistoiese e suggerirei di partire con un marchio “nazionale”, già peraltro esistente ed operativo, come stanno facendo altri distretti italiani. Inoltre, ho letto un riferimento alla questione della tutela fitosanitaria. Come vi dissi, in corso di conferenza stampa al Myplant & Garden, stiamo lavorando alla possibilità di assicurare le aziende anche sulle fitopatie. Ebbene, le assicurazioni che stanno seguendo il progetto ci hanno chiesto, al fine di poter assicurare le aziende, che le stesse siano certificate nei loro processi produttivi. Noi abbiamo risposto: inseriamoci un marchio di processo, vedi VivaiFiori. Sappiamo infatti quanto sia indispensabile eseguire le necessarie cure colturali in tutti i cicli produttivi, anche al fine di rendere meno aggredibile la stessa azienda dalle fitopatie».
Mi pare che la sua posizione sia molto chiara. Però le faccio due obiezioni, da avvocato del diavolo. La prima nasce da come è strutturato il marchio Piante e Fiori d’Italia, che è un marchio di prodotto ma è stato proposto anche per i vivaisti, anche per gli alberi per capirci. Lei mi dice che le vanno bene a livello nazionale entrambi i marchi, di prodotto (Piante e Fiori d’Italia) e di processo (VivaiFiori), ma poi mi dice che i vivaisti non faranno il primo...  
«… il problema è come l’azienda vivaistica è gestita. Se lei mi parla di un’azienda vivaistica che dal meristema  o dal seme produce quella pianta, non compra fuori, realizza solo quella pianta che produce e la porta alla commercializzazione, va benissimo un marchio di prodotto. Ma le faccio una domanda: quante aziende nel distretto pistoiese  hanno questa organizzazione?».
Di solito le piante arrivano dopo (più avanti nella crescita).
«In genere si arriva a comprare una piantina che ha già fatto un suo primo percorso e come dicevo poc’anzi, a farle fare una serie di cicli produttivi, di pratiche colturali, che successivamente (mesi, a volte anni) confluiscono nella vendita».
Ultimo punto: al di là della distinzione fra prodotto e processo, non crede però che possa essere utile per il distretto di Pistoia certificare in qualche modo l’origine, la propria territorialità?
«Siccome noi l’abbiamo già fatta questa strada ed è una strada complessa, e peraltro il Ministero ci ha creduto ed investito per primo, penso che sia importante far partire prima quelli a livello nazionale, perché così siano operativi due marchi di processo e di prodotto che certifichino tutta l’Italia del florovivaismo. E da lì, eventualmente, realizzare, se si vuole, anche dei marchi che vadano a certificare il processo di produzione delle piante dei distretti. Questo, sempre dietro ad una attenta analisi delle problematiche e dei fattori positivi e negativi da mettere su una bilancia».
Dunque, in conclusione, lei è favorevole anche all’esistenza del marchio di prodotto Piante e Fiori d’Italia, poi se i vivaisti non aderiranno, come non stanno aderendo, è secondario.
«Allora, io sono favorevole alla certificazione, sia di prodotto che di processo, perché si va a elevare la qualità della gestione delle aziende, acculturando gli stessi operatori del settore all’espletamento di certe pratiche. Ripeto: io sono favorevolissimo al marchio di prodotto e al marchio di processo. Dico però che, sul marchio di prodotto, vedrete molte più aziende floricole e molte meno vivaistiche. Sul marchio di processo probabilmente succederà il contrario».
 
Lorenzo Sandiford