Manzo (Mipaaft) su tavolo e piano del florovivaismo, appalti a verde e Xylella

Intervista al responsabile del tavolo tecnico del florovivaismo del Ministero delle politiche agricole, che nel convegno di Padova sulle prospettive del settore ha ricordato che ha una plv maggiore dell’agricoltura bio e che in Italia «la qualità non è seconda a nessuno». Ecco le 11 specie di piante più presenti nei vivai identificate attraverso indagini finanziate dal Mipaaft. Alberto Manzo: «ci vuole una più costante unità d’intenti nell’attuazione del piano florovivaistico». Speculazioni anti-italiane sulla Xylella? «Un circo mediatico dei competitor», ma «ad oggi i vivai sono a posto anche in Puglia».


La sottovalutazione del settore florovivaistico in parte è da imputare anche alle associazioni di categoria agricole stesse, che parlano molto di più di agroalimentare rispetto al comparto no-food. E questo è un peccato perché la produzione lorda vendibile (plv) del florovivaismo è maggiore di quella del biologico, che pure ha tanta visibilità, e «la qualità delle piante italiane, dai fiori recisi alle alberature, non è seconda a nessuno in Europa».
E’ con queste parole che Alberto Manzo, responsabile del tavolo tecnico del settore florovivaismo del Mipaaft (Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo), ha concluso i lavori del convegno-tavola rotonda “Le nuove prospettive nazionali e internazionali del florovivaismo italiano oggi - Il contributo dell'Italia all'Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile” con cui è stato inaugurato il 19 settembre alla Fiera di Padova il 69° Flormart, il salone professionale internazionale del florovivaismo dell’architettura del paesaggio e delle infrastrutture verdi.
Un convegno durante il quale era intervenuto in precedenza con una relazione tecnica di aggiornamento sul settore nel corso della quale, oltre a quanto riassunto nel nostro servizio sul convegno a proposito di tavolo e piano triennale di settore (vedi), aveva fornito alcune informazioni interessanti illustrando il «contributo del tavolo florovivaistico al Piano nazionale sul Green public procurement (Pan Gpp)», i cosiddetti appalti a verde. Fra queste informazioni, tratte dai progetti Qualiviva e Quaprover finanziati dal Mipaaft, ad esempio, le «sei fasce climatico-vegetazionali in Italia»: fascia dell’Oleastro e del Carrubo; del Leccio; della Roverella e della Rovere; della Farnia, del Carpino e del Frassino; del Faggio; del Peccio. Ma soprattutto, a partire da un’indagine su 27 cataloghi di aziende vivaistiche nazionali che ha comportato il censimento di 19.388 prodotti diversi, una classificazione statistica delle specie più presenti nei vivai italiani, che ha confermato un’ampia biodiversità, con 3615 taxa o varietà (80,2% del totale) presenti in meno di 3 vivai. E che ha registrato al primo posto come percentuale di presenza nei vivai, con l’81%, l’Albizia julibrissin Durazz., nota anche come “acacia di Costantinopoli” o “gaggìa arborea”, seguita al secondo posto, con il 74%, da una decina di specie: Cercis siliquastrum. (siliquastro o albero di Giuda o Giudea), Ginkgo biloba (albero di capelvenere), il Ligustrum japonicum Thunb., Liriodendron tulipifera (albero dei tulipani), Pittosporum tobira W.T. Aiton, Prunus cerasifera Ehrh (amolo o mirabolano o brombolo o rusticano), Punica granatum (melograno), Quercus ilex (leccio), Styphnolobium japonicum Schott (sofora del Giappone) e Viburnum tinus (viburno tino o laurotino o lentaggine).
Al termine della tavola rotonda, abbiamo sentito Alberto Manzo per alcuni chiarimenti, a partire appunto dai possibili sviluppi riguardanti il tavolo tecnico e il piano di settore del florovivaismo, che stanno particolarmente a cuore agli operatori.
Ha fatto un cenno al fatto che col nuovo Governo sarà un pochino rivisto il tavolo tecnico, quando?
