Agribios: la valorizzazione degli scarti vegetali per un vivaismo circolare

La cooperativa agricola Agribios di Chiesina Montalese (Pistoia), grazie al suo impianto di triturazione e vagliatura, riesce a recuperare e avviare al reimpiego gli scarti del florovivaismo: piante morte o vive ma sciupate con il substrato di coltura. Come spiega la presidente Marchionni: «le aziende socie sono 142, di cui circa il 90% vivaisti, l’attività sta crescendo e dovremmo assumere altri dipendenti e investire in nuovi macchinari, ma con cautela perché sono molto costosi». Sugli scarti vegetali consegnati c’è «l’autocertificazione che non sono stati trattati con anticrittogamici da 60 giorni e ogni 3 mesi controlliamo l’assenza di inquinanti». La pomice recuperata viene tutta reimmessa nel vivaismo del Distretto e il sogno è arrivare a trattamenti che consentano di ricavare il cippatino anti-glifosate dal legno di scarto.     

Un punto di raccolta finalizzato al recupero e alla gestione dalla a alla z dei residui vegetali e dei substrati di coltura delle aziende agricole: biomasse derivate da piante seccate o comunque morte, piante non vendibili, potature di piante prodotte nel vivaio, parti di piante, sfalci o altri residui esclusivamente vegetali, nonché substrato vegetativo contenuto nei vasi o comunque facente parte della zolla. Una risposta efficace a un importante fabbisogno delle aziende agricole pistoiesi e in particolare del Distretto vivaistico ornamentale.



