Remaschi: la legge toscana sugli ungulati sta funzionando

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Il report annuale della Giunta regionale sull’applicazione della legge di gestione degli ungulati (L.R. 10/2016) mostra effetti positivi, soprattutto con i cinghiali nelle aree agricole, dove il prelievo annuale è passato da 11.629 capi del 2015 a 26.608 nel 2017; ok la caccia di selezione, con prelievi di oltre 13 mila cinghiali in 20 mesi. Forti incrementi dei danni però alle colture a Firenze e Siena, nella seconda a causa dell’aumento di quelli dei caprioli.

 
La legge regionale sulla gestione degli ungulati sta ben funzionando e la strada imboccata per limitare l'impatto di queste specie sull'agricoltura, gli habitat e le attività umane in generale pare quella corretta. Nei venti mesi di effettiva applicazione della norma sono stati abbattuti complessivamente 184.774 cinghiali, 27.135 caprioli, 993 cervi, 2.456 daini e 217 mufloni, per un totale di 215.575 capi. Quanto alle dinamiche di popolazione - sia per cinghiale che per capriolo e daino – i dati di consistenza e prelievo del 2017, in decremento rispetto al 2016, segnalano, pur con una varietà di situazioni locali, un'inversione di tendenza a livello di presenze totali sul territorio regionale.
Sono i risultati che emergono dal report annuale sull'applicazione della legge regionale n. 10 del 2016 che la Giunta regionale della Toscana invierà all'attenzione del Consiglio, come ha reso noto nei giorni scorsi un nota dell’ufficio stampa dell’assessore all’agricoltura Marco Remaschi. «Sono ancora in corso analisi puntuali dei risultati e delle peculiarità locali – ha commentato Remaschi - ma ciò che emerge è che, in generale, negli ambiti in cui è stata massima la capacità di agire in una logica di sistema si sono raggiunti risultati positivi a beneficio di tutti, anche se dobbiamo ancora fare molto e certamente permangono molte criticità. Credo sia quindi necessario continuare su questa strada, cercando naturalmente di fare sempre meglio e risolvendo i problemi che abbiamo incontrato in questi due anni. Rimane aperto lo spazio – ha concluso l’assessore - per un confronto su eventuali proposte concrete e attuabili di miglioramento, che eviti strumentalizzazioni e forzature che purtroppo invece hanno caratterizzato molti degli interventi sin qui registrati». 
Riguardo al dato complessivo va sottolineato che per il cinghiale l'applicazione congiunta delle azioni di prelievo consentite dalla legge, dai regolamenti e dai piani annuali, ha permesso di incidere soprattutto nelle aree problematiche, ovvero nelle aree agricole, nelle quali il prelievo annuale è passato dagli 11.629 capi del 2015 ai 21.227 del 2016, per giungere nel 2017 al prelievo di 26.608 capi. Rispetto al passato, i prelievi in tali aree sono stati distribuiti durante tutto l'arco annuale, soprattutto attraverso il nuovo strumento della caccia di selezione, che ha permesso il prelievo nei 20 mesi considerati di oltre 13.000 cinghiali, risultando un efficace strumento di gestione e difesa delle colture in campo nei periodi più sensibili per i danneggiamenti delle coltivazioni. 
Viceversa, le squadre di caccia nelle aree vocate (quelle destinate alla gestione conservativa delle specie selvatiche), pur avendo avuto piani elevati e regole di prelievo invariate, hanno abbattuto meno cinghiali tra il 2016 ed il 2017, con un decremento pari al 19,6%. Questo rappresenta un segnale di calo numerico della specie, peraltro segnalato da molte squadre.
Cresce inoltre, per quanto riguarda i cinghiali, la percentuale, rispetto al totale generale, di prelievi nelle aree non vocate (cioè quelle caratterizzate dalla presenza diffusa di colture agricole): nelle aree non vocate gli abbattimenti sono passati da una quota inferiore al 14% del 2015 ad oltre il 30% del totale prelievi sulla specie nel 2017.
A questi dati si aggiungono gli interventi attuati in base all'articolo 37 della legge 3 del 1994 sulla fauna selvatica: sono stati autorizzati oltre 3.400 interventi sulla sola specie del cinghiale da marzo 2016 a dicembre 2017, con l'abbattimento di 23.500 capi.
Anche per capriolo e cervo sono aumentati in modo significativo i prelievi nelle aree non vocate, rispetto a quelli avvenuti nelle aree vocate.
Sui tempi delle autorizzazioni, va detto che, dopo le difficoltà del 2016, i tempi di intervento tra la richiesta degli abbattimenti e la loro attivazione sono sensibilmente migliorati: in media, gli uffici autorizzano le polizie provinciali dopo 2,5 giorni dalla richiesta dell'agricoltore.
Per ciò che riguarda i danni alle colture agricole, risulta evidente come il trend - in attesa che vengano accertati i dati complessivi - indichi anche per il 2017 un ulteriore aumento rispetto al 2016. Emergono, nel triennio 2015-17, alcune particolarità. La tendenza ha un andamento molto disomogeneo tra provincia e provincia e tra i diversi Atc (ambiti territoriali di caccia). Si registrano danni in diminuzione nelle province di Pisa, Lucca, Pistoia e Arezzo; mentre sono relativamente stabili a Livorno, Massa-Carrara e Grosseto; e risultano invece forti incrementi dei danni a Firenze e Siena, che costituiscono da soli oltre il 70% dei danni dell'intera regione. In particolare, nella provincia di Siena il danno causato da caprioli assume particolare entità ed è in grande crescita, nonostante l'aumento dei piani di prelievo, dei tempi di caccia e la sostanziale individuazione effettuata insieme ad ISPRA dei distretti con obiettivi di bassa densità.
Per i danni connessi con gli incidenti stradali, le informazioni sinora raccolte indicano una sensibile riduzione delle collisioni denunciate.
 
Redazione