«Il tavolo tecnico sarà aggiornato, perché ormai è datato 2012 e ha bisogno di un aggiornamento nell’ambito delle varie sezioni in cui è declinato. Quindi vedremo se le varie associazioni e i vari enti che fanno parte del tavolo invieranno dei sostituti e quant’altro. Anche perché ultimamente ci sono state delle defezioni agli incontri. Ovviamente gli anni passano e c’è bisogno di aggiornarlo, così come è necessario aggiornare il piano di settore, che è scaduto nel 2016 e che ha bisogno, forse, di essere sintetizzato. Le cose ci sono già scritte, magari vanno aggiornate. Minori obiettivi ma che vengano raggiunti».
Ecco, a questo proposito, innanzi tutto quando pensa che possano avvenire questi aggiornamenti?
«L’aggiornamento del tavolo probabilmente entro la fine dell’anno ci riusciamo».
E il piano?
«Il piano di settore penso che lo faremo l’anno prossimo. Però non c’è molto da cambiare, nel senso che le cose sono scritte, vanno aggiornate e forse vanno ridotti gli obiettivi, in modo che siano pochi ma raggiungibili».
Sì, ma negli interventi e suggerimenti di oggi di esponenti delle associazioni di categoria interessate al settore non ha recepito niente di nuovo? Qualche elemento che possa modificare un po’ il piano?
«Ho sentito delle cose che non sono nuove, che sono già scritte nel piano, anche se magari sono state declinate in maniera un po’ differente, perché poi di anno in anno alcuni aspetti cambiano. In ogni caso, mi preme dire che il settore dovrebbe essere più unito. Molto spesso non lo è, e questo fa male. Io faccio sempre il confronto con il settore dell’ortofrutta. Bisogna andare uniti e condividere le situazioni. Probabilmente ci sono all’interno del settore dei non allineamenti e nel tavolo si evidenzia».
Anche se forse sono “non allineamenti” sotterranei, perché oggi ad esempio c’è stata la soddisfazione, espressa in particolare dal presidente di Confartigianato Imprese del Verde, per il fatto che adesso finalmente sono uniti. Insomma c’è qualche segnale di cambiamento in questa direzione?
«Sì, questo è vero. Quando si deve andare a fare risultato l’unità si trova, ad esempio sul problema dei requisiti della figura del manutentore del verde. Il problema è che in generale la tendenza è quella di tirare da una parte e dall’altra. Ma se si condividono gli obiettivi si devono perseguire tutti insieme e non si può pensare poi di andare su altri obiettivi che non siano quelli descritti dal piano e che vanno assolutamente perseguiti a tutti i livelli».
Riguardo ai manutentori del verde, ora sono state fatte le linee guida, le stanno più o meno seguendo nelle Regioni, però lei ha anche detto che sarebbe un ulteriore passo in avanti una legge: mi può spiegare meglio questo passaggio?
«E’ vero. Perché l’articolato, così come è scritto nel “Collegato agricolo” (art. 12, legge n. 154 del 28 luglio 2016, ndr), ha dato vita poi alle linee guida emanate in Conferenza Stato-Regioni (22 febbraio 2018, ndr) e queste sono linee guida che chiariscono i commi della legge, che invece non sono chiari. Ecco, l’idea è semplicemente di inserire ciò che abbiamo scritto nelle linee guida in una legge e quindi renderla più funzionale: una buona legge garantisce poi ovviamente una migliore applicazione».
E per arrivare a scriverla quanto ci vorrà?
«Questa è un’idea che si proporrà a livello di ufficio legislativo, poi può darsi che venga proposto come ddl (disegno di legge, ndr) di modifica di quell’articolo».
Ecco l’altra cosa molto concreta di cui ha parlato è il contributo che voi come Ministero delle politiche agricole state dando al Ministero dell’ambiente sulla legge degli “appalti a verde”: mi può spiegare?