E’ l’attività di Agribios, società cooperativa agricola di Pistoia, con sede dell’impianto principale nella frazione di Chiesina Montalese, che, ricorda la presidente Stefania Marchionni, è nata legalmente nel 2014 con l’apertura della partita Iva in Camera di Commercio, ma ha iniziato ad essere operativa soltanto nel giugno 2017, dopo che nel dicembre 2016 era arrivata l’autorizzazione unica ambientale del Comune di Pistoia. Adesso «le aziende socie  - riferisce la presidente - sono 142, di cui circa il 90% vivaisti». «I dipendenti – aggiunge - sono nove e bisognerà assumerne di nuovi perché l’attività sta aumentando, in particolare con il vivaismo. Ma guardiamo con interesse anche alla Valdinievole, che pare sguarnita di questo tipo di servizio. Comunque bisogna stare attenti a crescere, perché c’è bisogno di investire in nuovi macchinari, e questi macchinari sono molto costosi». Parte di essi è sul mercato, altri sono progettati su misura.
Il ciclo di lavoro della cooperativa consiste nella riduzione volumetrica e la vagliatura degli scarti agricoli e nel loro reimpiego, una volta lavorati, nell’agricoltura, in parte significativa all’interno del distretto stesso. Con i seguenti quattro effetti significativi: la riduzione di scarti verdi nelle discariche, l’utilizzo dei sottoprodotti in agricoltura tramite la creazione di una filiera locale, il recupero di notevoli quantità di sostanze organiche e terricciato che possono contrastare la mineralizzazione dei terreni e una minore necessità di ricorrere all’abbruciamento dei residui legnosi, l’incremento della produzione di energia rinnovabile a mezzo di biomassa.
Le fasi del core business di Agribios sono le seguenti: i) ingresso del materiale di scarto in impianto e collocazione nell’area di stoccaggio, prima dei veri e propri trattamenti di triturazione e vagliatura; ii) triturazione primaria e vagliatura dei sottoprodotti: suddivisione del materiale ritirato in due componenti: componente lignocellulosica e componente di substrato colturale (terricciato, paglia, torba, pomice); iii) triturazione di raffinazione: la componente lignocellulosica viene cippata a 2-4 cm., mentre la restante componente viene sottoposta ad ulteriore riduzione volumetrica per ottenere un terricciato misto da cui viene successivamente separata la pomice e le componenti litoidee; iv) si ottengono così tre componenti derivanti dalla procedura di triturazione: componente ligneo-cellulosica, componente minerale-litoidea e terricciata (terriccio e pomice) che potranno essere ricollocate nelle singole aziende aderenti alla cooperativa; v) trasporto e conferimento dei materiali lignocellulosici e dei terricciati alle aziende agricole florovivaistiche per il riutilizzo colturale.
Ma l’attività di Agribios va oltre il core business del recupero e valorizzazione degli scarti agricoli, spaziando dai servizi di manutenzione e potatura fino al conferimento degli scarti verdi. Ecco comunque l’elenco dei servizi offerti stilato nel sito web aziendale: noleggio cassoni per stoccaggio materiali, recupero degli scarti verdi (anche con granchio), recupero di grandi e piccole quantità diretamente nel luogo di produzione degli scarti vegetali, restituzione del materiale valorizzato a seconda delle esigenze delle singole aziende, lavori di manutenzione del verde in genere.
Come spiega Stefania Marchionni, i residui che arrivano all’impianto di Agribios sono «scarti della lavorazione vivaistica e agricola: piante morte che arrivano dalla produzione, ma anche vive non vendibili, che si sono sciupate, si sono defogliate. E il substrato di lavorazione, tipo la torba, il cocco, la terra, la pomice: quello che serve per poi coltivarci la pianta. E poi tutto l’arbustame che viene creato in vaso». «Tutto questo materiale, che un tempo veniva definito semplicemente come rifiuto, – dice la presidente - dà molta noia al vivaismo, perché sembrerebbe che il vivaista faccia una marea di rifiuti, il che non è vero. La comunità europea nel 2008 ha affermato che sono scarti vegetali e devono essere gestiti e reimpiegati come sottoprodotti agricoli e non andare a riempire le discariche. Ma devono essere lavorati e reimmessi in un ciclo produttivo agricolo per avere una seconda vita. Questo è un po’ il progetto». «Noi abbiamo incominciato a studiare la normativa – continua Marchionni - per vedere come aprire questo impianto senza l’obbligo di ricorrere a impianti mobili di azienda in azienda, anche perché i piccoli vivai non avevano nemmeno gli spazi per ospitarci e, una volta gestiti i grandi, i piccoli erano abbandonati a sé stessi e non riuscivano a trattare questi sottoprodotti. Finalmente nel 2016 è stata emanata una normativa che ha stabilito che questi scarti, una volta rilavorati, possono essere dati non solo all’azienda che li ha prodotti ma anche ad aziende terze, purché rimangano in un contesto produttivo agricolo. E’ questo che ci ha dato il via. Perché, ad esempio, a un piccolo vivaista che porta un camioncino di roba, se noi gliela lavoriamo, lui che cosa se ne fa di un sacchettino di legname a casa? Niente. Le cose invece cambiano se tutto il legname messo insieme si destina a un’azienda che ha un impianto a biomassa grande e in esso riesce a farci energia. E quindi dà una seconda vita a quegli scarti».
Come viene diviso il materiale che arriva all’impianto di Agribios?
«Il materiale quando entra ha diverse possibilità di lavorazione. Viene pesato, viene accertato che il materiale sia idoneo: che sia agricolo (perché noi possiamo prendere solo materiale organico agricolo), che sia privo di impurità, quindi che non ci sia plastica, ferro, sassi e inquinanti in genere».
Vanno bene tutti i tipi di piante?
«Sì, basta che non ci siano inquinanti dentro. Il vivaista deve autocertificare che da 60 giorni prima dell’arrivo qua il materiale non sia stato trattato con degli anticrittogamici o degli antiparassitari che poi rimangono presenti. E noi ogni 3 mesi circa facciamo l’analisi di tutti i prodotti in uscita per essere sicuri che non ci siano inquinanti, che non ci siano idrocarburi, che non ci siano antiparassitari. Il materiale, una volta accettato in lavorazione, viene scaricato nell’area di stoccaggio e da là gli viene fatto un ciclo produttivo di “tritovagliatura”: viene triturato con dei trituratori industriali e viene vagliato per selezionarlo, perché se è selezionato e fatto di dimensioni idonee al commercio, sarà riutilizzato nel miglior modo possibile. Vengono individuati tre principali prodotti: il materiale terrigeno, il terriccio che viene dal substrato, quindi le torbe, il cocco, la terra. Riusciamo a dividere la parte inerte, che è la pomice, che serve per il drenaggio. E sia il materiale terrigeno che la pomice vengono reimpiegati benissimo in agricoltura. Addirittura la pomice viene reimpiegata tutta nel vivaismo pistoiese. E poi il 3° prodotto è il legname: questo legname che viene tirato fuori chiaramente non è di bellissima qualità, perché viene da un recupero, non è chiaramente un legno di bosco. Viene per ora conferito a biomassa. Sappiamo che qui nelle nostre zone non ci sono vicini impianti a biomassa idonei a ricevere questo tipo di materiali. Quindi lo dobbiamo mandare nel Nord Italia dove ci sono grandi centrali che possono prendere anche questo materiale qua. Ma il nostro obiettivo è poter sviluppare questo materiale  - e chiaramente ci vogliono investimenti, ci vogliono macchinari idonei, ci vogliono tante prove e tanto tempo -, è  quello di poterlo reimpiegare in un ciclo agricolo produttivo pistoiese. Vorremmo svilupparci una raffinazione tale da poterci fare il famoso cippatino per poterlo reimpiegare nel nostro vivaismo e diventare ancora più ecosostenibili».
In che senso più eco-sostenibili?
«Il messaggio è: bene il cippatino che elimina una buona parte del glifosate. Però viene da un bosco, che viene disboscato e dove ci sono delle lavorazioni con consumo di diesel ed emissioni di inquinanti in atmosfera. Sarebbe meglio ancora con questo legname qua, perché si partirebbe da scarti. E’ vero che ci vuole una lavorazione con consumo di diesel anche qui, ma ci sarebbe stato ugualmente per utilizzarlo come biomassa. E potremmo dire che il vivaista non fa rifiuti e che dal suo scarto di lavorazione riesce a recuperarci un prodotto che serve a diminuire l’impatto ambientale. E’ un progetto su cui stiamo già lavorando da diversi mesi».

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