«Sì, in effetti c’era in vigore un decreto del 2013 e devo dire, grazie anche al lavoro di Flormart, c’è stato un approccio con il responsabile del Ministero dell’ambiente e quindi abbiamo potuto utilizzare i colleghi e un gruppo di lavoro del tavolo di filiera. Ho dato i nominativi al Ministero dell’ambiente, che li ha convocati e abbiamo incominciato a fare un lavoro insieme. E devo dire che è una cosa molto positiva perché non è mai facile…».
… e voi che cosa direte al Ministero dell’ambiente, immagino solo per la parte degli appalti a verde?
«No, noi ci stiamo occupando di tutto il decreto: significa la modifica di un decreto del 2013 del Ministero dell’ambiente. Noi gli abbiamo proposto tutte le modifiche che vanno fatte, con una serie di allegati operativi che ho fatto vedere oggi nella relazione»
Sì, ma da quello che ho capito questa legge non riguarda solo gli appalti a verde, ma voi siete esperti solo sulla parte a verde..
«… ma a noi interessa che ci sia nella scelta delle piante, negli aspetti tecnici e operativi degli appalti pubblici, oltre che gli abbiamo proposto una manutenzione che vada oltre l’anno, ad almeno tre anni sui nuovi lavori. Questa è una legge che interessa non solo le amministrazioni pubbliche locali, ma anche i privati. Quindi diventa un decreto che devono seguire obbligatoriamente tutte le aziende pubbliche e private. E secondo me questo è un cambiamento epocale».
Quindi anche se comprano altri tipi di oggetti?
«No, a noi interessa la parte delle piante, perché la competenza è quella. Però c’è tutto un discorso di scelta oculata, quindi, come ho detto prima, gira molto intorno al professionista. Cioè non bisogna lasciare nulla al caso ed è funzionale l’agronomo o esperto professionista che può sicuramente risolvere e suggerire le soluzioni, l’appalto poi, l’elenco delle piante, la tipologia. Praticamente gli stiamo dando delle indicazioni complete, anche e soprattutto sulla base dei due progetti che sono stati finanziati dal Ministero e che sono dal punto di vista tecnico completi».
Ultimissima: Mati ha fatto un cenno polemico alle speculazioni degli olandesi che comprano a sconto le piante italiane boicottate dagli inglesi per poi rivendergliele (vedi)?
«Il problema grave è che prima ci mandano le piante infette, e non dico chi, e dopo di che loro fanno da tramite per esportarle in Inghilterra e ci impediscono di esportarle a noi. C’è un circo mediatico che non è simpatico a livello commerciale..».
Cioè?
«Allora, da dove è arrivata la Xylella? Dal Nord e Sud America, a seconda della tipologia di pianta, perché ci sono delle linee diverse di Xylella e la linea del batterio che è da noi è diversa da quella francese e da quella tedesca, ad esempio. Ciò significa che sono state piante diverse che hanno veicolato questo batterio. Bisogna pensare, sulla base di una decisione comunitaria, che ci sono 160 piante (erbacee e arboree) ospiti di Xylella. Ciò significa che ce lo siamo portati in casa – gli americani non l’hanno più eradicato – e ci dovremo convivere. Bisogna ragionare seriamente su una ricerca funzionale, perché altrimenti avremo grossi problemi».
Lui ha detto che è inutile tutta questa burocrazia se poi arriva di tutto...
«… andava eradicato l’inoculo che stava fino a 5 anni fa solo nel Salento. Non sono stati eradicati non solo gli alberi portatori del batterio ma anche il vettore, la sputacchina che si sta diffondendo, per cui siamo arrivati a Bari in 5 anni. Che cosa ci dobbiamo aspettare?».
Comunque per ora i vivai non sono stati toccati, vero?
«I vivai non sono stati toccati perché stanno in provincia di Bari e perché c’è un controllo importante. E’ questa la cosa che non passa a livello dei media: nei vivai c’è un controllo massimo, totale. Perché chiaramente il vivaista non vuole avere il batterio. Il problema è che c’è un’informazione negativa da parte dei competitor commerciali, che creano tutta questa situazione».
Quindi è vero quello che dice Anve sui vivai a posto in Puglia?
«Lo dice il servizio fitosanitario».

Lorenzo Sandiford